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martedì 14/06/2022 • 15:15

Fisco Corte di Giustizia

Valore doganale della merce: non vi è obbligo di consultare banche dati unionali

Il valore della merce in Dogana può essere anche rideterminato sulla base di banche dati a uso interno, ma soltanto al ricorrere di determinate condizioni. Non vi è invece l'obbligo di consultare database unionali sul valore della merce. A stabilirlo è la Corte di Giustizia con la sentenza 9 giugno 2022, nella causa C-187/21.

di Sara Armella - Avvocato

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La Corte di Giustizia con la sentenza 9 giugno 2022, nella causa C-187/21 interviene ancora una volta sui limiti imposti all'Agenzia delle dogane nella rideterminazione del prezzo dichiarato in Dogana. Come precisato dal giudice dell'Unione europea, l'Agenzia delle dogane, in sede di accertamento, è tenuta a garantire all'operatore un contraddittorio effettivo e ad assicurare il rispetto dei criteri previsti dal Codice doganale unionale.

Utilizzo di banche dati a uso interno

Il valore doganale dichiarato all'importazione può essere rideterminato dall'Agenzia delle dogane sulla base di banche dati a uso interno. È quanto precisato dalla Corte di Giustizia con la sentenza 9 giugno 2022, nella causa C-187/21, secondo cui l'Amministrazione doganale non ha l'obbligo di consultare database unionali sul valore doganale della merce.

Tuttavia, come ribadito dal Giudice europeo, nella rideterminazione del prezzo dichiarato in Dogana l'Agenzia delle dogane non può ricorrere automaticamente al valore indicato da una banca dati nazionale, dovendo rispettare una serie di limiti imposti dal Codice doganale dell'Unione europea (Reg. UE 952/2013, c.d. Cdu).

Rideterminazione del valore doganale: quali sono i limiti per la Dogana?

La normativa prevista dal Codice doganale impone all'Agenzia delle dogane un preciso onere procedimentale per superare il prezzo indicato dall'operatore nei documenti allegati alla dichiarazione doganale.

La Corte di Giustizia, con la sentenza in commento, precisa infatti, che in caso di fondati dubbi sulla correttezza del valore dichiarato dall'importatore, l'Agenzia delle dogane può rideterminare il prezzo della merce soltanto dopo aver avviato un contraddittorio preventivo con l'operatore e seguendo, in rigoroso ordine gerarchico, i criteri previsti dal Codice doganale (art. 29 e 30, Reg. CEE 2913/1992, ora trasposti negli artt. 70 e 74, Reg. UE 952/2013).

Il contraddittorio preventivo con l'operatore

Come previsto dalla normativa unionale, il valore dichiarato in sede di importazione può essere oggetto di revisione soltanto quando le Autorità doganali nutrano motivati e fondati dubbi sulla correttezza del corrispettivo indicato, a seguito di uno speciale contraddittorio preventivo, previsto come obbligatorio (art. 181 bis Reg. CEE 2454/1993, ora sostituito dall'art. 140 Reg. UE 2447/2015).

Sul punto, la Corte di Cassazione ha chiaramente stabilito che ove emergano fondati sospetti che il valore dichiarato all'importazione non corrisponda a quello effettivo dei beni, l'autorità doganale deve chiedere informazioni complementari e sollecitare il contraddittorio prima di decidere di non determinare il valore in dogana delle merci importate in base alla regola generale (Cass., sez. V, 16 maggio 2022, n. 15540 e Cass., sez. V, 17 gennaio 2019, nn. 1114 e 1115).

Secondo giurisprudenza di legittimità, per disattendere il valore di transazione della merce è pertanto necessario che: i) l'Agenzia delle dogane abbia fondati dubbi sull'attendibilità del prezzo dichiarato e ii) che tali dubbi persistano anche dopo una richiesta di ulteriori informazioni e di documentazione e dopo aver fornito all'interessato la possibilità di presentare le proprie osservazioni difensive.

La Dogana deve pertanto attivarsi per realizzare un confronto effettivo con l'operatore, rideterminando in via “condivisa” il valore doganale dei beni importati.

Rispetto dei criteri previsti dal Cdu

La normativa unionale prevede, inoltre, che soltanto quando la Dogana sia in grado di dimostrare che il prezzo di transazione della merce non è attenibile, è ammesso il ricorso ai criteri sussidiari di stima dei beni importati individuati dalla normativa doganale.

È importante precisare che la rettifica del valore deve rispettare non soltanto i criteri di determinazione previsti dal Codice doganale, ma anche il loro ordine di applicazione. Come ormai chiaramente stabilito dalla Corte di Cassazione, è onere della Dogana dimostrare di aver applicato, in sede di rettifica, i metodi immediatamente sussidiari stabiliti dal Codice doganale, secondo la rigida sequenza prevista, dovendo eventualmente dar conto delle ragioni per cui l'applicazione dei precedenti criteri non sia stata possibile (Cass., sez. V, 16 maggio 2022, n. 15540).

In primo luogo, pertanto, l'Agenzia delle dogane deve fare ricorso al criterio immediatamente sussidiario rispetto a quello del prezzo di transazione, ossia il valore di merci “identiche”. Soltanto in un secondo momento, l'Ufficio può ricorrere al valore medio di prodotti “similari”, dimostrando per quale ragione non è stato possibile rispettare la precisa sequenza dei metodi individuati dal Codice doganale.

Utilizzo di banche dati per individuare il valore di prodotti simili

Nell'individuazione del valore di beni simili a quelli importati, generalmente, la Dogana si affida a banche dati a uso interno, che non sono liberamente accessibili agli operatori. Sul punto, la Corte di Giustizia, con la sentenza in commento, ha affermato che la Dogana non è obbligata a consultare anche database dell'Unione europea, quando i dati estrapolati dalla banca dati nazionale utilizzata dall'Agenzia siano sufficienti per ottenere le informazioni relative al valore. In caso contrario, l'Ufficio può rivolgersi alle autorità di un Paese terzo per ottenere dati supplementari ai fini della determinazione del valore di transazione di prodotti simili.

Un'ulteriore precisazione riguarda il periodo di tempo a cui l'Agenzia delle dogane deve fare riferimento per individuare il valore di merci similari. Sul punto, la Corte di Giustizia ha precisato che l'Autorità doganale può utilizzare soltanto i dati relativi a importazioni effettuate nell'arco di 90 giorni, tenendo conto dei 45 giorni precedenti e dei 45 giorni successivi allo sdoganamento.

Con la sentenza in commento, la Corte di Giustizia afferma, infine, che la Dogana di uno Stato membro UE può escludere i valori dichiarati per altre importazioni effettuate dallo stesso operatore. Ciò a condizione che l'Agenzia delle dogane proceda alla revisione della dichiarazione doganale entro tre anni dalla data in cui è sorta l'obbligazione doganale e sempre che sia garantito all'importatore un contraddittorio effettivo (art. 181 bis, Reg. CEE 2454/1993, ora sostituito dall'art. 140 Reg. UE 2447/2015).

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