venerdì 01/07/2022 • 06:00
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 162 del 30 giugno 2022, è intervenuta sul cumulo tra pensione di reversibilità e ulteriori redditi, precisando che la pensione di reversibilità non può essere decurtata di un importo superiore all’ammontare complessivo dei redditi aggiuntivi.
redazione Memento
Accogliendo una questione sollevata dalla Corte dei conti del Lazio, la Corte Costituzionale ha emesso un’importante pronuncia in tema di cumulo tra pensione di reversibilità e redditi aggiuntivi del beneficiario. Il caso di specie La fattispecie riguarda la titolare di un trattamento di reversibilità che, avendo goduto del cumulo tra detto trattamento e i propri redditi aggiuntivi maturati nelle annualità 2015 e 2016, si è vista applicare decurtazioni della pensione in misura superiore a detti redditi. La decurtazione è stata effettuata dall’INPS sulla base del terzo e quarto periodo del comma 41 dell’art. 1 L. 355/95 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), che impongono di calcolare le decurtazioni secondo i parametri indicati nella connessa Tabella F. Tuttavia, la pedissequa applicazione delle menzionate norme ha comportato che, per l’annualità 2015, a fronte di un reddito aggiuntivo pari a euro 30.106, sono state applicate decurtazioni non inferiori a 43.174,43 euro, con eccedenza negativa pari ad euro 13.000 circa; per l’annualità 2016, a fronte di un reddito aggiuntivo pari ad euro 30.646, sono state applicate correlative decurtazioni per 47.638,02 euro, con eccedenza negativa pari ad euro 17.000 circa. La questione di legittimità costituzionale Chiamati a pronunciarsi sul ricorso presentato dalla titolare della pensione di reversibilità nei confronti dell’INPS, i giudici contabili hanno sollevato, in riferimento all’art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale del combinato disposto delle norme applicate e della connessa Tabella F, nella parte in cui prevede che la decurtazione effettiva della pensione ai superstiti, il cui beneficiario possieda redditi aggiuntivi, possa eccedere l’ammontare complessivo di tali redditi. La decisione della Consulta La Corte Costituzionale ha ritenuto fondata la questione sollevata, riconoscendo l’irragionevolezza della disciplina introdotta dal legislatore del 1995 nella parte in cui consente all’INPS di applicare decurtazioni del trattamento di reversibilità in misura superiore ai redditi aggiuntivi goduti dal beneficiario nell’anno di riferimento. Una situazione che, come rilevato dalla Corte, si pone in contrasto con la finalità solidaristica sottesa all’istituto della reversibilità, volta a valorizzare il legame familiare che univa, in vita, il titolare della pensione con chi, alla sua morte, ha beneficiato del trattamento di reversibilità. Quel legame familiare, anziché favorire il superstite, finisce paradossalmente per nuocergli, privandolo di una somma che travalica i propri redditi personali. Sulla scorta di tali motivazioni, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme censurate nella parte in cui, in caso di cumulo tra il trattamento pensionistico ai superstiti e i redditi aggiuntivi del beneficiario, non prevedono che la decurtazione effettiva della pensione non possa essere operata in misura superiore alla concorrenza dei redditi stessi. Fonte: C. Cost. 30 giugno 2022 n. 162
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