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martedì 02/08/2022 • 06:00

Fisco Operazioni di scissione

Criteri alternativi per il test di vitalità di un compendio di beni

Il riporto delle posizioni fiscali soggettive nell'ambito delle scissioni deve rispettare i criteri imposti dal TUIR tra cui il test di vitalità. Nel caso di scissione di un compendio di beni non integranti un ramo d'azienda i parametri del TUIR sono però, di fatto, inapplicabili e l'Agenzia delle Entrate si esprime su criteri alternativi.

di Carlo Bertoncello - Dottore Commercialista e Partner Bertoncello BPA

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  • Tempo di lettura 1 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Con la Circolare n. 31/E del 1° agosto 2022, l'AE è tornata a trattare della riportabilità delle posizioni fiscali soggettive nell'ambito delle operazioni di scissione, con un particolare accetto a quelle scissioni in cui l'oggetto dell'operazione è un compendio di beni non aventi le caratteristiche per essere considerato come un ramo d'azienda.

Posizioni fiscali soggettive

Sembra opportuno ricordare che le posizioni fiscali sopra menzionate sono:

  • perdite fiscali;
  • interessi passivi non dedotti e rinviabili agli esercizi successivi ex art. 96, c. 4 del TUIR;
  • eccedenze relative all'ACE di cui all'art. 1, c. 4, del D.L. n. 201/2011.

Ai sensi dell'art. 173, c. 4 del TUIR, nel caso in cui le posizioni soggettive non abbiano una connessione specifica con gli elementi del patrimonio trasferiti (o insiemi di essi), qual è il caso delle posizioni sopra indicate, allora la ripartizione delle stessa tra scissa e beneficiaria avviane secondo un criterio proporzionale in base alla quota di patrimonio netto contabile trasferita.

Test per il riporto delle posizioni fiscali soggettive

Affinché sia possibile trasferire le posizioni soggettive, il successivo comma 10, dell'art. 173 del TUIR, impone il rispetto dei test previsti in ambito di fusione (art. 172, c. 7, del TUIR) e ciò, come ormai noto, al fine di contrastare le compensazioni intersoggettive nel c.d. commercio delle “bare fiscali”. E quindi:

  • il primo indicato dalla norma, che nell'applicazione pratica è di fatto verificato per secondo, è il test del patrimonio netto, in base al quale le posizioni soggettive sono riportabili nel limite del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio (o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all'art. 2501-quater, c.c.) decurtato dei conferimenti e versamenti effettuati negli ultimi 24 mesi anteriori alla data della situazione contabile di riferimento anche se fatti in ossequio a norme imperative di legge.
  • il secondo, ovvero il primo da verificare in pratica, è il c.d. test di vitalità, in base al quale è necessario verificare che dal conto economico, relativo all'esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, risulti
    • un ammontare di ricavi e proventi dell'attività caratteristica (voci A.1 e A.5 del Conto Economico, ma anche C per le holding) e
    • un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato (voce B.9.a del Conto Economico) e relativi contributi (voce B.9.b del Conto Economico),

superiore al 40% di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.

In particolare, la Circolare 9/E/2010 aveva chiarito, tra l'altro, che il test di vitalità deve essere rispettato “in ogni caso” in capo alla società scissa.

Applicazione del test di vitalità ad un compendio di beni

La Circolare 31/E/2022 in commento ribadisce dapprima che la vitalità economica (o la sua mancanza) della società scissa non viene “ereditata” in automatico da parte del patrimonio trasferito alle beneficiarie. Infatti, il test di vitalità (così come quello del patrimonio netto) deve essere effettuato sul patrimonio trasferito (che sia un ramo d'azienda oppure un compendio di beni) e non sulla scissa tutta, stante il criterio proporzionale da doversi applicare ai sensi del richiamato art. 173, c. 4, del TUIR.

In particolare, se con la scissione è trasferito un ramo d'azienda, non vi possono essere eccezioni al principio generale stabilito dal TUIR.

Invece, nel caso in cui venga trasferito un compendio di beni non costituenti un ramo d'azienda, è evidente che mancano i dati contabili necessari per l'effettuazione del test, sicché esso diventa impossibile da verificare. Per questo l'AE afferma che quanto affermato nella Circolare 9/E/2010, limitatamente al fatto che il test di vitalità è da rispettare “in ogni caso”, deve intendersi superato.

Ciò non significa che viene meno la necessità di verificare la sussistenza di una vitalità economica, quanto piuttosto che tale requisito può (e deve) essere provato mediante criteri alternativi.

Quali siano tali criteri alternativi non è specificato. Viene esemplificato solo il caso di plusvalori latenti dei beni trasferiti, come elemento idoneo ai fini in commento. D'altro canto, l'ampia varietà di casistiche che in concreto si possono riscontrare rende difficile esaminare ciascuna situazione a priori.

Onere della prova e riflessioni operative

Specifica ancora l'AE che la prova della vitalità mediante questi criteri alternativi è a carico del contribuente, pertanto, una incapacità di dimostrare la vitalità comporta inevitabilmente la perdita della riportabilità delle posizioni fiscali soggettive in capo alla beneficiaria.

Stante la genericità e la novità della posizione, seppur da accogliere con favore, è evidente come sia opportuno che il contribuente presenti istanza di interpello disapplicativo ai sensi dell'art. 11, c. 2 della L. 212/2000, come già previsto per i casi in cui si verifichi l'impossibilità di calcolare i test, senza che a ciò corrisponda in concreto una non vitalità delle società coinvolte nell'operazione straordinaria.

Sarà quindi utile attendere le risposte a tali interpelli per meglio declinare ed esemplificare la categoria dei “criteri alternativi”, al momento ancora avvolta dalla nebbia.

Fonte: Agenzia delle Entrate, circolare 1° agosto 2022 n. 31/E

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