giovedì 30/06/2022 • 16:01
Per l’Agenzia delle Entrate i servizi di accesso virtuale agli eventi ricadono nell’ambito di applicazione dell’art. 7-quinquies DPR 633/72 e, come tali, sono tassati in ogni caso nel luogo in cui si svolge fisicamente l’evento. Tale conclusione presta il fianco a qualche dubbio di compatibilità comunitaria.
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Non possono essere qualificati servizi generici ex art. 7-ter DPR 633/72, né servizi resi tramite mezzi elettronici di cui all'art. 7-octies DPR 633/72, i servizi di accesso virtuale a manifestazioni culturali, artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative o affini, quali fiere ed esposizioni, in quanto la modalità di fruizione del servizio non permette di modificarne la natura. Tali servizi, e le relative prestazioni accessorie, rientrano invece a pieno titolo tra i servizi di accesso ad eventi disciplinati dall'art. 7-quinquies DPR 633/72 e, pertanto, si considerano effettuati nel territorio dello Stato in cui essi sono materialmente svolti.
Questa è la conclusione raggiunta dall'Agenzia delle Entrate nella recente Risp. AE 28 giugno 2022 n. 353, con una argomentazione che, seppur in continuità con la prassi in materia di visite guidate museali “a distanza” dal vivo (cfr. Risp. AE 3 gennaio 2022 n. 1), potrebbe risultare non del tutto coerente con un'interpretazione comunitariamente orientata delle norme in materia di territorialità IVA. E ciò perché i riferimenti alla giurisprudenza della Corte di Giustizia (cfr. C.Giust. UE 13 marzo 2019 C-647/17) contenuti nella recente risposta appaiono fuorvianti e non del tutto conferenti al caso di specie.
Il caso oggetto di interpello, la soluzione prospettata dal contribuente e la risposta dell'Agenzia
La risposta in commento origina da un quesito presentato da un'associazione senza scopo di lucro estera, né identificata, né stabilita ai fini IVA in Italia, che organizza eventi di tipo medico-scientifico a carattere internazionale.
Nell'ambito di detta attività, l'associazione segnalava la propria intenzione di organizzare un evento in Italia, strutturato in sessioni seminariali, a cui avrebbero potuto partecipare sia soggetti passivi, sia privati consumatori, provenienti da tutto il mondo. La partecipazione poteva avvenire tramite accesso fisico o, in alternativa, tramite accesso virtuale. Quest'ultimo avrebbe consentito comunque ai partecipanti di seguire le sessioni seminariali in diretta e di interagire con i relatori.
L'associazione riteneva che, limitatamente ai servizi di accesso virtuale, questi potessero essere qualificati ai fini IVA come servizi generici ex art. 7-ter DPR 633/1972, territorialmente irrilevanti in Italia, indipendentemente dalla natura B2B o B2C dell'operazione. A parere del contribuente, infatti:
- da un lato non avrebbe potuto applicarsi l'art.7-quinquies DPR 633/72 sul trattamento IVA dei servizi di accesso ad eventi scientifici, in quanto il concetto di accesso è necessariamente connesso ad una fruizione tangibile dell'evento stesso che, nel caso di specie, non vi sarebbe stata;
- dall'altro lato, non avrebbe potuto neanche essere invocato l'art. 7-octies DPR 633/72 relativo ai servizi resi tramite mezzi elettronici, visto che il partecipante “da remoto” avrebbe comunque potuto interagire in diretta con i relatori.
La soluzione prospettata dal contribuente è stata disattesa dall'Agenzia, la quale ha ricondotto l'accesso virtuale dell'evento prospettato nell'ambito di applicazione dell'art. 7-quinquies DPR 633/72, con rilevanza dell'operazione ai fini IVA in Italia indipendentemente dalla natura di soggetto passivo o meno del fruitore.
A parere dell'Amministrazione, infatti, non solo il tenore dell'art. 7-quinquies, ma anche l'interpretazione della Corte di Giustizia degli artt. 53 e 54 Dir. 2006/112/UE, recepiti proprio dalla norma interna in questione, avrebbero confermato l'esistenza di un criterio “oggettivo” di territorialità per i “servizi di accesso a manifestazioni culturali, artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative o affini”. E tale criterio sarebbe valido indipendentemente dalla natura B2B o B2C dell'operazione e dal fatto che l'evento sia fruito tramite collegamento “da remoto”. Infatti, poiché la partecipazione a distanza è solo una diversa modalità di fruizione di un servizio (rectius, evento) che resta inalterato sotto il profilo materiale, secondo l'Agenzia il servizio di accesso si considera comunque effettuato nel luogo in cui si svolge fisicamente l'evento.
