giovedì 20/04/2023 • 06:00
Il DDL Delega per la riforma fiscale dovrebbe riformare tutto il sistema tributario sostanziale, procedimentale e processuale. Il che lascia un po dubbiosi circa la concreta fattibilità della riforma, anche perché il termine previsto, due anni, è un termine unico, ossia valevole per tutti gli interventi.
Il DDL delega per la riforma fiscale prevede, tra i principi e criteri direttivi cui si deve conformare l'Esecutivo nell'esercizio della delega, che l'aumento dell'efficienza dei tributi deve essere rivolto, accanto alla crescita economica, a stimolare la natalità (art. 2). Ora, verrebbe da pensare che un simile stimolo possa essere dato da sostegni alle famiglie, quindi sul lato spesa, mentre assai più complesso viene da immaginare come, riorganizzando le entrate, questo possa incentivare le persone a figliare. Ma evidentemente il legislatore delegato ha in mente soprese. Staremo a vedere. Gli altri criteri direttivi suscitano meno entusiasmo dal momento che non appaiono particolarmente innovativi. Dal classicissimo «prevenire e ridurre l'evasione e l'elusione fiscale», alla non meno tradizionale «razionalizzare e semplificare il sistema tributario», per poi passare alla revisione degli «adempimenti dichiarativi e di versamento a carico dei contribuenti». Insomma, obiettivi abbastanza scontati e, comunque, già visti. Peraltro, neppure le modalità che vengono individuate per realizzare detti obiettivi paiono particolarmente innovative, in quanto si prevede ancora un potenziamento dell'interconnessione delle banche dati, ovvero la revisione degli adempimenti dichiarativi e di versamento a carico dei contribuenti. Anche qui occorrerà vedere, in concreto come si intende declinare questi criteri. Le note critiche, però, vengono dopo. Soggetti coinvolti a collaborare con l'Esecutivo In particolare, una prima critica la si può fare laddove, tra i soggetti che saranno coinvolti a collaborare con l'Esecutivo, si fa riferimento solo all'Amministrazione finanziaria e alle associazioni di categoria e dei professionisti. Nessun accenno viene fatto all'accademia che, evidentemente, non viene ritenuta utile a fornire supporto nella realizzazione della delega (probabilmente qualche professore sarà pure coinvolto, ma a titolo eccezionale più che istituzionale). Ma soprattutto, è il ruolo dell'Amministrazione finanziaria che desta perplessità, dal momento che si prevede, addirittura, che debba essere l'Amministrazione finanziaria, nella predisposizione dei decreti legislativi, a coordinarsi con la segreteria tecnica della Cabina di regia sui LEP (ex art. 1 c. 799 L. 197/2022). Raccomandazione, questa, che non avrebbe particolare ragione se, di fatto, non si pensasse di affidare fondamentalmente all'Amministrazione finanziaria la predisposizione delle deleghe. Il che, ovviamente, lascia interdetti, perché se è vero che sempre più spesso l'Amministrazione finanziaria ha svolto un ruolo attivo nell'elaborazione delle norme tributarie, qui si arriva ad un riconoscimento espresso ad essa di un supporto alla normazione, ossia ad opera di un soggetto cui spetterebbe solo dare esecuzione alle norme, e non anche predisporle. L'ambizione della riforma Altra critica è indubbiamente data dall'ambizione della riforma. Nelle intenzioni, infatti, dovrebbe essere riformato tutto il sistema tributario, sia sostanziale che procedimentale e processuale. Non vi è praticamente alcun aspetto dell'intera disciplina tributaria che non sia toccato. Il che, con il dovuto rispetto, lascia un pò dubbiosi circa la concreta fattibilità della riforma, anche perché il termine previsto, due anni, è un termine unico, ossia valevole per tutti gli interventi. Sennonché, ve ne sono taluni che appaiono certamente più impattanti e faticosi di altri: ad esempio, ciò accade con la riforma sui redditi, dove talune direttive appaiono assai indeterminate ma, soprattutto, le scelte da fare sottendono opzioni politiche assai delicate. Si prevede infatti che la riforma operi una revisione ed una graduale riduzione dell'imposta sul reddito delle persone, nel rispetto del principio di progressività ma nella prospettiva della transizione verso un'aliquota impositiva unica; e ciò, segnatamente, attraverso il riordino delle deduzioni dalla base imponibile, degli