E’ da ritenersi debitore ai fini IVA il destinatario della cessione solo se la fattura si riferiva ad un’operazione di inversione contabile realizzata a favore del destinatario stesso. La semplice indicazione “Operazione triangolare intracomunitaria esente” non sarà sufficiente al riguardo. Infatti è necessario che la fattura contenga l’espressa indicazione del “reverse charge” e sia ricevuta dal destinatario. Tale documento contabile potrà essere emesso anche in un momento successivo, ma avrà in tal caso efficacia ex nunc.
Diritto applicabile
Anzitutto occorre brevemente riprendere le norme operanti nella vicenda in esame, scindendole tra normativa UE, ossia la Direttiva IVA 2006/112 agli artt. 40, 41, 42, 141, 197, 219 bis pp. 11 e 11 bis, e la legge federale relativa all’imposta sulla cifra d’affari austriaca.
Normativa nazionale austriaca
L’art. 25 della legge federale relativa alla cifra d’affari stabilisce che sussiste un’operazione triangolare nel caso in cui tre imprenditori, in tre diversi Stati membri, concludano operazioni aventi ad oggetto uno stesso bene messo a disposizione dell’ultimo destinatario direttamente dal primo fornitore. Quanto alla disciplina dell’emissione della fattura da parte dell’acquirente, si dovrà far riferimento alle disposizione dello Stato membro dal quale l’acquirente gestisce la propria impresa. Qualora il destinatario della cessione, su cui si trasferisce l’onere dell’imposta, emette nota di accredito, l’emissione della fattura è disciplinata dalle disposizioni dello Stato membro in cui è effettuata la cessione. E’ bene sottolineare come per la normativa austriaca, la fattura debba contenere determinate informazioni, quali:
l’esplicito riferimento ad un’operazione triangolare intra-UE e all’obbligo d’imposta del destinatario finale;
il numero di identificazione IVA con cui l’imprenditore (acquirente) ha effettuato l’acquisto intra-UE e la successiva cessione dei beni;
il numero identificativo IVA del destinatario della cessione.
Quanto al debitore d’imposta, è previsto che se la fattura sia emessa dall’acquirente, l’IVA dovrà essere corrisposta dal destinatario della cessione imponibile.
Infine vengono ripresi gli obblighi dell’acquirente e quelli del destinatario, nonché il luogo di acquisto intra-UE. Anzitutto l’acquirente dovrà inserire nell’elenco riepilogativo, ai fini dell’adempimento del proprio obbligo dichiarativo:
numero identificativo IVA con cui ha effettuato l’acquisto e quello del destinatario della cessione operata dall’imprenditore;
l’importo dei corrispettivi delle cessioni effettuate in tal modo dall’imprenditore nello Stato membro di destinazione dei beni spediti o trasportati.
Infine, l’acquisto intra-UE si considera effettuato nel territorio dello Stato membro ove il bene si trova al termine della spedizione o del trasporto. Se l’acquirente utilizza nei confronti del fornitore un numero identificativo IVA assegnatogli da altro Stato membro, l’acquisto si considera effettuato nel territorio di detto Stato membro sino a quando l’acquirente non provi l’assoggettamento a imposizione dell’acquisto nello Stato membro previsto.
Vicenda di causa
Una società austriaca, operante nel settore dell’intermediazione e vendita transfrontaliera di auto di lusso, acquistava dei veicoli da un fornitore residente nel Regno Unito, rivendendoli poi ad un’impresa con sede in Repubblica Ceca. Ciascuno dei tre imprenditori coinvolti adoperava il numero di identificazione IVA del rispettivo Stato di residenza. I veicoli erano consegnati direttamente dal fornitore sito nel Regno Unito al destinatario in Repubblica Ceca, con trasporto organizzato dall’intermediaria austriaca. Nelle fatture emesse erano indicati i numeri identificativi IVA di tutte e tre le società ed era riportata la dicitura “Operazione triangolare intracomunitaria esente”. L’Agenzia delle entrate austriaca accertava l’IVA a carico dell’intermediaria sostenendo che le tre fatture emesse da questa verso la destinataria Ceca non menzionavano la traslazione dell’obbligo di imposta, sussistendo così un’operazione triangolare incompiuta, non sanabile a posteriori. Addirittura, come appurato dal tribunale di primo grado, la ricorrente avrebbe rettificato le tre fatture con varie note, indicando la traslazione dell’obbligo di imposta in capo al destinatario della cessione.
