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sabato 25/02/2023 • 06:00

Fisco 50 ANNI DI IVA

Reverse charge e split payment: la fattura elettronica può assorbirli

La legge IVA è ormai un vestito di Arlecchino al quale si sono sovrapposte esigenze transitorie che devono rientrare in un testo unico a riordino della materia. L’avvento positivo della fatturazione elettronica può assorbire reverse charge e split payment, unitamente ad alcune riforme di procedura. Anche di questo si è parlato al convegno “1973-2023: 50 anni di IVA”, organizzato da CNDCEC in collaborazione con Giuffrè Francis Lefebre.

di Raffaele Rizzardi - Dottore commercialista, Rappresentante ANTI alla CFE

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Il 26 ottobre 2022 ci ha consentito di “celebrare” il cinquantesimo compleanno della legge IVA (DPR 633/72). Un periodo di tempo così lungo ha visto un numero indefinito di modifiche, che si sovrappongono senza alcuna sistematica, oltre all'inserimento di varie disposizioni “temporanee”, che continuano a subire proroghe.

Il tema affidato al sottoscritto in tale convegno riguarda la possibilità di porre termine al reverse charge (per lo meno a quello ottenuto in deroga alla direttiva) e allo split payment, visti gli ottimi risultati della fatturazione elettronica e degli strumenti connessi, con particolare riferimento alla verifica di coerenza delle liquidazioni periodiche e dell'effettivo versamento dell'imposta dovuta.

Reverse charge in deroga

Iniziamo con alcune riflessioni sul reverse charge in deroga. Noi abbiamo attualmente in tutte le banche dati l'art. 17 DPR 633/72, che evidenzia al comma 6 le lettere a-quater (fatture dei partecipi ad un consorzio tenuto a fatturare in reverse charge) e a-quinquies (servizi con utilizzo prevalente di manodopera presso il committente). Queste voci sono in deroga a quelle previste dalla direttiva, e possono essere applicate solo su autorizzazione dell'Unione europea. Autorizzazione che non arriverà mai, in quanto la Commissione si è pronunciata in senso negativo. Sarebbe pertanto opportuna una adeguata evidenza sulla inapplicabilità di queste disposizioni.

Interessante è la motivazione del documento (COM) 2020/243: “La concessione di un'altra misura speciale come quella richiesta comporterebbe una maggiore disarmonizzazione tra il sistema IVA italiano e il sistema comune dell'IVA istituito dalla direttiva IVA e costituirebbe un'ulteriore complicazione per le imprese in quanto ne aggraverebbe l'onere amministrativo”.

Rimanendo alle complicazioni del reverse charge in vigore, osserviamo che i chiarimenti relativi alla lettera a) del comma 6 – subappalti edili – hanno richiesto l'emanazione di tredici risoluzioni dell'Agenzia delle entrate nel solo anno 2008 e che le FAQ sulla voce a-ter) – lavori immobiliari – contenute nella Circ. AE  22 dicembre 2015, n. 34/E sono sedici.

Ne consegue un elevato rischio di errore, cioè di emissione della fattura in reverse charge anziché ordinaria o viceversa. I commi 9-bis1 e 9-bis2 dell'art. 6 D.Lgs. 471/97 consentono di mantenere l'effetto della fatturazione errata, alla condizione che la controparte abbia adempiuto, cioè rispettivamente il fornitore abbia liquidato a debito l'imposta che sarebbe stata dovuta dal cliente, e viceversa che il reverse charge errato sia stato formalizzato dal destinatario della fattura. Si applica una sanzione fissa, qualificata nell'ambito delle irregolarità formali e quindi ammessa alla recente sanatoria. Ma il punto più delicato riguarda il diritto di detrazione dell'imposta nella fattura normale anziché in reverse: questa legittimazione è dichiarata all'interno del comma 9-bis1, cioè in una norma sanzionatoria anziché sostanziale. Su queste disposizioni aleggia il rischio di incompatibilità comunitaria, perché più di una sentenza della Corte di Giustizia prescrive la rettifica della fattura errata in tema di reverse, cui consegue la catena dei rimborsi prevista per le fatture con IVA non dovuta.

Split payment

In merito allo split payment, abbiamo avuto una serie di autorizzazioni, con cui l'Unione europea ci concede questo sistema sino a “quando sarà stata sviluppata e posta in atto un'adeguata politica di controllo sulla base dei dati disponibili per via elettronica” (luglio 2015). “Tali misure sono volte a consentire alle autorità fiscali italiane la verifica incrociata delle diverse operazioni dichiarate dagli operatori e il controllo dei versamenti IVA. Una volta che tale sistema sia pienamente attuato, non dovrebbe essere più necessario derogare alla direttiva 2006/112/CE. L'Italia ha pertanto assicurato che non chiederà il rinnovo della deroga” (aprile 2017). L'ultima proroga nasce nel 2020, nel contesto di tutte le proroghe da pandemia.

Questa autorizzazione scade il 30 giugno 2023 e quindi – dopo aver promesso più volte che non chiederemo una proroga – sarà difficile andare oltre, salvo ottenere il semplice scorrimento sino a fine anno, per concludere il periodo d'imposta.

Ma il problema sta a monte. Se si vuole evitare l'emissione di fatture per importi notevoli da parte di soggetti di dubbia solvibilità, si dovrebbero migliorare i controlli di merito all'apertura delle partite IVA, pensando all'obbligo di rendicontazione mensile delle liquidazioni periodiche, così che si possa bloccare l'immissione di nuove fatture nel sistema di interscambio, sino a quando non sarà versata l'imposta dovuta.

I tempi sono sicuramente maturi per ripensare sia ai presupposti che alle procedure relative all'imposta sul valore aggiunto.

© Copyright - Tutti i diritti riservati - Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.

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