L'introduzione di una causa speciale di non punibilità si giustifica nella prospettiva di stimolare l'adesione alle definizioni agevolate previste dalla legge n. 197/2022. La rilevanza penale del pagamento rateizzato andrebbe generalizzata, superando il termine di tre mesi in atto previsto all'art. 13 D.Lgs. 74/2000.
Mettendo da parte la questione dell'opportunità (per dare segnali concreti di perseguire l'obiettivo della chiarezza del sistema normativo) di intervenire con un autonomo decreto legge dedicato ai provvedimenti tributari approvati, cerchiamo di chiarire le motivazioni su cui si basa la previsione della causa speciale di non punibilità dei reati tributari, che non riguarda tutti gli illeciti disciplinati nel D.Lgs. 74/2000, ma solo quelli relativi alle condotte di omesso versamento di ritenute fiscali Irpef e di Iva, nonché di indebita compensazione.
Il comma 1 dell'art. 23 prevede che i reati di cui agli artt. 10 bis, 10 ter e 10 quater D.Lgs. 74/2000 non sono punibili quando le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integralmente secondo le modalità e nei termini previsti dalla L. 197/2022, purché le procedure siano definite prima della pronuncia della sentenza di appello.
Questa disposizione può essere letta da due diverse angolazioni:
quella di incentivare i contribuenti all'adesione alle forme di definizione agevolata previste dalla L. 197/2022 riferite agli omessi versamenti di tributi dichiarati;
quella di escludere la reazione penale per condotte che non presentano connotati fraudolenti.
Entrambe le prospettive appaiono giustificate, essendo note sia le esigenze di “smaltimento” del magazzino dei ruoli che l'Agenzia della riscossione deve ancora riscuotere (obiettivo per cui si utilizza anche la “leva penale”), sia le esigenze di ridimensionamento dell'eccessivo numero di procedimenti penali pendenti per condotte di omesso versamento di ritenute Irpef/Iva e di indebita compensazione.
Invero, si poteva fare anche di più, cioè estendere la causa speciale di non punibilità a tutti i reati tributari. Ed infatti, da un lato, i condoni fiscali (e soprattutto quelli “puri”, che prevedono il solo abbattimento delle sanzioni) come insegna la Corte costituzionale “costituiscono una forma tipica di definizione del rapporto tributario, che prescinde da un'analisi delle varie componenti dei redditi ed esaurisce il rapporto stesso mediante definizione forfettaria ed immediata, nella prospettiva di recuperare risorse finanziarie e ridurre il contenzioso e non in quella dell'accertamento dell'imponibile» (sent. n. 119/1980; n. 433/2004; n. 305/2005; n. 270/2007); dall'altro, le sanzioni penali tributarie si pongono come obiettivo non tanto quello di “ammanettare gli evasori”, quanto piuttosto di “fare cassa“ (tramite gli istituti del sequestro preventivo, della confisca e della causa di non punibilità connessa al pagamento del debito disciplinati in seno al Decreto n. 74/2000) sopperendo alle inefficienze dell'apparato amministrativo nell'attività di riscossione dei tributi evasi e delle correlate sanzioni amministrative.
In questa cornice, la previsione di uno scudo penale generalizzato per coloro che aderiscono alla tregua fiscale 2023 non avrebbe avuto ostacoli di tipo giuridico; il rischio di tensioni sul piano politico connesse all'introduzione di una sorta di “sostegno agli evasori” mediante la depenalizzazione generalizzata per l'adesione a tutte le ipotesi di “tregua fiscale” ha, tuttavia, indotto il Governo ad un approccio più cauto.
Le novità della causa speciale di non punibilità
Orbene, a questo punto chiariamo qual è l'elemento di novità introdotto dalla causa speciale di non punibilità di cui all'art. 23 DL 34/2023, rispetto alla causa di non punibilità ordinaria prevista dall'art. 13 D.Lgs. 74/2000.