Ecco che le questioni pregiudiziali finite sul tavolo della CGUE riguardavano:
se l’art. 42, lett. a), della Direttiva 2006/112/CE, in combinato disposto con l’art. 197, par. 1, lett. c), debba essere interpretato nel senso che sussista una designazione del destinatario quale debitore dell’imposta anche nel caso in cui la fattura, nella quale non è esposto l’importo dell’IVA, rechi la dicitura “operazione triangolare intracomunitaria esente”;
in caso di risposta negativa, se un’indicazione di tal genere nella fattura possa essere validamente rettificata a posteriori; se sia necessario, ai fini della rettifica, che la fattura (rettificata) venga poi trasmessa al destinatario; se la rettifica avesse valore retroattivo, ossia al momento della fatturazione iniziale;
se l’art. 219 bis della Direttiva IVA 2006/112 vada interpretato nel senso che trovino applicazione le norme dello Stato membro in materia di fatturazione che si applicherebbero qualora nella fattura non figuri la designazione di un acquirente come debitore dell’imposta oppure se vadano applicate le norme dello Stato membro che si applicherebbero qualora si consideri valida la designazione dell’acquirente come debitore d’imposta.
Sulle questioni pregiudiziali
Le questioni sottoposte alla corte sono articolate in tre punti.
Operazione a catena
E’ fuori discussione che sussista una operazione a catena, ove la cessione effettuata dal fornitore britannico costituisce la cessione con trasporto. La ricorrente ha fatto sì che nella Repubblica ceca si realizzasse un acquisto intra-UE, successivamente ha ivi avuto luogo una cessione senza trasporto. Ecco che l’oggetto del procedimento riguarda l’imposizione operata in Austria, ossia l’ulteriore imposizione di un acquisto intracomunitario (fittizio) per effetto dell’utilizzazione del codice IVA austriaco. Fermo restando che l’acquisto intra-UE è soggetto ad imposta se l’acquirente dimostri l’esistenza di un’operazione triangolare e l’ottemperanza all’obbligo dichiarativo (circostanza pacifica che la ricorrente non ha ottemperato a detto obbligo), tale acquisto sarà esente da IVA, solo qualora l’imposta sia dovuta dal destinatario. Ciò richiede poi che la fattura sia emessa dall’acquirente, in aderenza ai requisiti previsti dalla normativa nazionale, ossia l’esplicito riferimento alla sussistenza di un’operazione triangolare intra-UE e l’obbligo d’imposta del destinatario finale. Condizione che non è stata soddisfatta nelle fatture emesse dalla ricorrente in quanto, pur menzionando l’operazione triangolare, esse non indicano la traslazione dell’obbligo d’imposta sul destinatario finale. Cosicché non si realizzerebbe la fictio dell’imponibilità dell’acquisto intra-UE in Austria.
Si possono rettificare le indicazioni contenute nella fattura?
