martedì 13/12/2022 • 06:00
La Corte di Giustizia Europea, dichiarando l'invalidità dell'accessibilità al pubblico delle informazioni sui titolari effettivi di società ed enti, ha incrinato la tenuta del Registro negli Stati membri che avevano provveduto ad istituirlo. In Italia, con i decreti operativi alla firma del Governo, ci si chiede se e in che modo si procederà all'attuazione del Registro.
Il rispetto della vita privata è un principio tutelato dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e, dunque, c'era da aspettarsi che l'apertura del Registro dei titolari effettivi al pubblico portasse con sé il rischio – tutt'altro che potenziale – di contenzioso. Nondimeno, in nome di una altrettanto conclamata esigenza di tutela dell'interesse alla trasparenza, il legislatore europeo ha deciso di consentire al “pubblico” l'accesso al Registro, rendendo conoscibili le identità dei soggetti – persone fisiche – che a vario titolo vi sono indicati in quanto appunto titolari effettivi di società e/o altre entità giuridiche situate negli Stati membri. L'immediato contenzioso Tale possibilità, introdotta con la quinta direttiva antiriciclaggio e recepita nelle varie legislazioni nazionali, ha innescato immediatamente il contenzioso in Lussemburgo, dove un titolare effettivo e una società fiduciaria si sono rifiutati espressamente di consentire l'accesso del pubblico alle informazioni che li riguardavano. La CGUE, interpellata dal Tribunale circoscrizionale del Lussemburgo, non ha avuto alcun dubbio nel censurare la quinta direttiva nella parte in cui obbliga gli Stati membri a provvedere affinché le informazioni sulla titolarità effettiva siano accessibili in ogni caso al “pubblico”. Il diritto di quest'ultimo ad accedere alle informazioni su persone fisiche identificate confligge, infatti, con il diritto fondamentale al rispetto della vita privata, garantito dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea: “mettere dati personali a disposizione di terzi costituisce un'ingerenza nei diritti fondamentali sanciti agli articoli 7 e 8 della Carta, indipendentemente dall'uso successivo delle informazioni comunicate”. Del resto, considerata l'indeterminatezza dei soggetti che si celano dietro la generica locuzione “pubblico”, appare evidente come la norma si presti a favorire abusi nell'utilizzo delle informazioni rinvenibili dalla consultazione del registro. All'indomani della sentenza, nella home page del sito istituzionale Registres des beneficiaires effectifs (Rbe) del Lussemburgo è stata pubblicata una nota con la quale viene data notizia della sospensione temporanea dell'accesso, in attesa di una soluzione che consenta la consultazione del Registro da parte dei soggetti destinatari ex lege di obblighi antiriciclaggio. Altre camere di commercio europee si stanno apprestando ad agire nello stesso modo. E in Italia? Quid accidit in Italia, dove il Registro non è ancora formalmente istituito? Già da alcuni mesi i decreti previsti dal DM 55/2022 sono pronti per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e Unioncamere ha ormai reso noto il funzionamento del sistema di comunicazione delle informazioni sui titolari effettivi mediante comunicazione unica attraverso l'ambiente di compilazione “Dire” e l'utilizzo del modello base “TE”. Inutile dire che l'intervenuta sentenza della CGUE determina una ulteriore battuta d'arresto nel già difficile percorso di attuazione del Registro. Nel recepire la quinta direttiva antiriciclaggio, anche l'art. 21, c. 2, lett. f). D.Lgs. 231/2007 ha previsto l'accessibilità da parte del pubblico, dietro pagamento dei diritti di segreteria, alle seguenti informazioni relative ai titolari effettivi: nome, cognome, mese e anno di nascita, paese di residenza e cittadinanza, condizioni in virtù delle quali il titolare effettivo è tale (ai sensi dell'art. 20). La medesima norma precisa che in circostanze eccezionali l'accesso alle informazioni sulla titolarità effettiva può essere escluso, in tutto o in parte, qualora esponga il titolare effettivo a un rischio sproporzionato di frode, rapimento, ricatto, estorsione, molestia, violenza o intimidazione ovvero qualora il titolare effettivo sia una persona incapace o minore d'età, secondo un approccio caso per caso e previa dettagliata valutazione della natura eccezionale delle circostanze. Le modalità di esclusione dell'accesso Le modalità di esclusione dell'accesso sono disciplinate dagli artt. 4 e 7 DM 55/2022. Sinteticamente, i soggetti che intendano porre limitazioni all'accesso devono darne notizia preliminarmente, all'atto della prima comunicazione dei dati al Registro, indicando le relative circostanze eccezionali e fornendo un indirizzo di posta elettronica certificata per ricevere le comunicazioni in qualità di controinteressati. La Camera di commercio territorialmente competente che riceva una richiesta motivata di accesso dovrà trasmetterla all'indirizzo PEC indicato dal controinteressato. Quest'ultimo, entro 10 giorni dalla ricezione della predetta comunicazione, potrà a sua volta trasmettere a mezzo PEC una motivata opposizione, sulla quale sarà la Camera di commercio a decidere, valutando caso per caso la sussistenza delle circostanze eccezionali ai fini dell'esclusione totale o parziale dell'accesso, anche alla luce del principio di proporzionalità tra il rischio paventato e l'interesse all'accesso. L'eventuale diniego motivato dell'accesso (in tutto o in parte) dovrà essere comunicato a mezzo PEC al richiedente entro 20 giorni dalla richiesta di accesso; in ogni caso, in assenza di tale comunicazione entro il predetto termine l'accesso si intenderà respinto. Avverso il diniego, al richiedente è garantita la possibilità di avvalersi dei mezzi di tutela di cui all'art. 25 della legge 241/90 (procedimento amministrativo). La procedura descritta è stata sottoposta al vaglio preventivo dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali che, per quanto attiene all'ambito di propria competenza, ha espresso parere favorevole. I titolari effettivi sono davvero tutelati? Resta da capire se alla luce delle affermazioni della CGUE questa procedura possa ancora definirsi “adeguata” rispetto alle specifiche esigenze di tutela dell'identità dei titolari effettivi. Prima ancora, però, c'è da chiedersi se l'impianto normativo complessivo non debba essere radicalmente ripensato, a partire dalle previsioni europee fino a quelle – normative e regolamentari – degli Stati membri. Infatti, se è vero che l'accessibilità dei dati dei titolari effettivi (rectius: la conoscenza di chi controlla effettivamente un'impresa) è un elemento cardine della normativa in materia di contrasto alle attività criminose, è altrettanto vero che l'accesso pubblico all'identità e ai dati personali dei titolari effettivi, senza alcuna necessità di dimostrare l'esistenza di un interesse legittimo, continuerà a sollevare dubbi sulla conformità della relativa previsione rispetto ai principi enunciati dalla Carta e dal GDPR. Per quanto concerne l'Italia, tale preoccupazione non può che aumentare in virtù della circostanza che nel nostro sistema la delicatissima decisione in merito al diniego di accesso è di fatto rimessa ad un organo non giurisdizionale.
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