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lunedì 20/02/2023 • 06:00

Caso Risolto Gestione del rapporto di lavoro

Smart working all’estero: obblighi fiscali e previdenziali del datore

Lo svolgimento dall'attività lavorativa in smart working per un datore di lavoro italiano può avvenire anche dall'estero. Per la corretta gestione fiscale e previdenziale del lavoratore, il datore di lavoro dovrà fare attenzione alla residenza fiscale del lavoratore e alle retribuzioni convenzionali.

di Marcello Ascenzi - Dottore commercialista

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I datori di lavoro sono soggetti a obblighi fiscali e previdenziali, potenzialmente sia in Italia sia all'estero, nell'ipotesi in cui accordino a un proprio dipendente di lavorare stabilmente in collegamento remoto da un Paese estero. Tali obblighi dipendono dalla normativa nazionale, nonché dalle disposizioni di diritto internazionale illustrate nelle seguenti note.

Regole fiscali

Gli obblighi fiscali in Italia per il dipendente che lavora all'estero in collegamento remoto con il proprio datore di lavoro italiano dipendono, innanzitutto, dallo status di residenza fiscale. La residenza fiscale del dipendente, definita dall'art. 2, c. 2, TUIR, consente di stabilire se il lavoratore è soggetto a tassazione in Italia e, in caso affermativo, su quali redditi.

Infatti, la base imponibile fiscale, secondo quanto previsto dall'art. 3, c. 1, TUIR, risulta costituita:

  • dai redditi di lavoro ovunque prodotti, per i dipendenti residenti in Italia;
  • dai soli redditi di lavoro prodotti in Italia, per i lavoratori non residenti.

Sono considerati prodotti in Italia, secondo l'art. 23, c. 2 lett. c), TUIR, i redditi di lavoro relativi ad attività lavorativa prestata nel territorio dello Stato.

I principi che si ricavano dalle illustrate norme di diritto italiano sono seguiti anche dalle norme di diritto internazionale: l'art. 15 del Modello OSCE, cui si conformano la maggior parte delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sottoscritte dall'Italia, prevede un regime di tassazione analogo, stabilendo la tassazione esclusiva dei redditi da lavoro nello Stato di residenza del dipendente, purché l'attività lavorativa non sia svolta nell'altro Stato. Nel caso l'attività lavorativa sia svolta nell'altro Stato, diverso da quello dove il dipendente risiede, i redditi di lavoro saranno soggetti a tassazione concorrente, sia nello Stato della residenza sia in quello dove l'attività lavorativa è prestata.

La regola della tassazione concorrente in entrambi gli Stati trova una deroga nel secondo paragrafo dell'art. 15 del Modello OCSE in base al quale sono soggetti a tassazione esclusiva nel Paese della residenza del dipendente i redditi erogati in corrispettivo di un'attività svolta nell'altro Stato, qualora ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

  1. il beneficiario soggiorna nell'altro Stato per un periodo o periodi che non oltrepassano in totale 183 giorni in un periodo di 12 mesi che inizia o termina nell'anno fiscale in considerazione;
  2. le remunerazioni sono pagate da o a nome di un datore di lavoro che non è residente dell'altro Stato;
  3. l'onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nell'altro Stato.

Il rispetto delle richiamate condizioni rende i redditi imponibili soltanto nello Stato di residenza del lavoratore. Tuttavia, l'esenzione andrà verificata anche sulla base dell'interpretazione data alla fattispecie dall'Autorità fiscale estera, tenuta ad applicare la Convenzione e riconoscere l'esenzione.

Nel caso il dipendente perda la residenza fiscale in Italia, acquistando la residenza nello Stato estero, l'Italia non avrà diritto di applicare la tassazione sui redditi relativi all'attività lavorativa svolta all'estero. In tale ipotesi, il datore di lavoro potrà sospendere le ritenute fiscali, previo ottenimento di idonea documentazione attestante l'applicazione della Convenzione (in questo senso Risp. Interpello 27 aprile 2021 n. 296).

Tuttavia, nell'ipotesi il lavoratore non residente svolga in Italia dei giorni di lavoro, i redditi relativi all'attività svolta sul territorio nazionale saranno soggetti a tassazione.

