martedì 28/06/2022 • 06:00
Il credito d'imposta 110% per i lavori edilizi rappresenta un caso classico di eterogenesi dei fini, cioè di disposizione manifesto, a prima vista accattivante, nella sostanza improvvisata e controproducente, con una serie di complicazioni burocratiche, di cui lo sconto in fattura costituisce un esempio.
Bonus 110% come strumento di comunicazione politica I sussidi pubblici all'edilizia (c.d. bonus 110%) confermano alcune caratteristiche generali della legislazione, tradizionalmente considerata strumento di razionalità e sistematizzazione, indipendentemente merito dei provvedimenti adottati; tradizionalmente infatti la legislazione specificava nei dettagli disegni politico sociali basati su spiegazioni e tendenze precise dell'opinione pubblica. Quando però la società è disorientata, su temi economici, ambientali, geopolitici e finanziari, i governi e le opposizioni sentono la necessità di dare segnali di comunicazione politica, mostrando di fare qualcosa rispetto al disorientamento diffuso. Il suddetto bonus 110% è un esempio macroscopico dei corti circuiti che si verificano in questi casi, con la legislazione che cerca di tenere assieme messaggi politici diversi tenendosi in equilibrio tra una serie di parole d'ordine ed esigenze finanziarie. Gli obiettivi sono consenso e coesione sociale, navigando tra le varie emotività sociali, combinate con le tendenze politiche dei suoi promotori. Il risultato sono leggi manifesto, come i tanti bonus, che sarebbe semplicistico liquidare come acquisto di consenso politico nei destinatari di una determinata spesa pubblica. La società si è infatti evoluta rispetto a quando si distribuivano case popolari, assunzioni in enti pubblici e pensioni d'invalidità per ottenerne dividendi politici. Questi ultimi vengono oggi cercati in modo più raffinato, usando la legislazione per intercettare soprattutto sogni, prima che interessi materiali, degli elettori. Ormai il consenso non si compra con i soldi, ma con le parole, e gli ammiccamenti ideologici suscitati dal 110% si polarizzano infatti su varie immagini del discorso politico-sociale. Abbiamo in primo luogo l'ambiente e la sostenibilità, raggiunte attraverso l'efficientamento energetico degli immobili. Poi c'è l'immagine molto diffusa del rilancio dei consumi, aggiunta al motivo conduttore, radicato nella discussione pubblica, secondo cui gli incentivi all'edilizia stimolerebbero magicamente tutta l'economia; questo anche perché radicati al territorio, e destinati solo in parte a merci d'importazione. Ulteriori suggestioni si trovano nella tradizionale finalità antievasione delle detrazioni edilizie, e nel fatto che lo stato si riprenda buona parte del sussidio tramite IVA, ritenute alla fonte sui redditi dei lavoratori dell'edilizia e imposte sui redditi. Si è anche confidato di gestire il meccanismo sovvenzionale con la consueta esternalizzazione amministrativa, affidata completamente a privati, in un circuito di aziende di costruzione, professionisti, garanti, banche, su cui i pubblici uffici di limitano a dirigere il traffico, riservandosi solo un virtuale potere di controllo a posteriori. Resta infine spendibile il merito politico di aver consentito di effettuare gratuitamente , come stigmatizzò il presidente del consiglio pro tempore, lavori condominiali per cui gli italiani, quasi tutti proprietari di immobili, sono abituati a pagare. Dall'effetto annuncio alla triste realtà Se passiamo dalla comunicazione politica alla realtà ci si accorge delle enormi falle politiche, logiche e tecniche di un istituto improvvisato alla meglio; si tratta di inconvenienti ormai rilevati da più parti, anche istituzionali (Corte dei Conti). Essi inducono a profonde rimeditazioni per il futuro, unite alla necessità di mantenere gli impegni con la minoranza dei proprietari immobiliari che stanno usufruendo dell'istituto. Iniziamo dai profili ambientali dove le cause dei cambiamenti climatici, accettandone il collegamento con l'attività umana, sono infatti planetarie, legate a molteplici usi dei combustibili fossili, all'antropizzazione e alla deforestazione. Rispetto ad esse sarebbe quindi del tutto irrilevante anche un ipotetico immediato efficientamento energetico, con un colpo di bacchetta magica, di tutto il patrimonio edilizio italiano. Quest'ultimo è infatti