Il nuovo assetto delle “PCC” nel Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza
Il Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (d'ora in poi, “CCII”), come noto, è intervenuto anche a ridisegnare l'assetto delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (d'ora in avanti, “PCC”), innovandone la disciplina rispetto a quella racchiusa nella l. 27 gennaio 2012, n. 3.
Secondo la nuova disciplina, il consumatore, il professionista, l'imprenditore minore, l'imprenditore agricolo, le start-up innovative e ogni altro debitore non assoggettabile a liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal c.c. o da leggi speciali, che si trovino in situazione di sovraindebitamento (ossia, di crisi o di insolvenza, ex art. 2, co. 1, lett. c), CCII), possono proporre soluzioni al loro dissesto accedendo, con l'ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (d'ora in poi, “OCC”) a tre differenti procedure, aventi natura concorsuale:
a) la ristrutturazione dei debiti del consumatore;
b) il concordato minore;
c) la liquidazione controllata.
La possibilità di ricorrere a tali strumenti rappresenta un indubbio vantaggio per il debitore, il quale, oltre a sistemare il proprio dissesto, potrà accedere al beneficio dell'esdebitazione e godere, nel corso della procedura, del blocco delle azioni esecutive individuali.
La ristrutturazione dei debiti del consumatore avviata dal professionista
Il professionista può avvalersi della procedura disciplinata dagli artt. 67 ss. CCII allorché possa essere qualificato consumatore, ossia si identifichi con la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di s.n.c., s.a.s., s.a.p.a., per i debiti estranei a quelli sociali (art. 2, co. 1, lett. e), CCII).
In altri termini, il professionista che non ha contratto debiti in relazione alla propria attività, e che si trova perciò in una situazione di sovraindebitamento in conseguenza dell'assunzione di obbligazioni di carattere personale o familiare, potrà, in quanto consumatore, accedere alla procedura di ristrutturazione dei debiti.
La procedura prende avvio (art. 67 CCII) con la presentazione di una proposta rivolta ai creditori, redatta con l'ausilio dell'OCC, e recante un piano di ristrutturazione dei debiti che indichi in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi. La proposta ha contenuto libero e può prevedere il soddisfacimento, anche parziale e differenziato, dei crediti in qualsiasi forma (ivi compresa la possibilità di garantire una soddisfazione non integrale ai creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca).
Al momento dell'apertura della procedura, il Tribunale adito pronuncia decreto all'interno del quale, su istanza del debitore, può disporre la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilità del piano, nonché il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore e le altre misure idonee a conservare l'integrità del patrimonio fino alla conclusione del procedimento, compreso il divieto di compiere atti di straordinaria amministrazione se non preventivamente autorizzati (art. 70 CCII).
Il vantaggio di accedere a tale procedura, rispetto alle altre PCC, risiede nella circostanza che, per la sua conclusione, non si richiede l'adesione di una percentuale minima del ceto creditorio del professionista, ma unicamente il provvedimento di omologazione del Tribunale adito, alla cui pronuncia si ricollega la produzione degli effetti esdebitatori a vantaggio del debitore.
Il concordato minore del professionista
Il professionista che versi in una situazione di sovraindebitamento in conseguenza dell'assunzione di obbligazioni attinenti alla sua attività, preclusa la strada della ristrutturazione dei debiti del consumatore, può accedere alla procedura di concordato minore di cui agli artt. 74 ss. CCII.
Come regola, il concordato minore deve articolarsi in una proposta in continuità, ossia deve consentire di proseguire l'attività professionale del debitore: proposte di concordato liquidatorio, infatti, sono ammesse soltanto quando sia previsto l'apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori.
La proposta di concordato minore ha contenuto libero, indica in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento e può prevedere il soddisfacimento, anche parziale, dei crediti attraverso qualsiasi forma (ivi compresa la possibilità di garantire una soddisfazione non integrale ai creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca), nonché la eventuale suddivisione dei creditori in classi.
La domanda è presentata, con l'ausilio dell'OCC, al Tribunale competente, che dichiara aperta la procedura con decreto mediante il quale, tra l'altro, su istanza del debitore dispone il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, disporre sequestri conservativi o acquistare nuovi diritti di prelazione, e nomina il commissario giudiziale.
A differenza della ristrutturazione dei debiti, nel concordato minore è prevista la fase del voto dei creditori: la proposta, infatti, deve essere approvata dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto (art. 79 CCII), prima di poter essere omologata dal Tribunale (art. 80 CCII) e produrre così i propri effetti esdebitatori.
La liquidazione controllata del professionista
In via diretta, ovvero in via di conversione di una precedente procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore o di concordato minore non andate a buon fine (si vedano, rispettivamente, gli artt. 73 e 83 CCII), il professionista può accedere alla procedura di liquidazione controllata dei suoi beni ai sensi degli artt. 268 ss. CCII.
Il ricorso per l'accesso alla procedura può essere presentato dal professionista, con l'ausilio dell'OCC (art. 269 CCII), ovvero, in caso di vera e propria insolvenza, da un creditore, anche in pendenza di procedure esecutive individuali.
La procedura di liquidazione controllata rispecchia la struttura della liquidazione giudiziale, con fasi di formazione del passivo, liquidazione e ripartizione dell'attivo. Successivamente alla sua chiusura (decretabile a norma dell'art. 276 CCII), il professionista può richiedere, ove ne sussistano i presupposti, l'esdebitazione ai sensi degli artt. 280 ss. CCII.