Posto che quest'ultima norma precisa che il pagamento tardivo del tributo può avvenire a seguito di speciali procedure conciliative - e che la giurisprudenza di legittimità ha precisato che tra queste procedure rientrano a pieno titolo anche i condoni fiscali (Cass. n. 34940/2020 e Cass. n. 10730/2023) - l'intervento del Governo non può che incidere sulla tempistica del versamento tardivo, creando un regime differenziato tra le due ipotesi di non punibilità.
Le cause di non punibilità
Per beneficiare della causa di non punibilità “ordinaria”, il pagamento tardivo del tributo, con riferimento ai reati di cui discutiamo, deve avvenire prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. Se il pagamento del debito tributario è frutto di una dilazione concessa dal Fisco per un ampio lasso temporale (che può raggiungere le 72 rate mensili), in sede penale l'art. 13 D.Lgs. 74/2000 dispone che è dato un termine di tre mesi al contribuente per provvedere a saldare integralmente la restante parte dovuta, salvo una proroga di massimo tre mesi concessa dal Giudice.
Per beneficiare della causa di non punibilità “speciale” applicata in modo specifico all'adesione alla tregua fiscale 2023, invece, si concede un termine per il pagamento molto più ampio, in quanto esso deve avvenire prima della pronuncia della sentenza di appello.
Ciò vuol significare che si può giungere alla non punibilità del contribuente qualora egli rispetti le ampie rateazioni previste dalla legge di bilancio 2023, pur in presenza di una condanna in primo grado oggetto di impugnazione.
L'art. 23 regola anche le modalità tecniche che consentono di poter beneficiare della speciale causa di non punibilità che compendiano l'invio di apposite comunicazioni da fare all'Autorità giudiziaria e all'Agenzia delle entrate circa il versamento delle somme dovute in applicazione della normativa sulla sanatoria 2023, dalle quali si determina la sospensione del processo penale siano a quando il Giudice viene informato dal Fisco dell'integrale versamento delle somme (ovvero della mancata definizione della procedura con decadenza del beneficio della rateazione).
E' chiaro, quindi, che grazie al “rafforzamento” della causa di non punibilità penale ci si aspetta una forte risposta circa il pagamento dei debiti tributari risultanti dalle dichiarazioni Iva e dei sostituti di imposta non onorati dai contribuenti, con le positive ricadute sulle casse erariali ed sulla gestione dei procedimenti penali pendenti, per i quali vi era comunque la possibilità di giungere ad una non punibilità in applicazione degli istituti della forza maggiore o della tenuità del fatto, ridimensionando nel caso concreto la nota rigida posizione presa dalla Corte Cassazione sul punto.
Conclusioni
Al di là del momento contingente, dobbiamo chiederci a quali approdi futuri potrà condurre l'“apertura” disposta con il DL 34/2023 nei confronti dei soggetti che dichiarano un debito di Iva e ritenute Irpef, ma non effettuano il versamento per ragioni non riconducibili a intenti fraudolenti precostituiti. Si tratta cioè di capire quali scelte possono essere fatte con riguardo a quei contribuenti che sono ascrivibili non alla categoria degli “evasori”, ma a quella dei “soggetti in difficoltà economica”.
Tenendo conto che il disegno di legge delega per la riforma del sistema fiscale approvato il 16 marzo 2023 interviene sul tema delle condotte di omesso versamento di cui ci occupiamo, disponendo che occorre dare rilievo alle ipotesi di sopraggiunta impossibilità di far fronte al pagamento del debito tributario non dipendente da fatti imputabili al soggetto, non è da escludere che in sede di attuazione della delega si possa intervenire, per ragioni di completezza, sull'art. 13 D.Lgs. 74/2000 dando piena rilevanza in sede penale al pagamento rateizzato secondo il piano concordato con il Fisco, previa produzione di una garanzia fideiussoria. Si farebbe così saltare quel rigido termine di tre mesi in atto previsto per il pagamento del residuo nella prospettiva dell'ottenimento della non punibilità; termine che conduce a sentenze di condanna per le condotte di omesso versamento di ritenute Irpef e di Iva, troppo spesso non in linea con il principio di offensività.