scaglioni di reddito, delle aliquote di imposta e delle detrazioni dall'imposta lorda: scelte, tutte queste, che sono però marcatamente politiche prima che tecniche. Senza trascurare il fatto che rimane comunque auspicabile che le varie scelte siano in qualche modo condivise tra tutti gli operatori, e quindi anche oltre i tavoli tecnici. Va poi osservato come le direttive siano, in concreto, di spessore differente. Ve ne sono talune estremamente precise e puntuali a fronte di altre assai indeterminate. Così, ad esempio, si prevede l'eliminazione della disparità di trattamento, nell'ambito del reddito di lavoro autonomo (art. 5), tra l'acquisto in proprietà e l'acquisizione in locazione finanziaria (leasing) degli immobili strumentali e di quelli adibiti promiscuamente all'esercizio dell'arte o professione e all'uso personale; qui la direttiva è assai puntuale. Viceversa, in tema di IVA (art. 7), si prevede, genericamente, la ridefinizione dei presupposti dell'imposta, sì da renderli più aderenti alla normativa dell'Unione europea. Anche questo, con ogni evidenza, rischia di compromettere la tempestività degli interventi. Peraltro, la riforma non si dovrebbe limitare solamente a riscrivere i testi normativi. Si prevede, infatti, all'art. 19, che il Governo debba, nei dodici mesi successivi all'entrata in vigore della legge di delega, procedere al riordino organico delle disposizioni che regolano il sistema tributario, mediante la redazione di testi unici con cui operare una precisa individuazione delle sole norme vigenti, procedendo all'abrogazione espressa delle disposizioni incompatibili ovvero non più attuali. Tutto questo, mentre il sistema viene nel frattempo modificato (per cui la ragione di redazione di tali testi unici, destinati comunque a cambiare, non è chiarissima). Peraltro, che i testi unici siano soltanto una fase di passaggio è confermato dalla delega, che prevede, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi, il riassetto delle disposizioni vigenti ai fini della loro raccolta in un codice. Un codice che sarebbe peraltro articolato in una parte speciale ed in una generale: in quella generale dovrebbe andare la disciplina unitaria degli istituti comuni del sistema fiscale, mentre in quella speciale dovrebbe confluire la disciplina delle singole imposte. Quello che però a questo punto non è chiaro è perché fare la riforma intervenendo sui testi attuali, per poi procedere alla loro collazione e codificazione, quando forse era meglio partire subito con la codificazione. Conclusioni Il giudizio sulla delega rimane sospeso. Ci sono interventi che sono sicuramente apprezzabili (come quello sulla motivazione dell'atto o sulla lettura del dispositivo dopo l'udienza), mentre altri sono altrettanto sicuramente censurabili. Questo si può dire, ad esempio, con riguardo alla previsione (art. 15) per cui i decreti delegati dovranno introdurre, espressamente, una limitazione della possibilità di presumere la distribuzione ai soci del reddito accertato sulle società di capitali a ristretta base partecipativa, ai soli casi in cui è verificata l'esistenza di componenti reddituali positivi o di componenti negativi inesistenti. Quindi, la novella dovrebbe escludere la possibilità di operare la presunzione anche in presenza di costi semplicemente indeducibili, come oggi la Cassazione sembra portata a fare. Sennonché, appare assurdo che per legge si debba prevedere una cosa che è semplicemente logica: la presunzione di distribuzione, per come è ideata, esige che vi sia un utile da distribuire, non bastando solo un maggior reddito, che non può essere certo distribuito ma semmai solo imputato (come infatti avviene nel regime di trasparenza, che però è una cosa diversa). Con l'effetto che, fino alla nuova legge, la tesi della Suprema Corte potrà a buon titolo sopravvivere, dal momento che il Legislatore si è scomodato per cassarla espressamente. Quindi, non poche perplessità sulla riforma. Sennonché, un intervento di riforma si mostra ora più necessario che mai, per cui l'auspicio è quello di poter dover ammettere, tra due anni, di essersi sbagliati.
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Raffaele Rizzardi - Dottore commercialista, Rappresentante ANTI alla CFE
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