martedì 08/11/2022 • 12:02
La Corte Costituzionale 7 novembre 2022 n. 224 interviene in materia di calcolo della pensione dei lavoratori marittimi e dichiara costituzionalmente illegittima la disposizione che non consente la neutralizzazione del periodo di prolungamento se questo determina un risultato sfavorevole nel calcolo della pensione stessa.
redazione Memento
Con la sentenza 224/2022 la Corte Costituzionale si è espressa nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, c. 8, L. 297/82 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica), in combinato disposto con l'art. 24 L. 413/84 (Riordinamento pensionistico dei lavoratori marittimi). In particolare, il Tribunale di Cassino (che ha sollevato la questione di legittimità) si concentra nella parte in cui tali norme non consentono che la pensione di vecchiaia spettante ai lavoratori marittimi venga calcolata escludendo dal computo, ad ogni effetto, il prolungamento, se l'assicurato ha maturato i requisiti per l'erogazione del trattamento pensionistico e il calcolo porti ad un risultato per lui più favorevole. N.B. Il prolungamento è un istituto peculiare dell'ordinamento marittimo: si tratta di contributi accreditati direttamente dall'INPS sulla posizione assicurativa del marittimo e collocati in periodi privi di assicurazione, successivi a ciascun imbarco. I periodi di assicurazione ottenuti a seguito del prolungamento sono utili ai fini del diritto e della misura della pensione. Le ragioni dell'INPS Secondo l'INPS, la scelta del legislatore di prolungare il rapporto di lavoro ai fini previdenziali e assicurativi per i giorni di festività e ferie non goduti risponderebbe ad un'esigenza di tutela del lavoratore, a cui spetta la fruizione di ferie e festività, ma non potrebbe sortire l'effetto di eliminare, attraverso la neutralizzazione del prolungamento, alcune settimane lavorative, così da attribuire la retribuzione percepita ad un periodo di tempo più breve. In ragione di ciò, la neutralizzazione sarebbe applicabile solo ai periodi di minore retribuzione e non consentirebbe di ricalcolare la retribuzione lavorativa o pensionabile per ripartirla su un minore numero di giorni affinché diventi più alta. Pertanto, per neutralizzare i periodi contributivi oggetto di prolungamento, il giudice avrebbe dovuto verificare se, nei periodi di ingaggio succedutisi nel quinquennio, il lavoratore avesse subito una diminuzione retributiva incidente sulla retribuzione pensionabile. Il parere della Corte Costituzionale Quando la contribuzione aggiuntiva comporta un depauperamento del trattamento pensionistico, questa deve essere esclusa dal computo della base pensionabile indipendentemente dalla natura dei contributi, siano essi obbligatori, volontari o figurativi. Di conseguenza, è costituzionalmente illegittima la disposizione (art. 24 L. 413/84) nella parte in cui non consente la neutralizzazione del prolungamento contributivo per il calcolo della pensione di vecchiaia quando questo determina un risultato sfavorevole nel calcolo dell'importo della pensione stessa. In particolare, l'effetto sfavorevole si determinerebbe perché, mentre il prolungamento contributivo è utile ai fini del raggiungimento del periodo minimo necessario alla maturazione del diritto a pensione, quando tale diritto è maturato a prescindere dal prolungamento, questo, nello spalmare la retribuzione percepita su un periodo più lungo, causa una riduzione dell'importo mensile di tale retribuzione che influisce (art. 3, c. 8, L. 297/82) sull'importo della pensione. Fonte: C.Cost. sentenza 7 novembre 2022 n. 224
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