martedì 12/07/2022 • 05:55
Pubblicati dall’INPS i dati del XXI Rapporto Annuale dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, riferito all’anno 2021. Emerge una fotografia di un paese sempre più polarizzato, con stipendi sempre più bassi.
redazione Memento
«La distribuzione dei redditi all’interno del lavoro dipendente si è ulteriormente polarizzata, con una quota crescente di lavoratori che percepiscono un reddito da lavoro inferiore alla soglia di fruizione del Reddito di Cittadinanza»: per la precisione, il 23% dei lavoratori guadagna meno di 780 euro/mese. «Il ricorso alla CIG è stato ancora rilevante (nel 2021 3 milioni di beneficiari per un importo di circa 10 miliardi) e le giornate di malattia hanno segnato il culmine a gennaio 2022 (quasi 30 milioni di giornate, riferite a più di 3 milioni di lavoratori assenti per infezione o quarantena)». Dal punto di vista dell’occupazione, «a partire da gennaio 2021 la ripresa occupazionale si è dispiegata in parallelo con la fuoriuscita dall’emergenza sanitaria, consentendo il ritorno a valori vicini ai massimi storici registrati prima del COVID-19. Il tasso di occupazione ha quasi raggiunto il 60%, il valore più alto registrato da sempre, eppur ancora lontano dall’obiettivo europeo del 70%». Sono alcune delle criticità fotografate dall’INPS nel suo rapporto annuale (XXI Rapporto Annuale dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, riferito all’anno 2021); l’istituto evidenzia che, di fronte a queste problematiche, «l’1% dei lavoratori meglio retribuiti ha visto un ulteriore aumento di un punto percentuale della loro quota sulla massa retributiva complessiva». Cioè, chi stava peggio continua la sua parabola discendente mentre chi stava meglio ha ulteriormente rafforzato la sua posizione. «La crisi ha lasciato strappi vistosi nella distribuzione dei redditi lavorativi – ha commentato il presidente INPS Pasquale Tridico – Se si considerano i valori soglia del primo e dell’ultimo decile nella distribuzione delle retribuzioni dei dipendenti a tempo pieno e pienamente occupati, per operai e impiegati (escludendo dirigenti, quadri e apprendisti), emerge che il 10% dei dipendenti a tempo pieno di tale insieme guadagna meno di 1.495 euro, il 50% meno di 2.058 euro e solo il 10% ha livelli retributivi superiori a 3.399 euro lordi. La retribuzione media delle donne nel 2021 risulta pari a 20.415 euro, sostanzialmente invariata rispetto agli anni precedenti e inferiore del 25% rispetto alla corrispondente media maschile. Tuttavia, l’Istituto mette in evidenza che vi sono anche segnali di una ripresa positiva; ad esempio, nel 2021 si registrano più persone sul mercato del lavoro rispetto al 2020. Ci sono dunque segnali di ripresa, tanto da poter «affermare che la pandemia da COVID-19 ha rappresentato uno shock negativo temporaneo, che il sistema produttivo del Paese è stato in grado di assorbire grazie anche all’enorme intervento pubblico sui due versanti di sostegno alle imprese e di sostegno alle famiglie». Resteranno da superare le sempre più evidenti diseguaglianze reddituali che la pandemia non ha fatto altro che accentuare. FONTE: XXI Rapporto Annuale dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
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