enorme, sovradimensionato rispetto alle esigenze abitative, come conferma la stasi dei prezzi, anche nelle zone centrali di pregio, la loro discesa in quelle popolari e di provincia, la difficoltà dei proprietari a trovare inquilini solvibili, visto il loro livello salariale. Questo ridimensiona anche i suddetti luoghi comuni sul legame tra attività edilizia e rilancio economico- generale del paese, buoni per gli anni del miracolo economico del dopoguerra e della grande inflazione degli anni settanta/ottanta del secolo scorso, quando si cominciò a sostenere il PIL attraverso svalutazioni competitive e debito pubblico, strumenti nel frattempo ormai esauriti. Il bonus in esame fa soprattutto saltare il principio del co-finanziamento e quindi il controllo sociale del rapporto qualità-prezzo praticato dal fornitore; l'interesse principale del cliente non è più il controllo dell'economicità della prestazione ricevuta, bensì la spettanza del sussidio statale. Questo aspetto non riguarda le frodi, che pure ci sono state su altri bonus , soprattutto quello per le facciate, dove i controlli erano progettati in modo maldestro. Il finanziamento totale spinge inoltre all'effettuazione di lavori inutili, in zone che per motivi climatici hanno poco bisogno di efficientamento energetico, e su immobili per i quali i titolari non sentivano alcuna necessità di intervenire. Il tutto ha contribuito all'aumento dei costi per i lavori effettivamente effettuati, anche per la compressione dell'istituto in un lasso temporale molto stretto, dove anche la sua utilizzazione per una parte modesta di immobili, genera una concentrazione di richieste che mette sotto stress le imprese edilizie esistenti in Italia. L'improvvisazione e la diffidenza hanno poi provocato vincoli burocratici, e spade di Damocle sulla spettanza del credito a fronte delle verifiche successive. Queste ultime sono state attribuite all'Agenzia delle entrate, distogliendone parte delle risorse, oggi interpretative e in prospettiva di controllo, dall'ordinaria attività antievasione, pur indicata come una priorità dallo stesso governo proponente del 110%. Si sono quindi moltiplicati incertezze e dubbi in quasi ogni condominio d'Italia, con affidamento a professionisti di studi di fattibilità dopo i quali si hanno le idee ancora meno chiare. Il caso emblematico dello sconto in fattura Il problema principale dell'istituto è assicurare il flusso finanziario alle imprese di costruzione, che devono sostenere costi di personale e materie prime, durante i lavori, prima della verifica, da parte degli uffici, della spettanza del credito. Qualora, come in genere accade, il committente sia privo della capacità finanziaria di anticipare il costo dei lavori, potrà cedere il proprio credito per il bonus 110 % , il che avviene di solito nei confronti della stessa impresa edilizia. Si tratta però di una componente del tutto diversa dai lavori edilizi, che ha natura finanziaria, in linea di principio esente da IVA. E' come se il committente di un servizio, reso necessario da un danno provocato da un terzo, invece di pagare il fornitore in contanti gli trasferisse il credito per il relativo risarcimento verso il danneggiante. Ciononostante l'Agenzia delle entrate con interpello n. 243 del maggio 2022, ha affermato che, ai fini IVA, anche il corrispettivo dovuto a fronte di tale anticipazione concorrerà a formare la base imponibile e, come tale, sarà assoggettato ad imposta con aliquota ordinaria. Non sembra in proposito che però ci sia alcun vincolo di accessorietà tra questa prestazione finanziaria e quella edilizia, in quanto di accessorietà si può parlare, ai sensi dell'articolo 12 del decreto IVA, per le prestazioni di trasporto, posa in opera, manutenzione, sorveglianza, pulizia, al limite assicurazione. La cessione del credito si configura come un posterius rispetto alla progettazione ed esecuzione dei lavori, che potrebbe essere effettuata anche verso altri soggetti. Se persino questi passaggi strutturali dell'applicazione delle imposte sfuggono nel mare magnum delle questioni del 110 %, possiamo immaginare cosa accadrà quando l'Agenzia delle entrate dovrà addentrarsi nei dettagli tecnico- edilizi della questione.
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Diego De Gaetano
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