Richiamando la vicenda Hans Bühler (CGUE, C-580/16), la Corte aveva dichiarato che mentre l’art. 42, lett. a), della Direttiva 2006/112 specificherebbe la condizione sostanziale richiesta affinché un acquisto come quello oggetto del procedimento principale possa considerarsi soggetto ad IVA ai sensi dell’art. 40, la lett. b) dell’art. 42 preciserebbe le modalità con cui dev’essere dimostrata l’imponibilità dell’operazione nello Stato membro di destinazione: tali ultime modalità sarebbero da considerarsi formali. Una delle condizioni sostanziali invece previste dall’art. 42, lett. a) è proprio che il destinatario sia stato indicato quale debitore d’imposta ex art. 197 della Direttiva. Invece, nell’ambito della detrazione dell’IVA a monte, le fatture devono essere considerate quali requisiti formali. In via generale, le fatture possono rettificarsi, ma quando ciò avvenga, la rettifica produce effetti retroattivi relativamente all’anno in cui la fattura è stata inizialmente emessa (CGUE, Senatex, C-518/14). Se l’IVA sia stata erroneamente indicata in fattura, la rettifica potrà essere operata qualora l’emittente dimostri la propria buona fede ovvero abbia tempestivamente e completamente eliminato il rischio di perdita di gettito fiscale (CGUE, SC Terracult, C-835/18). La questione che si pone è se una possibilità di rettifica del genere sussista anche con riguardo ad un requisito sostanziale.
Qui è stato precisato che l’applicazione del regime relativo alle operazioni triangolari non risulti vincolante: i soggetti passivi possono anche optare di non avvalersi della misura di semplificazione (Concl. Avv. Generale causa C-580/16). Quindi una rettifica della fattura non costituirebbe una misura formale ma implicherebbe l’applicazione di regimi diversi (operazione triangolare agevolata invece di quella a catena).
Quanto poi all’indicazione della dicitura inversione contabile all’interno della fattura, risulterà quale condizione necessaria per un’operazione intracomunitaria e solo in base a tale riferimento il destinatario della prestazione saprà di essere debitore d’imposta. Quindi solo con tale riferimento il Fisco potrà verificare l’applicazione del regime di semplificazione e che il fornitore potrà evitare di doversi registrare nel paese di destinazione.
Cosicché, a parere dell’Avvocato Generale, una fattura che contiene l’indicazione “reverse charge” può essere emessa successivamente, ma solo con effetto ex nunc. Sarà necessario che tale documento sia poi ricevuto dal destinatario.
Emissione della fattura e disciplina
Partendo dall’art. 219 bis, p. 2, della Direttiva IVA 2006/112, la fatturazione è soggetta, a talune condizioni, al diritto nazionale (in tal caso austriaco), avendo la ricorrente, in qualità di fornitore, propria sede in Austria e non essendo residente in Repubblica Ceca. A tal fine, dovrebbe ricorre anche la condizione che l’IVA sia dovuta dall’acquirente. In tale contesto è stato precisato che per acquirente non si intende quello previsto dalla normativa nazionale austriaca, ossia la parte interposta (intermediario) nell’operazione triangolare) bensì il destinatario della prestazione.
Assumendo così come valida la designazione della destinataria quale debitore d’imposta, l’emissione della fattura (secondo l’art. 219 bis, p. 1, della Direttiva 2006/112/CE), dovrebbe essere esaminata in base al diritto nazionale austriaco secondo cui il contenuto della fattura non sarebbe peraltro conforme alle condizioni relative alla designazione della destinataria quale debitore dell’imposta.
Passando poi all’art. 226., par. 11 bis, Direttiva IVA 2006/112 risulta che quando il cliente sia tenuto al pagamento dell’IVA è richiesta la dicitura “Reverse charge”. Per l’Avvocato Generale la dicitura “reverse charge” sulla fattura è un requisito fondamentale per poter beneficiare della triangolazione semplificata.
Conclusioni finali dell’Avvocato Generale
L’articolata e quanto mai spinosa vicenda affrontata, ha portato l’Avvocato Generale ha ritenere che:
Il destinatario della cessione sia da ritenersi debitore dell’IVA ex art. 197 Direttiva 2006/112 solo se la fattura si riferiva ad un’operazione di reverse charge al destinatario della fattura. La dicitura “operazione triangolare intracomunitaria esente” non è sufficiente al riguardo.
Una fattura contenente la prescritta indicazione “reverse charge” potrà comunque essere emessa successivamente, ma solo con effetto ex nunc. Al riguardo è necessario che tale fattura sia ricevuta dal destinatario.
FONTE: Conclusioni Avvocato Generale Causa C-247/21