sabato 23/07/2022 • 06:00
La Suprema Corte, con la recente ordinanza n. 21794, ha considerato fuori campo IVA l’attività di vendita dei certificati di deposito con applicazione di una commissione estremamente bassa, con conseguente necessaria esclusione di tali operazioni dal calcolo del pro-rata di detrazione.
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È fuori campo IVA l'attività di cessione di certificati di deposito svolta da una società bancaria nei confronti della propria controllante extra-UE quando la commissione pattuita risulta estremamente bassa (rectius, simbolica). Infatti, tale circostanza esclude, da un lato, la natura commerciale dell'attività e, dall'altro lato, l'esistenza di quel nesso di corrispettività necessario affinché la prestazione di servizi resa possa assumere natura onerosa. Pertanto, questo tipo di attività non rileva comunque ai fini dal calcolo del pro-rata di detrazione IVA.
Questa è la conclusione raggiunta dalla Suprema Corte con la Cass. 11 luglio 2022 n. 21794, la quale, inserendosi nel solco di quando già stabilito in precedenti decisioni passate in giudicato tra le parti (cfr. Cass. 2 ottobre 2020 n. 21109 e Cass. 2 ottobre 2020 n. 21110), offre importanti spunti di riflessione sul tema della corretta perimetrazione dell'ambito di applicazione dell'IVA, anche in relazione all'istituto dell'abuso di diritto.
Controversia oggetto della decisione
Un istituto bancario italiano aveva sottoscritto alcuni certificati di deposito emessi sul mercato londinese che aveva poi rivenduto nello
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