giovedì 30/06/2022 • 16:44
Se un soggetto passivo non aveva né chiesto e neppure ottenuto d’ufficio, prima del realizzarsi delle operazioni imponibili, l’identificazione IVA, non potrà applicare il reverse charge. A queste conclusioni è giunta la Corte di Giustizia (DGRFP Bucureşti, C-146/21), con la sentenza del 30 giugno 2022.
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La questione pregiudiziale sottoposta alla CGUE ruota attorno al fatto se la Dir. 2006/112/CE ed il principio di neutralità ostino ad una normativa nazionale secondo cui il meccanismo dell'inversione contabile (c.d. reverse charge) non sia applicabile ad un soggetto passivo che non aveva né chiesto né ottenuto d'ufficio, prima della realizzazione delle operazioni imponibili, la sua identificazione ai fini dell'IVA.
Fatti di causa
Per meglio comprendere la vicenda, occorre riassumere brevemente i fatti di causa che riguardano un soggetto rumeno, i cui diversi terreni boschivi di proprietà venivano sfruttati sulla base di un contratto di vendita di legname “in piedi” concluso con diverse altre società. In seguito ad un accertamento tributario, veniva constatato dall'Ufficio che il fatturato della contribuente, relativo alla vendita di legname, per un certo periodo di tempo, aveva superato la soglia massima speciale di esenzione per le piccole imprese, dovendosi così registrare ai fini IVA entro un determinato termine. A causa dell'omessa registrazione, l'Amministrazione finanziaria da un lato ricalcolava a ritroso l'IVA dovuta, basandosi sul fatto che il prezzo di vendita contenesse anche l'IVA e dall'altro imponeva la registrazione ai fini IVA, con obbligo di presentazione della dichiarazione.
L'avviso di accertamento veniva opposto dalla contribuente che riteneva l'assoggettabilità delle vendite di legname “in piedi” al meccanismo del reverse charge, applicazione che non è subordinata all'esistenza della partita IVA del fornitore, considerato che il tal senso sia essenziale come entrambe le parti risultino soggetti passivi, a prescindere dal fatto che si siano conformate o meno all'obbligo di registrazione ai fini IVA. L'opposizione venne respinta con la motivazione che per l'applicazione dell'inversione contabile era obbligatorio che sia il fornitore che il beneficiario si registrassero ai fini IVA.
Di diverso avviso, il Giudice adito accolse le ragioni della contribuente, annullando così l'accertamento. L'Amministrazione finanziaria impugnava così la decisione innanzi alla Corte di appello che in prima battuta riteneva che se il soggetto si fosse identificato ai fini IVA, sarebbe stato assoggettato al meccanismo dell'inversione contabile, in ragione della deroga al sistema di riscossione dell'IVA ex art. 193 Dir. 2006/112/CE, concessa alla Romania (Dec. 2010/583 e 2013/676). A tale titolo la contribuente non sarebbe stata debitrice dell'IVA per le vendite, siccome l'imposta, in base al reverse charge era dovuta dagli acquirenti soggetti passivi.
Addirittura, a parere del giudice di merito, l'identificazione ai fini IVA costituirebbe un mero requisito formale ai fini della detrazione (Dobre, C-159/17), non costituendo altresì condizione sostanziale ostacolante l'esercizio di tale diritto. Inoltre, negare ad una persona l'applicazione del reverse charge avrebbe anche come conseguenza che gli acquirenti del legname non potrebbero detrarre l'IVA siccome tale imposta non sarebbe stata correttamente fatturata al momento del fatto generatore. Quindi il giudice rumeno decide di sospendere la vicenda, rimettendo gli atti alla Corte di Giustizia.
Reverse charge
Il meccanismo dell'inversione contabile costituisce un'eccezione al principio sancito dall'art. 193 Dir. 2006/112/CE secondo cui l'IVA sia dovuta dal soggetto passivo che effettui una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, interpretandosi in termini restrittivi (CGUE, Human Operator, C-434/17). In seguito a tale procedura, non si verificherà alcun versamento dell'IVA tra il fornitore e l'acquirente dei beni, siccome quest'ultimo è debitore, per le operazioni effettuate, dell'IVA a monte, pur potendo detrarre l'imposta (se è soggetto passivo). In tal caso nulla sarà dovuto all'Amministrazione finanziaria (CGUE, Farkas, C-564/15).
Diritto a detrazione: tra obblighi formali e sostanziali
Il diritto alla detrazione IVA, in ragione del principio di neutralità dell'imposta, non può essere messo in discussione né dall'identificazione ai fini IVA del soggetto (art. 214 Dir. 2006/112/CE) e nemmeno dall'obbligo per il soggetto passivo di dichiarare l'inizio dell'attività, in quanto meri requisiti formali. A condizione però che i requisiti di carattere sostanziale, che fanno sorgere il diritto alla detrazione, siano soddisfatti (CGUE, Promexor Trade, C-358/20).
Cosicché non si potrà impedire ad un soggetto passivo di esercitare il proprio diritto alla detrazione con la motivazione che lo stesso non si sarebbe registrato ai fini IVA prima di utilizzare i beni acquisiti nell'ambito della sua attività imponibile.
