lunedì 13/06/2022 • 06:00
Un legame meramente commerciale tra importatore e fornitore non è sufficiente per ritenere inattendibile il valore dichiarato in Dogana. L’Agenzia delle dogane non può contestare il prezzo dichiarato all’importazione presumendo che un rapporto di lunga durata e l’assenza di un contratto di vendita siano idonei a integrare un “controllo” sul fornitore. A stabilirlo è la Corte di giustizia UE.
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La Corte di Giustizia ha chiarito che uno stretto legame fiduciario tra importatore e fornitore non è sufficiente per ritenere inattendibile il prezzo dichiarato in Dogana. L'Agenzia delle dogane può rideterminare il valore dei prodotti soltanto nel caso in cui vi siano connessioni qualificate tra il fornitore estero e l'acquirente europeo.
Com'è noto, il criterio primario di determinazione del prezzo è rappresentato dal valore di transazione, ossia dal prezzo concordato tra le parti (art. 29 Reg. CEE 2913/92 vigente ratione temporis, ora sostituito dall'art. 70 Reg. UE 952/2013, Codice doganale dell'Unione europea, Cdu). Tale metodo di determinazione del valore, tuttavia, non può trovare applicazione in presenza di un legame tra fornitore e importatore (art. 70 par. 3 Cdu). In questo caso, l'Agenzia delle dogane potrebbe ritenere inattendibile il valore dei beni dichiarato in importazione, procedendo a un eventuale accertamento sul prezzo dichiarato.
Revisione del valore di transazione soggetta a limiti
Come precisato dalla Corte di Giustizia, poiché il prezzo di transazione rappresenta il criterio prioritario di determinazione del valore doganale, l'utilizzo di altri parametri
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