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giovedì 28/07/2022 • 06:05

Fisco Evasione

I criteri di residenza non costituiscono più strumenti di contrasto all’esterovestizione

La Cassazione, con ordinanza n. 23225/2022, interviene su un caso di esterovestizione, chiarendo che i criteri di residenza per i soggetti IRES individuati dal TUIR servono, primariamente, a individuare la residenza e non ad accertare una finalità evasiva, ossia il perseguimento di uno specifico vantaggio fiscale.

di Andrea Carinci - Professore ordinario Università di Bologna e patrocinante in Cassazione

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  • Tempo di lettura 7 min.
  • Ascolta la news 5:03

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La Cass. 25 luglio 2022 n. 23225 si fa apprezzare per l'indubbia linearità del ragionamento portato avanti dalla Corte, quanto e soprattutto per il chiarimento del portato dell'art. 73 TUIR, norma che detta i criteri di residenza ai fini IRES.

Inquadramento del fatto

La controversia è stata portata in Cassazione dall'Agenzia delle Entrate, risultata soccombente sia in primo che in secondo grado. Nel caso oggetto del processo, si trattava della pretesa esterovestizione di una società con sede legale in Cina, il cui Cda era però composto da soggetti residenti in Italia, già amministratori della società controllante localizzata in Italia, che non si erano mai (tranne uno) recati in Cina. Inoltre, risultava che la società italiana avesse intrattenuto direttamente i rapporti con i clienti della società cinese, stabilendo il prezzo dei prodotti finiti. Il general manager cinese, in caso di problemi con i clienti e, in ogni caso, prima della conclusione degli affari, era solito consultarsi con la parte commerciale italiana, per comunicare l'offerta e chiudere la trattativa. Infine, risultava che la società cinese non avesse mai corrisposto compensi agli amministratori italiani. Nonostante questi elementi indiziari, la CTR aveva comunque dato ragione alla contribuente. Da qui il ricorso dell'Agenzia delle Entrate.

Soluzione della Suprema Corte

Chiamata a risolvere la questione, la Suprema Corte parte con una sostanziale opera di ripulitura, che rappresenta certamente il principale contributo della sentenza in commento.

Occorre evidenziare, infatti, che la più recente giurisprudenza della Suprema Corte era arrivata a valorizzare la valenza funzionale dei criteri di residenza di cui all'art. 73 TUIR. Presso la giurisprudenza di legittimità aveva, infatti, finito per prevalere una lettura finalistica di detti criteri, tale per cui «per esterovestizione si intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all'estero, in particolare in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, allo scopo, ovviamente, di sottrarsi al più gravoso regime nazionale» (Cass. 21 dicembre 2018 n. 33234, Cass. 15 marzo 2022 n. 8297, Cass. 8 marzo 2022 n. 7454). I criteri di residenza avevano così finito per assumere, sostanzialmente, una funzione anti-evasiva, di contrasto al fenomeno dell'esterovestizione. Per giungere, insomma, ad affermare che «ricorre l'ipotesi di esterovestizione allorché una società […] localizzi la propria residenza fiscale all'estero al solo fine di fruire di una legislazione tributaria più vantaggiosa (Cass., 21 giugno 2019, n. 16697)» (Cass. 8 marzo 2022 n. 7454) e, al contempo, che se non vi è «fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all'estero, in particolare in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, allo scopo, ovviamente, di sottrarsi al più gravoso regime nazionale» (Cass. 15 marzo 2022 n. 8297), non vi può essere esterovestizione.

Ebbene, con la sentenza in commento, la Suprema Corte inverte la rotta e ritorna, sostanzialmente, alle origini.

