giovedì 16/06/2022 • 12:19
Le criptovalute stanno attraversando un ulteriore momento di crisi: quale interpretazione tributaria dare nell'ipotesi di cessione di criptovalute prive di valore?
Le criptovalute stanno attraversando un ulteriore momento di crisi: quali sono le conseguenze fiscali nei casi di cessione di criptovalute prive di valore che generano una minusvalenza scomputabile alle plusvalenze realizzate su valute virtuali? Il crollo è dovuto ad una perdita di valore di tutte le principali valute virtuali, già a partire dalla fine del mese di aprile, che in alcuni casi ha superato anche il 50% del valore registrato al primo gennaio 2022, incluse le più note Bitcoin ed Ethereum. Coinbase, una tra le piattaforme di exchange più note con sede a San Francisco che conta fra i 5 e i 6mila dipendenti a tempo pieno in tutto il mondo, ha annunciato il taglio di personale di circa 1.100 posizioni. Il caso dell'ecosistema terra Tra i casi di insuccesso più eclatanti dell'ultima ora, vi è certamente il fenomeno dell'ecosistema Terra, il secondo progetto più importante al mondo nell'ambito della finanza decentralizzata. L'ecosistema Terra è stato sviluppato dalla società coreana Terra Labs, il cui fondatore è Do Kwon, vera e propria celebrità nel mondo cripto. Luna e TerraUSD, noti con i simboli LUNA e UST sono i due token più importanti del progetto. UST è una stablecoin ovvero una criptovaluta ancorata al valore del dollaro. Dall'inizio del 2021 l'ecosistema Terra ha registrato una crescita spaventosa. La capitalizzazione di TerraUSD è passata da 180 milioni di dollari a oltre 18 miliardi di dollari diventando la terza stable coin più importante in assoluto dopo Tether e USD Coin. Il valore di Luna è passato da 66 centesimi di dollaro all'inizio del 2021 al massimo storico di quasi 120 dollari lo scorso 4 maggio 2022. Purtroppo però, l'ultima settimana ha segnato un crollo totale della valuta che ha praticamente toccato il valore zero, bruciando oltre 40 miliardi di dollari di capitalizzazione. Effetti fiscali Tali accadimenti hanno riportato nuovamente all'attenzione degli investitori italiani le conseguenze fiscali generate da perdite di valore di tale portata. Il principale dubbio riguarda la cessione di criptovalute prive ormai di valore. Sarebbe di particolare importanza poter chiarire se la cessione di valute virtuali a minor valore, possa generare una minusvalenza scomputabile alle plusvalenze realizzate su valute virtuali o su altri redditi di natura finanziaria, come esplicato alle lettere da c) a c-quinquies) dell'art. 67 Tuir, in riferimento all'anno in corso o per i prossimi 4 anni. Partiamo dunque dalla ragionevole certezza che in Italia, al momento, non esiste una norma tributaria che disciplina la parte impositiva relativa alla tassazione. Dobbiamo pertanto attenerci alle interpretazioni dettate dell'Agenzia delle Entrate. Il punto di partenza per analizzare la parte impositiva è certamente la definizione valuta virtuale. Il 29 novembre 2021 viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.Lgs n. 184 del 8 novembre 2021 che attua la direttiva UE 2019/713 (antiriciclaggio) e definisce la valuta virtuale: “una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è legata necessariamente a una valuta legalmente istituita e non possiede lo status giuridico di valuta o denaro, ma è accettata da persone fisiche o giuridiche come mezzo di scambio, e che può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”. Negli stessi giorni l'Agenzia delle entrate pubblica la risposta all'interpello n. 788 del 24 novembre 2021, cui chiarisce che le persone fisiche residenti in Italia che detengono criptovalute in parte su “wallet” presso un exchange estero ed in parte in un "hardware wallet" e in un "desktop wallet" con disponibilità diretta di chiave privata, da un lato, sono tenute ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che viene ad originarsi in caso di cessione di tali criptovalute come redditi diversi di natura finanziaria ai sensi dell'art. 67, comma 1, lett. c-ter) e comma 1-ter, del TUIR e, dall'altro, sono sempre tenute alla compilazione del quadro RW. Tale risposta va quindi a qualificare come redditi diversi (ex art. 67, c. 1, lett. c-ter) del Tuir) i proventi derivanti dalla cessione "a pronti" di valute virtuali, qualora la giacenza di tutti i wallet del contribuente superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d'imposta, come già precedentemente chiarito dal fisco nella risposta all'interpello 956-39 del 2018. Ritornando sull'interrogativo in questione, ai fini dell'interpretazione del calcolo della base imponibile dovuta alla cessione di criptovalute che hanno ridotto o perso totalmente il loro valore, distinguiamo la perdita del capitale investito, che ha rilevanza ai fini IRPEF, dal mancato guadagno atteso dal contribuente, cui non ha nessuna rilevanza IRPEF. La determinazione del reddito derivante da valute estere è disciplinata dall'articolo 68, comma 6 e dall'articolo 68, comma 7, lett. c) del Tuir. Il comma 6 stabilisce che è determinato come la differenza tra il corrispettivo percepito ovvero la somma od il valore normale dei beni rimborsati ed il costo od il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente. Il comma 7 stabilisce che per le valute estere prelevate da depositi e i conti correnti si assume come corrispettivo il valore normale della valuta alla data di effettuazione del prelievo. Interpretando tali norme sulle valute virtuali, sarebbe presumibile considerare le perdite di valore come minusvalenze ai fini reddituali, solo se i precedenti incrementi di valore siano stati assoggettati a tassazione in capo al contribuente, generandone un incremento del costo fiscale. Nei casi in cui l'investitore non abbia ancora assoggettato a tassazione alcun incremento di valore, non essendovi generata nessuna rilevanza fiscale, la perdita di valore sarebbe irrilevante ai fini delle imposte sui redditi.
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