Deriva appunto dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia che si debba osservare il principio fondamentale di neutralità fiscale, esigendo che la detrazione dell'IVA a monte possa essere operata dal soggetto passivo qualora i requisiti sostanziali di una siffatta detrazione siano soddisfatti, persino qualora taluni obblighi formali siano disattesi dal soggetto passivo.
Appunto, il diritto a detrazione del beneficiario della cessione deve, allo stesso modo, essere rispettato, in linea di principio, sia nell'ambito del meccanismo dell'inversione contabile sia nel sistema comune dell'IVA. Su tale diritto non incide appunto il diniego opposto al prestatore di assoggettare una cessione al meccanismo dell'inversione contabile. Infatti, un'errata fatturazione dell'IVA al momento del fatto generatore, qualora sia stata emessa senza includere l'IVA, non potrà essere sufficiente ad impedire al soggetto passivo di beneficiare della detrazione IVA (CGUE, Volkswagen, C-533/16).
Il diniego di applicazione del meccanismo del reverse charge non potrà pregiudicare né il diritto a detrazione dell'IVA a monte da parte del beneficiario della prestazione e neppure il principio di neutralità fiscale.
Decisione della Corte
Qui la Corte ha dovuto tener conto dell'influenza del diritto nazionale (diritto rumeno), in particolare in seguito alle Dec. 2010/583 e 2013/676 è stato consentito alla Romania di derogare al principio di imposizione ex art. 193 Dir. 2006/112/CE, designando come debitore dell'imposta il soggetto passivo destinatario della cessione dei prodotti del legno. In base alla normativa nazionale, il meccanismo dell'inversione contabile risultava subordinato alla condizione che i soggetti passivi interessati fossero identificati ai fini IVA prima della realizzazione delle operazioni imponibili. Tale previsione è stata dettata per fronteggiare i numerosi casi di evasione fiscale che si concretizzavano proprio nel settore del mercato rumeno del legname. Grazie all'identificazione ai fini IVA si attuerebbe, secondo il governo rumeno, un controllo efficace del rispetto degli obblighi tributari e l'esatta riscossione dell'IVA.
Proprio tale limitazione prevista dalla normativa nazionale, ossia di assoggettare l'applicazione del reverse charge alla condizione che i soggetti passivi siano previamente registrati ai fini IVA, ha l'effetto di circoscrivere la portata dell'eccezione (reverse charge) al principio previsto dall'art. 193 Dir. 2006/112/CE.
Quanto al criterio che giustifica la limitazione dell'applicazione dell'inversione contabile, la Corte ha rilevato che esso sia di tipo oggettivo siccome è la norma nazionale che obbliga indistintamente tutti i soggetti passivi, venditori o acquirenti, coinvolti in una cessione di prodotti lignei, ad identificarsi ai fini IVA. Lo scopo di tale limitazione è sia la certezza del diritto quanto la chiarezza giuridica.
Ecco che il beneficiario di una cessione di beni sarà debitore dell'IVA se l'operazione sia assoggettata a tale imposta, il che dipende, in particolare dal volume di affari del fornitore che può beneficiare del regime speciale di esenzione previsto dalla normativa rumena relativa alle piccole imprese.
Quindi, l'imposizione ai soggetti passivi di una condizione di identificazione ai fini IVA, consentirebbe al beneficiario dell'operazione imponibile di disporre di un criterio più accessibile per conoscere, in modo esatto, la portata dei suoi obblighi fiscali, giacché, il diritto rumeno esclude dall'obbligo di identificazione ai fini IVA i soggetti passivi che beneficiano della franchigia applicabile alle piccole imprese e che non compiono operazioni che diano diritto alla detrazione.
Conclude la Corte ritenendo che la differenza di trattamento sia proporzionata allo scopo perseguito dalla normativa nazionale siccome da un lato l'identificazione ai fini IVA deriva dal diritto UE (art. 214 Dir. 2006/112/CE) e dall'altro il diritto a detrazione dei soggetti passivi interessati non è, in linea di principio, rimesso in discussione.
In conclusione, per la CGUE sia la Dir. 2006/112/CE e sia il principio di neutralità fiscale non ostano ad una normativa nazionale in base a cui il meccanismo del reverse charge non si possa applicare ad un soggetto passivo che non aveva né chiesto e neppure ottenuto d'ufficio, prima della realizzazione delle operazioni imponibili, la sua identificazione ai fini IVA.
Brevi considerazioni finali
La Corte di Giustizia, affrontando una questione ben pregnata dal diritto nazionale, ha ritenuto quindi non applicabile il meccanismo particolare del reverse charge se il soggetto passivo non si era né identificato ab origine ai fini IVA e neppure l'aveva ottenuta d'ufficio, prima di realizzare le operazioni imponibili. Qui è peculiare la vicenda propria della Romania ove essa prevede, in via speciale, che vi sia un'identificazione ai fini IVA dei soggetti operanti nel settore della vendita del legname siccome è un uno dei rami in cui si verificano maggiormente le frodi. Di conseguenza, la limitazione conseguente del meccanismo dell'inversione contabile, ad una previa identificazione ai fini IVA, è ben legittima in quanto basata su criteri oggettivi: obbligatoria identificazione ai fini IVA a tutti coloro che operano in tale settore. Pena, l'inapplicabilità di tale regime.
Fonte: C.Giust. UE 30 giugno 2022 C-146/21
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