sabato 11/02/2023 • 06:00
In tema di impugnazione di atti dell'amministrazione tributaria, i principi costituzionali di buon andamento della P.A. e di tutela del contribuente, impongono di riconoscere l'impugnabilità di tutti gli atti adottati dall'ente impositore che portino, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria.
Ascolta la news 5:03
La vicenda
Una società che gestisce un albergo, un ristorante nonché attività di commercio di prodotti non alimentari, impugnava la bolletta relativa alla TARI per il 2018. A questo proposito, mentre la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso, successivamente, la Commissione Tributaria Regionale confermava l'appello del Comune, affermando che solo dopo il mancato pagamento della bolletta il Comune procede alla notifica dell'accertamento d'ufficio o in rettifica, con irrogazione di sanzioni ed interessi e solo tale provvedimento rappresenta la prima manifestazione impositiva effettivamente lesiva dell'interesse del contribuente contro cui poter ricorrere.
Le contestazioni del contribuente
Avverso il provvedimento in esame, la parte contribuente proponeva ricorso in Cassazione contestando il ragionamento dei giudici per avere erroneamente ritenuto che l'avviso di pagamento notificato dal Comune non rientrasse nel novero degli atti impugnabili, perché l'atto impugnato conteneva tutti gli elementi per individuare la pretesa erariale in relazione alla TARI per l'anno 2018. Inoltre, la parte contribuente aveva interesse a chiarire, sin dalla notifica dell'avviso di pagamento, l'ammontare delle superfici tassabili e gli errori commessi dal Comune nella quantificazione.
Atti impugnabili e oggetto del ricorso
Preliminarmente, in argomento, si osserva che l'art. 19 c. 1 D.Lgs. 546/92 prevede un'elencazione di atti impugnabili (ad esempio, l'avviso di accertamento del tributo; l'avviso di liquidazione del tributo; il provvedimento che irroga le sanzioni; il ruolo e la cartella di pagamento; l'avviso di mora; ecc.). Inoltre, il comma 3 della medesima disposizione, prevede che «Gli atti diversi da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente. Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri». Ebbene, nonostante ciò, secondo la Cassazione, la natura tassativa contenuta nel citato art. 19, non preclude al contribuente la facoltà di impugnare atti impositivi atipici, che portino a conoscenza le ragioni fattuali e giuridiche di una ben individuata pretesa tributaria. Tuttavia, tale facoltà non esclude l'onere di impugnare successivamente l'atto impositivo tipico, per evitare il consolidamento della pretesa dell'ente impositore, tanto che l'impugnazione dell'atto tipico fa venir meno l'interesse alla decisione sull'atto impugnato in via facoltativa (Cass. civ. sez. trib. 8 aprile 2022 n. 1148). Inoltre, secondo altro precedente, in tema di impugnazione di atti dell'amministrazione tributaria, nonostante l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'art. 19 D.Lgs. 546/92, i principi costituzionali di buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.) e di tutela del contribuente (art. 24 e 53 Cost.) impongono di riconoscere l'impugnabilità di tutti gli atti adottati dall'ente impositore che portino, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, con l'esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, senza necessità di attendere che la stessa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dalla norma su richiamata, e tale impugnazione va proposta davanti al giudice tributario, in quanto munito di giurisdizione a carattere generale e competente ogni qualvolta si controversa di uno specifico rapporto tributario (Cass. civ. sez. trib. 11 maggio 2012 n. 7344: nella specie, la S.C. ha ritenuto che anche la comunicazione di irregolarità ex art. 36 bis c. 3 DPR 600/73, portando a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva compiuta, è immediatamente impugnabile innanzi al giudice tributario).
Impugnabile la bolletta della TARI
Alla luce delle considerazioni esposte, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la Commissione Tributaria Regionale non si era attenuta ai citati principi giurisprudenziali, laddove aveva ritenuto che la bolletta TARI - nonostante in essa fosse compiutamente espressa la pretesa impositiva del Comune - non fosse autonomamente impugnabile. Invero, secondo l'impostazione dei giudici della Cassazione, dal momento che la natura tassativa dell'elencazione degli atti impugnabili non preclude al contribuente la facoltà di impugnare atti impositivi atipici, che - come nel caso di specie - portino a conoscenza le ragioni fattuali e giuridiche di una ben individuata pretesa tributaria, cosicché ben può dirsi che sussista l'interesse ad instaurare la lite ex art. 100 c.p.c. senza necessità di attendere che tale pretesa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall'art. 19 D.Lgs. 546/92. Ciò in ragione dei principi:
In conclusione, il ricorso è stato accolto e, per l'effetto, il provvedimento è stato impugnato con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado. Quindi, con il provvedimento in commento, la Cassazione conferma la possibilità di impugnare direttamente le bollette TARI.
Fonte: Cass. 20 gennaio 2023 n. 1797
© Copyright - Tutti i diritti riservati - Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.
Rimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
Per continuare a vederlo e consultare altri contenuti esclusivi abbonati a QuotidianoPiù,
la soluzione digitale dove trovare ogni giorno notizie, video e podcast su fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti e mondo digitale.
Abbonati o
contatta il tuo
agente di fiducia.
Se invece sei già abbonato, effettua il login.