Nel caso di specie, quindi, le operazioni sarebbero tutte rilevanti in Italia, con obbligo per il contribuente di assolvere agli obblighi previsti dalla normativa nazionale.
I dubbi sulla coerenza comunitaria della posizione dell'Agenzia
Come già anticipato, la decisione dell'Agenzia non pare del tutto condivisibile, soprattutto perché, a parere di chi scrive, la conclusione raggiunta non è coerente con le premesse: essa non sembra derivare infatti da una interpretazione comunitariamente orientata dell'art. 7-quinquies DPR 633/72, quanto piuttosto da discutibili esigenze di cassa. E ciò perché la giurisprudenza comunitaria citata nella risposta in commento non sembra in alcun modo legittimare una interpretazione come quella fornita.
Nella C.Giust. UE 13 marzo 2019 C-647/17, infatti, alla Corte di Giustizia era stato chiesto di stabilire se “un'attività di formazione in contabilità e in gestione, della durata di cinque giorni, dispensata solo a soggetti passivi previa iscrizione e previo pagamento” da parte di una società svedese e svolta in un altro Stato membro, potesse rientrare tra i servizi di accesso a eventi di cui all'art. 53 Dir. UE 112/2006.
Sulla base di questa specifica fattispecie, i giudici di Lussemburgo hanno fornito una definizione di evento ampia, che potesse ricomprendere al suo interno anche manifestazioni di più giorni, ma senza mai esplicitare la irrilevanza delle modalità di fruizione del servizio (che, nel caso di specie, peraltro era in presenza).
Ed anzi, dall'esame della sentenza e delle conclusioni dell'Avv. Generale, emergerebbe proprio una lettura diversa: affinché un servizio di accesso ad un evento possa rientrare nell'ambito di applicazione dell'art. 53 Dir. 2006/112/UE è necessario che esso sia fruito direttamente e fisicamente dal partecipante (cfr. punto 40, Conclusioni Avv. Generale Sharpston, 10 gennaio 2019 causa C-647/17). Di conseguenza, in caso contrario e salvo le ipotesi di servizi resi tramite mezzi elettronici in caso di operazioni B2C, dovranno trovare applicazione le regole sui servizi generici.
Secondo chi scrive, peraltro, questa conclusione parrebbe confermata anche da una successiva sentenza della Corte di Giustizia in materia di fornitura di servizi ricreativi costituiti da sessioni erotiche interattive a privati consumatori (C.Giust. UE 8 maggio 2019 C-568/17).
In tal caso, infatti, seguendo l'impostazione dell'Avv. Generale (Conclusioni dell'Avv. Generale Szpunar, 12 febbraio 2019, causa C-568/17), la giurisprudenza comunitaria ha concluso che, in ipotesi di servizi ricreativi “da remoto”, applicare acriticamente le regole di territorialità previste dagli artt. 53 e 54 Dir. 2006/112/UE (già art. 52 lett. a) Dir. 2006/112/UE) avrebbe come effetto quello di frustrare gli obiettivi perseguiti dal legislatore, ossia facilitare la tassazione nel luogo di consumo senza eccessivi oneri amministrativi. Pertanto, questo tipo di servizio, non essendo fruito “in presenza”, è stato inteso come servizio complesso indivisibile (sessione erotica e relativo collegamento internet interattivo) la cui territorialità segue le regole previste per i servizi generici.
Va da sé, quindi, che se questi sono i presupposti logici richiamati dall'Agenzia nella risposta in commento, la conclusione avrebbe dovuto essere diversa da quella raggiunta.
Conclusioni
Alla luce delle considerazioni che precedono, quindi, appare ragionevole formulare più di una riserva sulla fondatezza di una interpretazione di prassi che, pur citando la giurisprudenza comunitaria, se ne pone in aperto contrasto. E ciò tanto più se, come sembra, questo avviene al solo fine di attrarre ad imposizione in Italia operazioni che, altrimenti, in forza del dettato comunitario sarebbero state tassate altrove (o addirittura non tassate).
Si auspica, ovviamente, un veloce ripensamento da parte dell'Amministrazione.
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Marco Peirolo
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