venerdì 12/08/2022 • 11:15
Non sono daziabili le royalties versate al titolare del marchio apposto alle merci importate, ove si limiti a effettuare un controllo di qualità sui beni del fornitore estero. Ad affermarlo è la Commissione tributaria provinciale di La Spezia, con la sentenza 28 luglio 2022, n. 230.
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L'inclusione delle royalties nel valore dell'importazione
Come è noto, il codice doganale dell'Unione europea (art. 71, Reg. n. 952/2013) prevede che le royalties concorrano alla determinazione del valore doganale delle merci importate soltanto se il compratore è tenuto a pagarle, direttamente o indirettamente, come “condizione della vendita” e ove non siano già incluse nel prezzo e si riferiscano alle merci oggetto della valutazione.
Secondo la normativa doganale europea di diretta applicazione il requisito della “condizione di vendita” si realizza quando il titolare del diritto di licenza sul marchio esercita un controllo sul produttore, ossia quando il licenziante è in grado di esercitare, di diritto o di fatto, un “potere di costrizione o di orientamento” sul fornitore.
L'indirizzo della giurisprudenza di merito
È in tale quadro che necessita di essere inquadrata la recente sentenza della Commissione tributaria provinciale di La Spezia, 28 luglio 2022, n. 230, secondo cui le royalties non devono essere incluse nel valore doganale, se il controllo del titolare del marchio concerne unicamente la qualità del prodotto. La pronuncia conferma l'indirizzo già espresso dalla medesima Commissione con le sentenze 22 febbraio 2022, n. 52 e 24 maggio 2022, n. 147 e sottolinea l'importante principio secondo cui la verifica di qualità effettuata sui prodotti importati dall'impresa titolare del marchio non è idonea a integrare il qualificato legame di controllo tra il licenziante e i fornitori extra-UE, non configurando, pertanto, i presupposti richiesti per la daziabilità delle royalties.
Nelle pronunce citate, in particolare, i giudici di primo grado riconoscono che non è possibile operare nessun automatismo in ordine alla daziabilità delle royalties.
È invece necessario verificare, volta per volta, se ricorrano i presupposti individuati dal codice doganale, prestando particolare attenzione ai singoli rapporti contrattuali intercorsi tra le parti.
Nelle sentenze in esame, in particolare, è stato espressamente riconosciuto che tale controllo non può essere ritenuto sussistente nel caso in siano presenti due rapporti contrattuali tra loro distinti e indipendenti: uno relativo all'utilizzo a scopo commerciale del marchio (tra licenziante e licenziataria) e l'altro inerente la produzione delle merci (tra licenziataria e fornitore estero).
La disamina dei rapporti contrattuali ha, pertanto, escluso l'esistenza di un potere di indirizzo, di fatto o di diritto, da parte della licenziante nei confronti dell'impresa produttrice estera, non essendo a tale fine sufficiente un semplice controllo di qualità sui prodotti importati dalla licenziataria.
La Commissione di La Spezia, con le sentenze in esame, ha riconosciuto che non sussistono i presupposti di daziabilità dei corrispettivi di licenza in caso di semplice controllo qualità da parte della licenziante.
Il dibattito in Corte di Cassazione sulla definizione di “controllo del produttore”
Le recenti sentenze di La Spezia si inseriscono in un complesso quadro giurisprudenziale, sia a livello unionale che nazionale, che ha dato vita a diverse interpretazioni sulla definizione di controllo sul produttore.
Inizialmente, infatti, la Corte di Cassazione aveva aderito a una nozione particolarmente ampia del requisito del “controllo”, sino a ricomprendervi anche alcune clausole del contratto di licenza, legate unicamente alla tutela del marchio commerciale.
Il controllo sul fornitore estero, secondo tale orientamento, si realizza nelle situazioni in cui la licenziante impone alcune regole di produzione, anche se al solo fine di tutelare la qualità dei prodotti contraddistinti dal marchio oggetto di licenza o di garantire il rispetto dei codici etici.
Secondo un successivo e più recente indirizzo interpretativo espresso dalla Corte di Cassazione con sentenze 21 gennaio 2021, n. 1041, 9 ottobre 2020, n. 21775 e 16 ottobre 2020, n. 22480, al quale aderiscono da ultimo i giudici spezzini, occorre, invece, tenere distinti i concetti di controllo sul produttore, indice della condizione di vendita richiesta dalla normativa UE, dal semplice controllo sul prodotto, il quale, al contrario, non determina la daziabilità delle royalties.
Tali previsioni, in particolare, sono inserite nei contratti di licenza con l'obiettivo di assicurare che il produttore rispetti gli standard internazionali di sicurezza e di rispetto dei diritti dei lavoratori e dell'ambiente, a tutela della reputazione commerciale (c.d. codici etici).
La differenza tra i due concetti di controllo si fonda, in particolare, sulla presenza di una serie di indici oggettivi, rivelatori di un concreto potere di “controllo” e di orientamento del licenziante sui fornitori esteri.
In particolare, la Corte di Cassazione ha riconosciuto che non sussiste un controllo della licenziante sui fornitori nell'ipotesi in cui questi ultimi non siano imposti dall'impresa titolare del marchio, non siano legati a esso da un rapporto contrattuale e non siano soggetti a concrete verifiche sulla produzione, sulla logistica o sulla consegna delle merci. Analogamente, tale controllo non può ritenersi sussistente quando al licenziante non venga riconosciuto un potere di interdizione sulla produzione o sulla consegna dei beni all'importatore (Cass., sez. V, 9 ottobre 2020, n. 21775; Cass., sez. V, 5 giugno 2020, n. 10687).
In continuità con tale recente orientamento della Corte di Cassazione, la Commissione tributaria provinciale di La Spezia ha, pertanto, annullato gli atti di accertamento della Dogana, affermando l'irrilevanza del semplice controllo di qualità dei prodotti ai fini dell'inclusione delle royalties nel valore doganale.
Fonte: CTP La Spezia sentenza 28 luglio 2022, n. 230
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