martedì 23/08/2022 • 06:00
Con l’intento di rendere maggiormente spedito il giudizio di merito, la riforma del processo tributario introduce semplificazioni per le controversie di minore importo: dal giudice monocratico per le liti “minimali” all’impulso alla conciliazione da parte del giudice, ma solo per le controversie “reclamabili”.
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La “sfrondatura” del contenzioso tributario non passa soltanto per la previsione della definizione delle controversie pendenti presso la Corte di Cassazione ma anche per l'avvento di modifiche che potranno rivelarsi incisive sui futuri giudizi aventi per oggetto importi non rilevanti.
“Perché” del Giudice monocratico
Nelle nuove Corti di Giustizia tributaria la decisione in ordine alle liti di importo fino a € 3.000 sarà di competenza di un giudice monocratico: niente più collegialità, insomma, su quelle vertenze “bagatellari” che effettivamente assorbono non poche risorse dell'organico attuale.
Basti pensare che, in base ai dati del MEF, le liti fiscali pendenti al 31 dicembre 2021 di importo sino a € 3.000 erano 70.980 in CTP e 36.434 in CTR: segnatamente, per le Commissioni di primo grado si tratta del 48% delle liti complessivamente pendenti e, per il superiore grado regionale, del 29,2% delle controversie ancora da decidere.
Messe insieme, le controversie in esame ammontano a ben 107.414, pari al 39,4% delle complessive liti pendenti nel giudizio di merito al 31 dicembre dello scorso anno.
Appare dunque condivisibile la scelta del Legislatore di “semplificare” la fase decisionale ricorrendo alla composizione monocratica in procedimenti in cui, va ricordato, le parti possono stare in giudizio anche senza l'assistenza tecnica.
Rientrano quindi in questo nuovo cluster le liti il cui valore non supera € 3.000, intendendo per esso l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato ovvero, in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, dalla somma di queste: per espressa previsione normativa va però tenuto conto anche dell'imposta “virtuale” calcolata a seguito delle eventuali rettifiche di perdite, mentre sono tassativamente escluse dalla competenza in esame le controversie di valore non determinabile.
Le nuove disposizioni dovrebbero essere applicate alle controversie i cui ricorsi siano stati notificati a decorrere dal 1° gennaio 2023: tuttavia, è bene precisare che dal punto di vista processuale non assisteremo ad alcuna limitazione del rito tributario, il quale continuerà sostanzialmente ad applicarsi come nei giudizi in composizione collegiale.
Input del Giudice alla conciliazione
La seconda “mossa” del Legislatore per favorire la speditezza della giurisdizione tributaria passa per l'introduzione dell'istituto della conciliazione proposta dalla Corte di Giustizia tributaria.
Pertanto, oltre alle parti in causa l'impulso alla definizione della controversia potrà provenire anche dal Collegio giudicante, ma con alcune limitazioni.
La prima: le controversie interessate sono esclusivamente quelle provenienti dall'istituto del reclamo e della mediazione tributaria di cui all'art. 17-bis D.Lgs. 546/92, ossia quelle il cui valore della lite, da calcolare sempre avendo riguardo alle sole maggiori imposte accertate – ovvero alle sole sanzioni, per atti recanti esclusivamente tale pretesa – non supera € 50.000.
La seconda: l'input, stando alla lettera della legge, risulta condizionato alla circostanza che si verta su “questioni di facile e pronta soluzione” (e ciò potrebbe rappresentare un ostacolo all'effettivo decollo della norma).
Il nuovo istituto, che sembra riecheggiare il modello della proposta di conciliazione del giudice di cui all'art. 185-bis c.p.c., potrà trovare applicazione in entrambi i giudizi di merito e tanto “fuori udienza” quanto “in udienza”, con rituale comunicazione, rispettivamente, alle parti e alle parti non comparse.
Anche in questo caso mi sembra che il Legislatore abbia tenuto conto dei numeri e, gettando un'occhiata sempre alle statistiche dei ricorsi pendenti al 31 dicembre scorso, le controversie interessate dalla “conciliazione proposta dalla Corte di Giustizia tributaria” ammontano a ben 122.787 in CTP, pari all'83% delle liti complessivamente pendenti in primo grado, e a 92.002 in CTR, al 73,7% delle controversie pendenti presso le Commissioni Regionali.
Dal punto di vista procedurale è previsto che la causa possa essere rinviata alla successiva udienza per il perfezionamento dell'accordo conciliativo e, ove ciò non avvenga, si procede nella stessa udienza alla trattazione della causa.
Al contrario, in caso di accordo la legge ne contempla il perfezionamento con la redazione del processo verbale, che comunque costituisce titolo per la riscossione ovvero per il pagamento degli importi eventualmente dovuti al contribuente: a fronte del perfezionamento della conciliazione il Giudice dichiara estinto il giudizio per cessazione della materia del contendere.
La proposta di conciliazione proveniente dall'organo giudicante non può mai costituire motivo di ricusazione o astensione del Giudice.
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