giovedì 03/11/2022 • 06:00
Gli incentivi corrisposti all'amministratore delegato e al dirigente apicale in caso di disinvestimento dei soci, con cessione della partecipazione di controllo a un fondo di private equity, possono essere considerati deducibili, quindi inerenti, al valere di talune condizioni.
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L'Agenzia delle Entrate nella Risp. Interpello 31 ottobre 2022 n. 539 affronta la questione dell'inerenza dei costi legati agli incentivi, per l'amministratore e un dirigente apicale, corrisposti in caso di cessione della partecipazione, quindi di uscita dalla compagine sociale da parte dei soci di una società con subentro, in qualità di socio di controllo, di un fondo di private equity. La richiamata prassi offre spunti per alcune considerazioni sulla deducibilità dei costi degli incentivi, apparentemente non strettamente legati all'attività di impresa, ma con caratteri tali da incentivare l'attività dei beneficiari a vantaggio della società.
Incentivi in caso di disinvestimento della partecipazione
Nel caso sottoposto all'Agenzia delle Entrate nella Risposta in commento, i soci di una società per azioni (Alfa Spa) operante nel settore dell'illuminazione, per consentire un maggior sviluppo del business, decidono di aprire il capitale a terzi nel 2017, selezionando un fondo di private equity. La riorganizzazione della compagine sociale comporta anche la nomina di un nuovo Consiglio di amministrazione (CDA), nonché la definizione dei relativi compensi, incluso un piano di incentivazione spettante al nuovo amministratore delegato, finalizzato ad allineare i suoi interessi con quelli dei soci. Il piano prevedeva che, al momento dell'uscita (exit) dal capitale sociale di Alfa Spa da parte dei soci, l'amministratore maturasse il diritto al pagamento di un bonus in denaro (exit bonus) la cui entità cresceva al crescere della valorizzazione del disinvestimento da parte dei soci. Gli aspetti che disciplinano i compensi del CDA, incluso il piano di incentivazione, erano stati concordati e formalizzati tra i soci e l'amministratore tramite scrittura privata nel 2017 e successivamente confermati di anno in anno, subendo modifica nel 2021 con esclusivo riguardo agli aspetti relativi alla quantificazione dell'exit bonus. In quello stesso anno (2021) viene assunto un dirigente apicale (CFO) il cui compenso variabile include un analogo exit bonus, ma in misura fissa ossia non parametrata al valore di cessione della partecipazione come prevede, invece, il piano per l'amministratore.
Il piano di incentivazione, dunque, nel caso dell'amministratore prevedeva un premio legato al valore dell'azienda, determinato in sede di cessione del capitale sociale e, quindi, seppur indirettamente dipendente dalla performance della società istante. Diversamente per il dirigente il premio in misura fissa era condizionato unicamente alla realizzazione del disinvestimento.
Il raggiungimento dell'accordo di vendita dell'intero capitale di Alfa Spa nel 2022 comporta alcune modifiche al sistema di incentivazione, recepite dagli organi sociali in base alle quali:
In tale contesto, i pagamenti degli exit bonus potrebbero essere considerati non strettamente legati all'attività di business, facendo sorgere dubbi circa l'inerenza e, quindi, sulla loro deducibilità ai fini IRES e IRAP.
Inerenza degli incentivi
L'Agenzia delle Entrate, nel documento di prassi in commento, parte dalla constatazione che dal verbale del CDA, in cui è riportata l'originaria attribuzione dell'exit bonus in favore dell'amministratore delegato, si evince che l'incentivo rientra nell'ambito del suo pacchetto retributivo; mentre nel verbale del CDA relativo all'incentivo del dirigente viene esplicitato che il suo pagamento è collegato all'impegno lavorativo profuso per la società. In secondo luogo, i premi sarebbero stati corrisposti esclusivamente nel caso i due lavoratori avessero mantenuto il loro rapporto con la società fino al momento della cessione della partecipazione, incentivando così la performance e il mantenimento del rapporto di lavoro.
Sulla base di queste considerazioni, l'Agenzia affronta la questione della deducibilità dei costi sostenuti per il pagamento dei bonus, osservando che il principio di inerenza è legato all'attività esercitata dall'impresa, nel senso che sono deducibili i costi che si riferiscono ad attività ed operazioni che concorrono a formare il reddito, compresi gli oneri sostenuti in proiezione futura, se connessi ad attività dalle quali possono derivare ricavi in tempi successivi.
Tale principio trova riscontro nella giurisprudenza di legittimità – Cass. 21 gennaio 2009 n. 1465, 25 novembre 2011 n. 24930, 27 febbraio 2015, n. 4041 – in cui viene confermato che un costo assume rilevanza non tanto per la sua correlazione a un reddito, bensì per la sua correlazione con un'attività potenzialmente idonea a produrre utili per l'impresa. Pertanto, deve sussistere una correlazione tra il costo e l'attività imprenditoriale nel suo complesso, come indicato nella Sent. Cass. 17 gennaio 2020 n. 902.
Nel caso degli incentivi, secondo l'Agenzia delle Entrate, nonostante la circostanza che il diritto alla loro percezione dipenda dal perfezionamento dell'operazione di vendita da parte dei soci, non può negarsi la correlazione tra il costo sostenuto dalla società e l'esercizio della sua attività. Gli incentivi hanno lo scopo di accrescere l'impegno dei lavoratori nella società, con un effetto positivo sull'attività aziendale e, quindi, in modo potenziale ed indiretto, sullo stesso valore dell'azienda. Ciò consente all'Agenzia delle Entrate di concludere per la completa deducibilità ai fini IRES dei costi sostenuti per gli incentivi.
In merito alla deducibilità IRAP degli incentivi, secondo quanto previsto dall'art. 11 c. 4-octies D.Lgs. 446/1997, inserito dall'art. 10 c. 1 DL 73/2022 conv. L. 122/2022, il costo complessivo per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato è deducibile dalla base imponibile IRAP.
Pertanto, i costi corrispondenti ai premi incentivanti assumano rilevanza nella determinazione del valore della produzione netta limitatamente alla quota parte di essi riferibile al costo del personale assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato, ovvero soltanto per la parte riferibile al dirigente apicale; mentre non saranno deducibili i costi per l'incentivo dell'amministratore il cui rapporto di lavoro con la società è riconducibile a un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa.
Prospettive future
La richiamata interpretazione presenta delle condivisibili aperture sulla deducibilità degli incentivi riconosciuti agli amministratori e alla dirigenza in caso di cessione del controllo di società, pratica che ha una discreta diffusione nel caso di operazioni che prevedono il subentro nel controllo societario da parte di fondi di private equity. Tali operazioni potranno essere incentivate attraverso bonus erogabili al perfezionamento del cambio del controllo societario, sia agli amministratori sia ai dirigenti, considerando il relativo costo deducibile nel caso l'incentivo presenti i caratteri remunerativi della performance lavorativa a diretto, o indiretto, vantaggio della società datore di lavoro. La conferma della deduzione potrebbe dare impulso ad una maggiore diffusione di questa tipologia di incentivo.
Fonte: Risp. Interpello AE 31 ottobre 2022 n. 539
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