Il lavoratore invece che, pur lavorando all'estero, mantenga la residenza fiscale in Italia sarà soggetto a tassazione in Italia con la possibilità di recuperare l'eventuale doppia tassazione, subita nello Stato estero dove lavora, attraverso il credito per le imposte pagate all'estero.

Risulta opportuno monitorare annualmente lo status di residenza fiscale del dipendente, in quanto la sua variazione rende i redditi di lavoro imponibili in Italia con conseguenti obblighi di sostituzione di imposta.

Nello Stato estero, il datore di lavoro dovrà verificare se vi sono obblighi di registrazione fiscale nonché di sostituzione di imposta. Infine, la presenza del lavoratore all'estero potrebbe comportare obblighi fiscali per il datore di lavoro, qualora l'attività svolta configuri una stabile organizzazione, ossia una presenza fiscalmente rilevante all'estero tale da generare obbligo in capo al datore di lavoro di pagare le imposte societarie all'estero.

Regole previdenziali

I lavoratori che prestano attività in uno Stato estero che applica il principio della lex loci laboris, regola generalmente seguita dalle principali giurisdizioni estere, sono soggetti alla legislazione previdenziale dello Stato estero. In tali ipotesi, quindi, lo svolgimento dell'attività lavorativa in uno Stato estero comporta per il datore di lavoro l'obbligo di pagare i contributi nello Stato estero.

In aggiunta nel caso tra il Paese estero e l'Italia non sia in vigore un accordo internazionale di sicurezza sociale, la contribuzione previdenziale è dovuta anche in Italia, al valere delle condizioni di cui al DL 317/87, conv. L. 398/87, con pagamento degli oneri previdenziali sulla base delle retribuzioni convenzionali.

Gli accordi internazionali di sicurezza sociale possono derogare al principio della territorialità dell'obbligazione previdenziale, ossia esonerare il datore di lavoro dalla contribuzione all'estero per il personale ivi impiegato. Le richiamate deroghe vanno verificate in base a quanto espressamente previsto dallo specifico accordo internazionale di sicurezza sociale, nonché in considerazione della fattispecie concreta che riguarda il dipendente. Nel caso per esempio il dipendente presti, in regime di distacco, attività in un Paese UE, per cui trova applicazione il Reg. CE 883/2004, si potrà avere l'esenzione dal pagamento dei contributi all'estero per un periodo di 2 anni, generalmente prorogabile per ulteriori 3 anni, previo ottenimento in Italia del certificato di copertura previdenziale modello A1.

LA SOLUZIONE

Trattamento fiscale di alcune di ipotesi in funzione dello status di residenza fiscale del dipendente.

Dipendente residente in Italia

Soggetto a tassazione sia in Italia sia all'estero, se prevista dalla giurisdizione estera. La doppia imposizione sarà evitata in Italia con il credito di imposta estero

Dipendente non residente in Italia che lavora esclusivamente all'estero

Soggetto a tassazione solo nello Stato estero con cui è in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni conforme al Modello OCSE. Il datore di lavoro può sospendere le ritenute fiscali, previo ottenimento di idonea documentazione comprovante l'applicazione della Convenzione internazionale

Dipendente non residente in Italia che lavora sia all'estero sia in Italia

Soggetto a tassazione in Italia, sui soli redditi relativi ai giorni di lavoro svolti in Italia; soggetto a tassazione all'estero secondo le regole previste nel Paese estero

Trattamento previdenziale in alcune di ipotesi in funzione del Paese estero in cui il lavoratore presta attività.

Dipendente impiegato in un Paese con cui non sono in vigore accordi internazionali di sicurezza sociale

Contribuzione dovuta all'estero, in base alle regole del Paese estero, nonché in Italia al valere delle condizioni di cui alla L. 398/87

Dipendente impiegato in un Paese con cui sono in vigore accordi internazionali di sicurezza sociale

Contribuzione dovuta all'estero per le prestazioni oggetto di copertura secondo l'accordo internazionale, purché non siano applicabili specifiche regole internazionali che consentono di mantenere la contribuzione in Italia

 

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