giovedì 10/11/2022 • 06:00
La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di una parte della legge n. 413/1984 che non consente la neutralizzazione del prolungamento contributivo, previsto per i lavoratori marittimi, se questo determina un calcolo di pensione sfavorevole.
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La sentenza della Corte Costituzionale n. 224 del 7 novembre 2022 ha stabilito che i cosiddetti «prolungamenti contributivi», previsti dall'articolo 24 della legge n. 413/1984 in merito alla previdenza dei lavoratori marittimi, possono essere neutralizzati laddove portino ad un assegno pensionistico minore per il lavoratore interessato. I giudici della Suprema Corte hanno parzialmente accolto la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, ottavo comma, della legge n. 297/1982, in combinato disposto con l'articolo 24 della legge n. 413/1984, sollevata dal Tribunale di Cassino.
Il comma 1, dell'articolo 24 della legge n. 413/1984 stabilisce, in favore dei lavoratori marittimi che risolvono il rapporto di lavoro al momento dello sbarco, che i periodi di effettiva navigazione mercantile, successivi al 31 dicembre 1979, vengano prolungati, per l'erogazione delle prestazioni pensionistiche, di un periodo, in successione temporale, corrispondente ai giorni di sabato, domenica e festivi collocati durante l'imbarco e alle giornate di ferie maturate nel corso dell'imbarco stesso. In aggiunta, ai sensi del comma 4 del citato articolo 24, la retribuzione pensionabile relativa al periodo oggetto del prolungamento viene ripartita sull'intero periodo, comprensivo del prolungamento stesso, e quest'ultimo, al fine della determinazione della retribuzione pensionabile e come previsto dal successivo comma 5, può essere neutralizzato unicamente laddove l'assicurato raggiunga il “massimo dei servizi utili a pensione”.
La questione di legittimità costituzionale
Il Tribunale di Cassino, sollevando la questione di legittimità costituzionale, ha sottolineato come la previsione normativa comporta una “spalmatura” della retribuzione pensionabile su un periodo temporale più lungo, comportando, dunque, una riduzione della retribuzione pensionabile mensile che, in caso di collocazione negli ultimi cinque anni di lavoro, per effetto della previsione dell'articolo 3, comma 8, della legge n. 297/1982, determina un impatto negativo sull'importo dell'assegno di pensione.
I giudici di Cassino, tenendo conto di precedenti pronunce della Corte Costituzionale le quali avevano chiarito come la contribuzione eccedente il minimo necessario all'acquisizione del diritto a pensione, di vecchiaia o anticipata, collocata nell'ultimo quinquennio anteriore al pensionamento debba essere neutralizzata laddove porti ad un abbattimento dell'assegno di pensione, hanno richiesto che il medesimo principio trovasse applicazione anche nei confronti dei prolungamenti contributivi per i lavoratori marittimi, sottolineando come appaia non coerente la neutralizzazione dei prolungamenti solamente nel caso in cui sia raggiunto il massimo dei servizi utili a pensione e non anche in caso di raggiungimento del minimo dei contributi utili per il pensionamento di vecchiaia, pari, ad oggi, a 20 anni di contribuzione.
L'INPS, da par suo, si è costituito in giudizio sostenendo la tesi dell'inammissibilità della questione dal momento che la neutralizzazione contributiva riguarderebbe unicamente i casi nei quali l'effetto riduttivo sull'assegno di pensione derivi da una contribuzione aggiuntiva accreditata sulla base di una retribuzione inferiore rispetto a quella percepita per integrare il requisito contributivo minimo. L'Istituto ha anche sottolineato la diversità della fattispecie in esame da quella oggetto della sentenza n. 427/1997 con la quale era stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'applicazione del prolungamento contributivo dell'articolo 25, legge n. 413/1984 (differente dunque dall'articolo 24), laddove, in combinato con l'articolo 3, comma 8, della legge n. 297/1982, i contributi aggiuntivi incidano in modo negativo sulla pensione spettante senza applicazione del prolungamento. L'INPS riteneva, difatti, che solo l'articolo 24 della legge n. 413/1984 disciplinerebbe il prolungamento contributivo correlato agli elementi del lavoro marittimo, avendo ad oggetto le festività non godute e le ferie maturate, mentre l'articolo 25 accorderebbe, in caso di passaggio dei marittimi all'assicurazione generale obbligatoria, un prolungamento contributivo fisso pari al 40% della durata dei periodi di effettiva navigazione svolti prima de 1° gennaio 1980.
La Corte Suprema, respingendo le osservazioni dell'INPS, ha confermato la fondatezza dei rilievi del giudice rimettente, ricordando come il citato prolungamento contributivo previsto dall'articolo 25 della legge n. 413/1984 fu oggetto di una sentenza di incostituzionalità nella parte in cui non consentiva che la pensione di vecchiaia venisse calcolata escludendo il prolungamento se l'assicurato aveva maturato i requisiti per la pensione ed il calcolo, comprensivo del prolungamento, portasse ad un risultato sfavorevole.
Dal momento che le disposizioni di cui agli articolo 24 e 25 della legge n. 413/1984 hanno un funzionamento analogo e sono ispirate alla medesima ratio la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 8, della legge 297/1982, in combinato disposto con l'articolo 24 della legge 413/1984, nella parte in cui non viene consentita la possibilità di neutralizzare il prolungamento contributivo ai fini del calcolo della pensione di vecchiaia per quei lavoratori del settore marittimo che abbiano raggiunto il diritto a pensione, laddove il prolungamento porti ad un risultato sfavorevole del calcolo dell'importo della pensione spettante all'assicurato.
Sulla base della pronuncia della Corte Costituzionale, dunque, i lavoratori marittimi che abbiano maturato il requisito contributivo pari a 20 anni per l'accesso alla pensione di vecchiaia hanno la possibilità di richiedere la neutralizzazione dei prolungamenti contributivi che siano collocati negli ultimi cinque anni anteriori alla cessazione laddove gli stessi non siano necessari al fine del mantenimento del diritto a pensione e, allo stesso tempo, comportino un abbattimento della rendita previdenziale.
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