Ad avviso della Corte, infatti, non vi è necessaria coincidenza tra accertamento della residenza in Italia di una società ai sensi dell'art. 73 c. 3 TUIR ed accertamento della c.d. esterovestizione. Si tratta, invero, di concetti che possono, ma non debbono presentarsi contemporaneamente in ogni fattispecie di rilevanza transnazionale. Di conseguenza, la verifica della residenza in Italia di una società, ai sensi dell'art. 73 TUIR, non richiede necessariamente l'accertamento di una finalità evasiva ossia il perseguimento di uno specifico vantaggio fiscale, che altrimenti non le spetterebbe (cfr. anche Cass. 11 aprile 2022 n. 11709). Tutto questo serve alla Corte per giungere a chiarire che i criteri di cui all'art. 73 TUIR servono, primariamente, ad individuare la residenza ai fini della soggettività IRES. Il tema del vantaggio fiscale, dell'evasione, della localizzazione fittizia sono tutti argomenti ultronei, che possono ma non necessariamente debbono essere presi in esame. Occorre innanzitutto comprendere se un soggetto è, alla stregua dei criteri normativi, residente o meno; ciò prima e a prescindere dall'accertamento di condotte evasive/di abuso della residenza.

Sede effettiva per la Cassazione

La Corte di Cassazione va oltre e arriva a chiarire cosa si deve allora intendere per sede dell'amministrazione. Ebbene, per la Corte, per sede dell'amministrazione si deve intendere, propriamente, la sede effettiva da collocare nel luogo in cui hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell'ente e si convocano le assemblee. Nel luogo, quindi, stabilmente utilizzato per l'accentramento - nei rapporti interni e con i terzi - degli organi e degli uffici societari, in vista del compimento degli affari e dell'impulso dell'attività dell'ente (Cass. 16 giugno 1984 n. 3604, Cass. 4 ottobre 1988 n. 5359, Cass. 18 gennaio 1997 n. 497, Cass. 13 aprile 2004 n. 7037, Cass. 12 marzo 2009 n. 6021, Cass. 28 gennaio 2014 n. 2813).

Per giungere a questo risultato, interpretativo, la Corte si rifà alla giurisprudenza comunitaria ma anche alla prassi internazionale e, in particolare al Modello OCSE. Ed appare, in effetti, una soluzione corretta.

In sede Ocse è stato in effetti elaborato il criterio cd. day by day management. Il par. 24.1 del Commentario all'art. 4 Conv. OCSE contro le doppie imposizioni individua, tra gli indici sintomatici da impiegare per identificare il place of effective management, il luogo in cui si svolge l'ordinaria operatività della società. Ciò, sull'assunto che detta operatività giorno per giorno costituisca il solo criterio in grado di dimostrare la reale autonomia gestionale della società, la circostanza che la stessa è localizzata effettivamente in un dato Stato ed ivi produce reddito tassabile. Detto criterio ha l'indubbio pregio di localizzare con precisione il luogo in cui si svolge l'operatività della società, indipendentemente da criteri formali quali la residenza ovvero la nazionalità degli amministratori o, ancora, la localizzazione della società controllante, cui inevitabilmente vanno ricondotte le decisioni e le scelte strategiche dell'impresa.

Anche su quest'ultimo profilo la Corte opera un importante chiarimento perché, richiamando i propri precedenti, ricorda che non può costituire criterio unico ed esclusivo di accertamento della sede della “direzione effettiva” l'individuazione del luogo dal quale partono gli impulsi gestionali o le direttive amministrative, qualora esso s'identifichi con la sede (legale o amministrativa) della società controllante italiana. In un simile caso, resta imprescindibile verificare in quale luogo la controllata operi effettivamente e concretamente, in conformità al proprio atto costitutivo o allo statuto, sì da verificare che non si tratta di una costruzione di puro artificio.

In conclusione, si tratta di una sentenza di importante valenza nomofilattica, che dovrà essere ben considerata dai consulenti nella realizzazione di catene societarie transnazionali.

Fonte: Cass. 25 luglio 2022 n. 23225

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Secondo la previgente formulazione dell' art. 73 c. 3 TUIR  la determinazione della residenza delle persone giuridiche presupponeva la localizzazione, nel territorio dello Stato, alternativamente della sede legale, dell..

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Diego Avolio

- Dottore commercialista (Studio di Consulenza Giuridico-Tributaria - S.C.G.T), LL.M.

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