giovedì 14/07/2022 • 13:34
L’Agenzia delle Entrate si esprime circa l’imponibilità fiscale di un’indennità “una tantum” erogata da un’azienda a tutti i propri dipendenti e derivante dai risparmi ottenuti grazie alla mancata erogazione, nel 2020, dei buoni pasto.
redazione Memento
Un'azienda decide di erogare, indistintamente a tutti i propri dipendenti, un'indennità economica “una tantum” che trova la propria fonte nei risparmi ottenuti grazie alla mancata erogazione dei buoni pasto nel 2020, a causa della pandemia da COVID-19. Questa possibilità è espressamente prevista dalla Legge di Bilancio 2021 (art. 1, c. 870, L. 178/2020): le prestazioni di lavoro straordinario del personale civile delle amministrazioni pubbliche non utilizzate nel corso del 2020, nonché i risparmi derivanti dai buoni pasto non erogati, previa certificazione da parte dei competenti organi di controllo, possono finanziare nel 2021, nell'ambito della contrattazione integrativa, i trattamenti economici accessori correlati alla performance e alle condizioni di lavoro o agli istituti del welfare integrativo. La società, pertanto, sottoscrive con le OOSS firmatarie del CCNL applicato in azienda un accordo integrativo che disciplina le modalità di erogazione del contributo, utilizzato per finanziare gli istituti del welfare integrativo. Poiché il contributo è finanziato con «risparmi derivanti dalla mancata erogazione dei buoni pasto che, per definizione, non hanno natura retributiva», l'azienda ritiene che tale contributo possa essere escluso dalla base imponibile dei dipendenti. La soluzione delle Entrate Normalmente, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, tra l'altro, «le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all'importo complessivo giornaliero di € 4, aumentato a € 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica», tra cui i buoni pasto (art. 51, c. 2, lett. c TUIR). Tuttavia, il contributo una tantum in esame, pur derivando dal risparmio dei buoni pasto non erogati nel 2020, non conserva la natura di buono pasto e, di conseguenza, è imponibile ai fini fiscali. In aggiunta, il contributo in denaro in esame non è riconducibile ad alcuna ipotesi di esclusione dal reddito di lavoro dipendente prevista per le iniziative di welfare né alle altre ipotesi di esclusione specificamente previste. Il contributo, al pari delle altre elargizioni in denaro percepite dai dipendenti in relazione al rapporto di lavoro, deve concorrere, pertanto, alla formazione del reddito di lavoro dipendente. Fonte: Risp. AE 14 luglio 2022 n. 377
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