mercoledì 22/06/2022 • 15:00
La normativa relativa alle start-up innovative preclude la distribuzione di utili anche nell'ipotesi di ricorso a contratti di associazione in partecipazione. Difatti, il divieto di distribuzione di utili è finalizzato a favorire l'investimento degli stessi per la crescita della start-up innovativa.
redazione Memento
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Nel caso di specie, una società, iscritta dal 2020 nel registro delle imprese come start-up innovativa, intende realizzare una partnership con investitori, con la forma di associazione in partecipazione con apporto di capitali.
Considerato che l'utile attribuito all'associato persona fisica è reddito di capitale, mentre nel caso di associato imprenditore l'utile diventa un componente positivo del reddito di impresa, la società intende trattare l'associazione in partecipazione con apporto di capitale come un rapporto di natura partecipativa e l'erogazione dell'utile all'associato come la distribuzione di dividendo.
A tal proposito, la società chiede all'Agenzia delle Entrate se il divieto di distribuzione degli utili, previsto per le start-up iscritte nella sezione speciale della CCIAA, vale anche nell'ambito di un contratto di associazione in partecipazione.
L'Agenzia delle Entrate, con la risposta del 21 giugno 2022 n. 334, precisa che il legislatore fiscale ha equiparato il trattamento fiscale della remunerazione corrisposta in relazione ai contratti di associazione in partecipazione a quello della remunerazione dovuta in relazione a titoli e strumenti finanziari comunque denominati, per la quota di essa che direttamente o indirettamente comporti la partecipazione ai risultati economici della società.
Entrambi i tipi di remunerazione risultano indeducibili per il soggetto emittente/associante e sia gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società, sia quelli derivanti da associazioni in partecipazione, sono per il percettore da considerarsi redditi di capitale (eccetto il caso in cui l'apporto dell'associato sia costituito da solo lavoro). Il trattamento fiscale è dunque, sia per l'associato che per l'associante, equivalente a quello di una partecipazione ad una società di capitali: la distribuzione dell'utile non è deducibile in capo all'associante, mentre il regime di imposizione fiscale, in capo all'associato varia a seconda che si tratti di un soggetto IRES, di un soggetto IRPEF imprenditore o di un soggetto IRPEF privato, secondo le rispettive regole previste per le diverse categorie di percettori.
Secondo l'Agenzia delle Entrate, tenuto conto del relativo regime di tassazione, ove la start-up innovativa procedesse a corrispondere utili all'associato in partecipazione perderebbe i requisiti previsti dall'art. 25 c. 2 DL 179/2012, che alla lettera e) dispone che la start-up non distribuisce, e non ha distribuito, utili.
Fonte: Agenzia delle Entrate, Risposta del 21 giugno 2022 n. 334
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