La sentenza Cass. Pen., VI sez., 15 giugno 2022, n. 23401 è da leggere più volte per cogliere i numerosi spunti offerti agli operatori del «comparto 231» non soltanto con riferimento ai requisiti di idoneità del modello organizzativo e all'ambito di intervento dell'Organismo di Vigilanza, ma anche in merito alla corretta interpretazione dei profili relativi all'elusione fraudolenta del modello e al meccanismo probatorio posto a carico dell'ente ai fini dell'esonero dalla responsabilità.
Il caso Impregilo
La contestazione mossa alla Impregilo s.p.a. ha ad oggetto l'illecito amministrativo di cui all'art. 25-ter del D.Lgs. 231/2001 (reati societari) e precisamente il delitto di aggiotaggio contestato al presidente e all'amministratore delegato, accusati di aver comunicato ai mercati notizie false in merito alle previsioni di bilancio e alla solvibilità di una società controllata posta in liquidazione. Com'è noto, la sentenza di primo grado (Trib. Milano, 17 novembre 2009) ha assolto la società, avendo ritenuto idoneo il modello di organizzativo da essa adottato.
Respinto l'appello del Pubblico Ministero, la sentenza è stata impugnata dal Procuratore generale distrettuale in sede di legittimità e questa volta la Suprema Corte (Cass. Pen., sez. V, 18.12.2013, n. 4677) ha accolto il ricorso, annullando con rinvio la sentenza e richiedendo alla Corte d'appello di Milano un nuovo accertamento di fatto. È in questa sede che il modello organizzativo è stato ritenuto non idoneo ad esonerare l'ente dalla responsabilità in virtù delle seguenti motivazioni: assenza di autonomi ed effettivi poteri di controllo in capo all'OdV, in quanto posto direttamente alle dipendenze del soggetto controllato; impossibilità di configurare l'elusione fraudolenta del modello da parte del presidente e dell'amministratore delegato.
La sentenza emessa all'esito del giudizio di rinvio (App. Milano, 10 dicembre 2014) ha essenzialmente confermato la decisione di primo grado, seppur in ragione di differenti asserzioni, tra le quali rileva l'osservazione che il modello organizzativo di Impregilo dovesse ritenersi idoneo in quanto conforme alle linee-guida di Consob e Confindustria.
Inevitabile, a questo punto, il ricorso per cassazione da parte della Procura generale distrettuale che, con riferimento al tema dell'adeguatezza del modello, ha osservato che la stessa non può essere desunta dalla mera conformità del medesimo ad indicazioni che, ancorché autorevoli, non costituiscono fonte normativa.
Con la sentenza depositata lo scorso 15 giugno la Cassazione ha respinto il ricorso.
Il meccanismo probatorio
La Suprema Corte precisa che la previsione di cui all'art. 6, co. 1, D.Lgs. 231/2001 non prevede alcuna inversione dell'onere probatorio, essendo piuttosto espressiva del principio per cui la responsabilità dell'ente si fonda sulla c.d. «colpa di organizzazione», vale a dire su un deficit organizzativo tale da consentire l'imputazione dell'illecito penale all'ente. In altre parole, resta in capo all'accusa l'onere di dimostrare la riconducibilità del reato alla persona fisica e la circostanza che quest'ultima abbia agito nell'interesse della società, individuando gli elementi fondanti della colpa di organizzazione dell'ente che ne rendono autonoma la responsabilità.
L'idoneità del modello organizzativo
Nella sentenza in commento si evidenzia che la commissione del reato non dimostra che il modello non sia idoneo: un'affermazione apparentemente scontata, ma di fatto fondamentale, posto che fino ad oggi, quanto meno nella maggioranza dei casi, la giurisprudenza ha bocciato i modelli proprio in virtù dell'equazione «commissione dell'illecito = inidoneità del modello». La Suprema Corte ribadisce piuttosto che il rischio reato deve ritenersi accettabile allorquando il sistema di prevenzione non possa essere aggirato se non fraudolentemente, altrimenti ci si troverebbe di fronte ad una ipotesi di responsabilità oggettiva.
Quanto al giudizio di idoneità, il giudice deve idealmente collocarsi nel momento in cui il reato è stato commesso e verificarne prevedibilità ed evitabilità attraverso l'adozione di un modello «virtuoso». Ciò comporta una verifica in concreto dell'attuazione efficace del modello attraverso la raccolta in istruttoria di elementi di fatto quali testimonianze, perizie, prove scientifiche.
