martedì 08/11/2022 • 06:00
Con l’ordinanza n. 32272/2022 la Corte di cassazione ha esaminato il tema relativo all’assoggettamento all’IRAP dei compensi dei professionisti derivanti dagli incarichi di amministratore o sindaco di società fatturati (e, conseguentemente, incassati) dallo studio professionale per conto del singolo professionista associato.
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Nel caso esaminato, uno studio associato di consulenza aziendale e tributaria presentava ricorso avverso il diniego al rimborso della quota di IRAP versata dallo stesso sui compensi derivanti dagli incarichi di collegio sindacale rivestiti dai singoli professionisti associati. Dopo risultati altalenanti nei primi due gradi di giudizio (primo grado favorevole allo studio e secondo grado sfavorevole), la controversia proseguiva avanti alla Corte di Cassazione.
I principi espressi dalla Cassazione
Nell'ordinanza in commento, la Suprema Corte, dopo avere preliminarmente ricordato che:
nel caso specifico, ha negato il rimborso IRAP, in considerazione della mancata dimostrazione dell'effettiva sussistenza di uno scollegamento tra i compensi relativi all'attività di componenti di collegio sindacale espletata dai professionisti associati rispetto a quella dell'associazione. In tal senso, secondo la Suprema Corte, la stessa percezione e fatturazione, da parte dello studio associato, dei compensi relativi all'attività di sindaco degli associati avvalorerebbe la mancanza del diritto al rimborso dell'IRAP in quanto questa situazione evidenzierebbe l'unitarietà dell'attività svolta.
L'ordinanza si segnala in quanto, ai fini probatori, è stata riconosciuta l'impossibilità di giustificare la richiesta di rimborso attraverso le Certificazioni Uniche relative alle ritenute d'acconto rilasciate dalle società clienti (in cui i professionisti associati avevano personalmente svolto la carica di sindaco), in quanto, ad avviso della Cassazione, questa circostanza non esclude che:
Considerazioni conclusive
L'ordinanza in commento si pone nel solco di un ampio dibattito che ha già trovato più volte spazio in sede giurisprudenziale. Infatti, la Corte di Cassazione si è occupata in diverse occasioni della vicenda relativa alla non assoggettabilità all'IRAP dei compensi del professionista (già socio di un'associazione professionale) derivanti dall'assunzione delle cariche di amministratore o di sindaco di società. A tale fine merita di essere segnalata l'ordinanza Cass. 5 maggio 2020 n. 8451 che si è così espressa: “in tema di IRAP, qualora il professionista, oltre a svolgere attività ordinaria di commercialista, sia titolare della carica di sindaco di società, l'imposta non è dovuta anche per i compensi correlati a quest'ultima attività, che vanno pertanto scorporati da quelli derivanti dalle altre attività, ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 3, comma 1, lett. c), e art. 8” (in senso analogo: CTR Lombardia 29 settembre 2020 n. 2038).
In precedenza, nella sentenza Cass. 17 maggio 2018 n. 12052, i giudici di legittimità avevano precisato che in tema d'IRAP, non realizza il presupposto impositivo l'esercizio dell'attività di sindaco e di componente di organi di amministrazione e controllo di enti di categoria, che avvenga in modo individuale e separato rispetto ad ulteriori, attività espletate all'interno di un'associazione professionale, senza ricorrere ad un 'autonoma organizzazione.
Alle medesime conclusioni si era espressa la Corte di Cassazione con la sentenza Cass. 2 marzo 2009 n. 4959, in cui era stato chiarito che il libero professionista, che opera come amministratore di società o presidente del consiglio di amministrazione, non va soggetto all'IRAP per la parte di ricavo netto che risulta da quelle attività, soltanto se adempie alla funzione senza ricorrere ad un 'autonoma struttura organizzativa.
In senso opposto, con l'ordinanza Cass. 26 novembre 2019 n. 30873, il rimborso era stato negato stante l'avvenuta presentazione della relativa istanza ad opera dello studio associato e non del professionista (sempre nel solco del diniego al rimborso dell'IRAP l'ordinanza Cass. 27 aprile 2022 n. 13129).
In chiusura si ricorda che, a decorrere dall'anno d'imposta 2022, come disciplinato dall'art. 1 c. 8 L. 234/2021, l'IRAP non è più dovuta dai soggetti persone fisiche esercenti attività commerciali (ditte individuali) o arti e professioni (lavoratori autonomi, liberi professionisti) di cui alle lett. b) e c) del c. 1 dell'art. 3 D.Lgs. 446/97.
Fonte: Cass. 2 novembre 2022 n. 32272
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Dina Lucia Todaro
- Dottore commercialista presso Mba Consulenti d’impresa S.t.p.a r.l.Rimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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