L’ambiziosissima delega fiscale detta principi e criteri direttivi per l’emanazione di decreti delegati nei prossimi 24 mesi che hanno l’opportunità di riformare il nostro fisco.
La delega, del resto, abbraccia tutti i tributi e tutti i momenti del rapporto fisco-contribuente, dai controlli, al contraddittorio, alle sanzioni, al contenzioso, fino alla riscossione. Unico ambito a non essere toccato, lo scivolosissimo catasto.
Bene, peraltro, che i vertici del Ministero dell’Economia e delle Finanze si impegnino in una massiva campagna di comunicazione sul percorso che hanno intrapreso e che sia prevista una interlocuzione costante con associazioni di categoria ed esperti. Il fisco non si cambia solo con le aliquote, e nemmeno con norme le più dettagliate possibili, occorre una svolta culturale, che va comunicata e condivisa il più possibile.
I principi che convincono di più, e che sembrano meno bisognosi di creatività nell’attuazione, sono quelli che riguardano la revisione dell’Ires (con il superamento dell’Irap), e più in generale i futuri interventi sulla fiscalità di impresa, e la certezza del diritto.
Guardando, in particolare, ai principi e criteri direttivi sulla fiscalità di impresa, occorre soffermarsi sull’art. 6 e sull’art. 9 della delega.
Nuova Ires a "due velocità"
Viene, innanzi tutto, prevista l’introduzione di una Ires “a due velocità”, con il mantenimento dell’attuale aliquota del 24% che tuttavia può essere ridotta fino al 15% laddove:
- entro i due periodi d’imposta successivi a quello nel quale è stato prodotto il reddito, questo venga reinvestito in ricerca, innovazione o altri ambiti (qualificati) meritori e in nuove assunzioni e
- gli utili non siano distribuiti o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’attività d’impresa (ciò al fine di favorire la patrimonializzazione delle imprese; su questo fronte sembra invece destinata all’abrogazione l’ACE, l’Aiuto alla Crescita Economica).
L’obiettivo dichiarato è quello di rendere maggiormente attrattivo il nostro Paese, senza dimenticare (aspetto davvero dirimente) la riforma della fiscalità internazionale in atto, che mira ad introdurre (con il cosiddetto Pillar II OCSE) una global minimum tax proprio nella misura del 15% e che porterà con sé la necessità di ripensare gli incentivi attualmente esistenti (quello che chiamiamo fisco di stimolo). Infatti, alcuni degli incentivi, nella prospettazione della riforma internazionale di cui al Pillar II OCSE, vanno ad impattare sul carico impositivo del Paese di riferimento, potendo in astratto “trasformare” un Paese ad alta fiscalità come il nostro in un Paese dove le aziende che fruiscono di incentivi potrebbero finire nel meccanismo della minimum tax.
Il riferimento è alla nota e controversa (nonostante gli sforzi del Commentario OCSE alle cosiddette GloBe rules) distinzione tra i Qualified Refundable Tax Credit e i Non-Qualified Refundable Tax Credit. I primi individuano crediti d’imposta per i quali è previsto il rimborso in denaro o strumenti equivalenti (“cash or cash equivalent”) entro quattro anni dal momento in cui la società matura il diritto di fruizione del credito. Dovrebbe quindi trattarsi di sovvenzioni dirette o crediti di imposta i cui tempi e modalità di utilizzo li rendono equiparabili ad una erogazione di denaro (cash equivalent). Sul punto è auspicabile l’adozione di interpretazioni estensive e fondate sulla sostanza (come quella che porta a ritenere ricompreso in questa categoria il nostro credito per ricerca e sviluppo).
In assenza di tali requisiti, i crediti d’imposta sono classificabili come Non-Qualified Refundable Tax Credit e hanno generalmente l’effetto di impattare negativamente la determinazione dell’effective tax rate nell’ambito del Pillar II, con gli effetti che si citavano in precedenza di rendere anche un Paese a fiscalità elevata potenzialmente soggetto alle nuove regole.
Bene fa la delega a tentare di uniformare i vari regimi di riallineamento dei valori fiscali e contabili e a prevedere un intervento di razionalizzazione della disciplina:
- degli interessi, con la previsione di rendere integralmente deducibili gli interessi passivi almeno sino alla soglia dei 3 milioni e
- delle perdite fiscali, efficientando anche il regime del consolidato fiscale nazionale.
Società non operative, deduzioni e agevolazioni
Da salutare con favore, poi, e qui passiamo dall’art. 6 all’art. 9 della delega, la revisione della disciplina delle società non operative o “di comodo”, con la volontà di introdurre criteri ad hoc, da aggiornare periodicamente, che siano effettivamente degli indicatori circa l’esercizio o meno dell’attività di impresa, riconducendo così la disciplina alla sua originaria ratio.
Confermata la tendenza di andare verso una sempre maggiore derivazione dell’imponibile fiscale dall’utile di bilancio, limitando le inefficienze della gestione del doppio binario civilistico-fiscale come, per esempio, quelle connesse alle cosiddette differenze temporanee.
Molto interessanti le disposizioni che annunciano maggiori deduzioni fiscali per le auto aziendali, interventi sul costo del lavoro, vero vulnus per le aziende, e infine il focus sulle agevolazioni per gli enti del terzo settore (ETS).
Fondamentale promuovere gli investimenti in iniziative sociali, arte e cultura; abbiamo bisogno di una vera e propria economia dei beni artistici e culturali (anche privati) di cui l’Italia è il primo custode al mondo, come ci ricorda l’Unesco.
In definitiva il futuro fiscale delle aziende, che si completa con le interessanti novità in tema di certezza del diritto, concordato preventivo (per le PMI) e cooperative compliance (per i grandi contribuenti), sembra assiso su principi forse non rivoluzionari ma che, se bene attuati, possono migliorare molto il nostro sistema.