mercoledì 13/07/2022 • 12:25
L'Agenzia delle Entrate si è espressa sui profili abusivi di un'operazione di riorganizzazione aziendale complessa costituita dall'acquisizione del controllo societario e seguita dalla costituzione di una nuova società e dal trasferimento del controllo di quest'ultima tramite patto di famiglia.
redazione Memento
Non costituisce un abuso l'operazione di riassetto societario caratterizzata in ordine da: 1) cessione da parte della comunione ereditaria dell'1% della partecipazione nella società, per far acquisire all'istante il 51% della propria quota di partecipazione e, dunque, il controllo (art. 2359 c. 1 n. 1 c.c.); 2) costituzione da parte dell'istante di una nuova società interamente posseduta dallo stesso, in cui sarà conferito il 51% delle azioni della società; 3) trasferimento del controllo della nuova società alla propria figlia (devoluzione del 51%), mediante patto di famiglia (art. 768-bis c.c.), per realizzare il passaggio generazionale. Si ricorda che affinché un'operazione possa essere considerata abusiva l'Amministrazione finanziaria deve identificare e provare il congiunto verificarsi dei seguenti tre presupposti (art. 10 bis L. 212/2000): a) la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito, costituito da benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario; b) l'assenza di sostanza economica delle operazioni poste in essere consistenti in fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali; c) l'essenzialità del conseguimento di un vantaggio fiscale. La sopra descritta operazione appare diretta a perseguire una più efficiente governance dell'azienda di famiglia, seppure mediante una holding unipersonale appositamente costituita dall'istante attraverso il conferimento della quota di maggioranza detenuta nella azienda stessa, e costituisce una valida ragione economica che giustifica il vantaggio fiscale derivante dalla valutazione di azioni e quote in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento (art. 177 c. 2 DPR 917/86) in luogo del valore normale (art. 9 DPR 917/86). Quanto detto non delinea un regime di neutralità fiscale delle operazioni di conferimento, ma definisce un criterio di valutazione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento (che rimane realizzativo) ai fini della determinazione del reddito del soggetto conferente (c.d. regime a realizzo controllato) (Circ. AE 17 giugno 2010 n. 33/E). I riflessi reddituali dell'operazione di conferimento in capo al soggetto conferente sono strettamente collegati al comportamento contabile adottato dalla società conferitaria e applicando tale criterio può, pertanto, non emergere alcuna plusvalenza se il valore di iscrizione delle partecipazioni conferite e, l'incremento di patrimonio netto effettuato dalla società conferitaria risulta pari all'ultimo valore fiscale presso il soggetto conferente delle partecipazioni stesse. Fonte: Risp. AE 13 luglio 2022 n. 374
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