Altra precisazione importante riguarda il perimetro della valutazione giudiziaria sul modello, che non può essere totalizzante, ma è necessariamente limitata alle regole del modello che risultano essere state violate e che, pertanto, comportano un rischio di reiterazione di illeciti della stessa specie.
Quanto alla conformità del modello alle linee-guida fornite dalle associazioni rappresentative degli enti, le stesse non possono rappresentare la regola organizzativa «esclusiva ed esaustiva». Il modello, infatti, è il risultato di un processo di auto-normazione in quanto è la stessa impresa ad individuare i presidi più adatti per la riduzione del rischio, tenendo presenti anche le predette linee-guida. È ribadito, pertanto, il principio di specificità del modello, che secondo la Cassazione deve essere «quanto più singolare possibile» poiché solo in tal caso potrà risultare idoneo.
Nel caso di specie, esaminata la procedura prevista dal modello di Impregilo per l'autorizzazione dei comunicati stampa, se ne rappresenta l'adeguatezza – nel momento in cui il reato è stato commesso – rispetto alla prevenzione dei reati «di comunicazione».
L'autonomia dell'OdV
Dopo aver ribadito in via di principio la necessità che l'Organismo di Vigilanza sia munito di poteri autonomi rispetto agli amministratori, la Cassazione si sofferma sulle caratteristiche dell'organo monocratico, denominato «compiance officier», che Impregilo ha individuato nel responsabile della funzione dell'internal auditing, posto alle dirette dipendenze del presidente del consiglio di amministrazione. È evidente che tale subordinazione lede l'autonomia dell'OdV, inficiando l'adeguatezza delle relative prescrizioni del modello.
Tuttavia, la Suprema Corte ritiene che la mancanza di autonomia dell'OdV possa condurre a ravvisare la responsabilità dell'ente esclusivamente nel caso in cui abbia reso possibile la commissione dell'illecito. Diversamente, risulterebbe oltremodo inficiato il principio costituzionale del divieto di responsabilità per fatto altrui sancito dall'art. 27 della Costituzione.
Nel caso di specie ciò non si è verificato, in quanto le false comunicazioni al mercato sono state frutto di una iniziativa estemporanea del presidente e dell'amministratore delegato, rispetto alla quale il grado di autonomia dell'OdV impatta ben poco.
Nella sentenza si rappresenta, peraltro, che l'individuazione in capo all'organismo di poteri di controllo preventivo sugli atti dell'organo amministrativo, oltre che difficilmente conciliabile con i poteri di gestione civilisticamente riconosciuti a quest'ultimo, trasformerebbe l'OdV in un «supervisore», travalicando i compiti ad esso spettanti ex art. 6, co. 1, lett. b), D.Lgs. 231/2001. L'OdV, ribadisce la Cassazione, ha solamente il compito di individuare e segnalare le criticità del modello e della sua attuazione, senza alcuna responsabilità di gestione che ne minerebbe inevitabilmente l'autonomia. E quand'anche si volesse ipotizzare in capo all'OdV una funzione di controllo preventivo, per le ragioni già esposte questa non potrebbe mai consistere in un sindacato sul merito delle comunicazioni diffuse al mercato, né potrebbe impedirne la diffusione.
DI conseguenza, il modello Impregilo è reputato idoneo pur non prevedendo una forma di controllo preventivo delle comunicazioni divulgate dalla governance.
L'elusione fraudolenta del modello
Da ultimo, la Cassazione si sofferma sul concetto di elusione fraudolenta, specificando che lo stesso implica una condotta subdola e falsificatrice, tale da vanificare con l'inganno il rispetto delle regole da parte dell'ente. DI conseguenza, in virtù di quanto previsto dall'art. 6, co. 1, lett. c), D.Lgs. 231/2001, l'esonero da responsabilità dell'ente si giustifica solo laddove la condotta degli apicali sia dissociabile dalla politica dell'ente: il reato, in questo caso, dipende esclusivamente dalla scelta personale dei primi e non da un difetto di organizzazione del secondo.
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto adeguata la procedura prevista dal modello Impregilo per la predisposizione delle comunicazioni price sensitive e, conseguentemente, sussistente il presupposto dell'elusione fraudolenta del modello. La procedura affidava, infatti, ai vertici societari il compito di approvare il testo definitivo delle comunicazioni predisposte dalle competenti strutture tecniche e di divulgarle, d'intesa tra loro, prescrivendo che l'informazione resa dovesse essere completa, tempestiva, adeguata e non selettiva. È evidente, sottolinea la Cassazione, l'abuso da parte dei vertici del patto di fiducia tra l'ente e i suoi rappresentanti.
Fonte: Cassazione Penale, VI sez., sentenza 15 giugno 2022, n. 23401