L'articolo 7 del DDL Delega per la riforma fiscale si occupa in modo specifico della revisione normativa per l'imposta sul valore aggiunto. Questo tributo è indirettamente interessato dalle disposizioni per l'adeguamento delle norme nazionali al diritto dell'Unione europea, come interpretato dalla Corte di Giustizia (articolo 3 Delega fiscale). Un accenno alla normativa IVA si trova anche nell'articolo 9, relativo agli istituti del codice della crisi d'impresa, sia con riguardo agli adempimenti IVA della procedura sia per l'individuazione delle procedure che daranno diritto al recupero dell'imposta sul credito perso per effetto della crisi dell'impresa.
Le norme delle direttive europee sono pacificamente divise in due gruppi:
1) quelle ad effetto diretto (o self executing)
2) quelle sottoposte ad una scelta del singolo Stato.
Le prime potrebbero anche non essere formalmente recepite nel diritto nazionale, avendo effetto diretto se - come avviene per la maggior parte delle disposizioni - la norma europea è specifica e dettagliata. Ovvio che un recepimento interno adeguato agevola gli adempimenti dei soggetti d'imposta.
Le opzioni sono una scelta dei singoli Stati: si pensi al nostro art. 17 c. 2 DPR 633/72, che dispone la fatturazione in reverse charge, se un soggetto non stabilito pone in essere operazioni rilevanti territorialmente in Italia, avendo come controparte un soggetto d'imposta stabilito. Non si tratta di una disposizione ad effetto diretto, ma di una scelta consentita dall'articolo 194 della direttiva.
Il pro-rata generale
Nello schema della delega c'è un importante revirement del legislatore, rispetto ad una scelta del 1998 per il tardivo adeguamento alla sesta direttiva. Ci riferiamo al pro-rata generale come criterio default per i soggetti con attività sia imponibile che esente. L'alternativa è quella di optare per la separazione di attività, che crea problemi di ogni genere, a partire dalla mancata scelta più o meno consapevole. La relazione dice che questo criterio è lecito in base alla direttiva, citando la sentenza Mercedes Benz Italia (causa C-378/15), sorvolando sul fatto che l'avvocato generale della Corte di Giustizia si era orientato verso l'illiceità della norma italiana, mentre il dispositivo della sentenza salva la norma, a condizione che la detrazione arrivi a risultati comparabili con la riferibilità degli acquisti a ciascun gruppo di operazioni attive. Ma questo è il pro-rata limitato alle spese comuni tra tutte le attività e non quello generale.
In ogni caso la delega ribalta il criterio default al pro-rata delle sole spese comuni, mentre il pro-rata generale potrà essere scelto dal contribuente solo a titolo di semplificazione.
Si potrà così tornare alla vera disciplina dei gruppi IVA che, per sfuggire al pro-rata generale di gruppo, avevano dovuto generare un numero assurdo di sottogruppi in separazione di attività. E in questo ambito la delega propone di eliminare la regola all in all out, che comporta non poche complessità nel caso in cui si ritenga di escludere da questo ambito un'impresa che, pur presentando vincoli economici, finanziari e organizzativi, potrebbe essere sul punto di essere ceduta a terzi e che quindi male si adatta all'inserimento nel gruppo.
Viene poi ricordata la procedura di infrazione, ormai storica, per aver scambiato la normativa europea di esenzione oggettiva per il non profit con le ormai storiche norme nazionali di esclusione soggettiva. La relazione ricorda le disposizioni adottate alla fine del 2021, immediatamente rinviate al 1° gennaio 2024 per una miglior valutazione della possibilità di non creare costi per adempimenti che si possono evitare. Due riflessioni: la disciplina europea di franchigia – che noi chiamiamo forfetaria per il collegamento con la tassazione reddituale – non è limitata alle persone fisiche, come nel nostro ordinamento. Sarebbe pertanto sufficiente estendere questo regime agli enti non commerciali, che si doterebbero di strumenti amministrativi solo se la loro attività commerciale supera determinati limiti.
Qui sarà necessario un coordinamento temporale, perché la delega sarà esercitata al più presto per la metà del 2024, mentre le disposizioni formalmente in vigore partirebbero già dall'inizio di gennaio. Sicuramente sarà il caso di sostituire questa data con quella di entrata in vigore del primo decreto legislativo in materia di IVA.
Un compito non facile, che comporta la necessità di un testo unico IVA, riguarda l'allineamento dei presupposti dell'imposta, cioè quelli soggettivi (come minimo unificando gli esercenti attività di impresa con quelli che si occupano di arti e professioni – distinzione inesistente nella direttiva), oggettivi (cessioni e prestazioni abissalmente distanti dalle regole europee) e territoriali.
Le operazioni esenti
Tornando alle opzioni, la delega fa esplicito riferimento alla possibile scelta per l'imponibilità, offerta dalla direttiva, per non poche operazioni esenti. E tra queste il testo torna sulle operazioni immobiliari, anche in considerazione del labile confine tra immobili abitativi e non, che noi chiamiamo strumentali senza diversa destinazione, salvo radicale trasformazione, avendo pacificamente collocato in questo ambito gli uffici all'interno di un edificio abitativo, classificati A10 e che possono diventare A2 senza nessun intervento significativo.
Il lavoro del legislatore delegato in materia di aliquote dovrà recepire la nuova specifica direttiva 2022/542, il cui termine di adozione è stabilito al 1° gennaio 2025. Ovvio, anche se fondamentale, il riferimento per i beni alla Nomenclatura Combinata della tariffa doganale, in quanto la nostra normativa continua a richiamare le voci doganali soppresse da più di trent'anni.
La semplificazione delle voci dovrà avere ad oggetto l'armonizzazione delle aliquote. Speriamo che si riesca a risolvere il problema dell'aliquota ordinaria per le bevande, che si trasforma magicamente in aliquota ridotta se andiamo al bar e ci dicono di prendere la bottiglietta del frigorifero. In molti Paesi europei la soluzione è stata quella di applicare l'aliquota ordinaria sulle bevande anche se sono comprese nel conto di un bar o di un ristorante. Con gli strumenti elettronici di certificazione fiscale non vi sono complessità operative.