mercoledì 08/06/2022 • 11:01
Che ci sia in questo momento l’esigenza di ridare potere d’acquisto ai lavoratori appare esigenza diffusa e condivisibile, tra le soluzioni percorribili per avere riflessi positivi sul costo del lavoro dei datori di lavoro e sulle buste paga dei lavoratori si possono annoverare gli aumenti in flexible benefit e la detassazione dei premi di risultato.
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Per la riduzione del cuneo fiscale i datori di lavoro e i sindacati, hanno previsto in sede di rinnovo dei contratti collettivi una parte degli aumenti in flexible benefit che le aziende mettono a disposizione dei lavoratori. (es. CCNL Metalmeccanici Industria e piccola industria).
Come è noto, infatti, il valore nominale degli strumenti di welfare non concorre a determinare il reddito di lavoro dipendente ai fini IRPEF ove rientrino tra le ipotesi di cui al comma 2 e ultimo periodo del co. 3 dell'art. 51 TUIR.
Tale detassazione fa conseguire altresì l'esenzione ai fini contributivi per effetto dell'armonizzazione delle basi imponibili, fiscale e contributiva, prevista dall'art. 12 L. n. 153/1969.
Oltre ai rilevanti interventi a partire dalla Legge n. 208/2015 per la riduzione della tassazione dei premi di risultato e le modifiche all'art. 51 TUIR, negli ultimi anni di difficoltà economica dovute alle conseguenze della pandemia e da ultimo dal conflitto in Ucraina, il legislatore ha utilizzato la leva della detassazione per il valore di beni e servizi che i datori di lavoro mettono a disposizione dei lavoratori agevolandone la concessione ed incrementandone evidentemente il potere d'acquisto.
L'art. 51, c. 3, TUIR prevede che non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d'imposta a euro 258,23 (in caso di superamento del limite l'intero valore concorre a formare il reddito).
Per il 2020 e 2021, tale limite è stato incrementato a 516,46 euro, rispettivamente, dall'art. 112, co. 1, D.L. n. 104/2020 e con l'art. 6-quinquies D.L. n. 41/2021, introdotto dalla Legge di conversione n. 69/2021.
Più di recente, il legislatore ha riconosciuto l'esenzione al cd. bonus carburante per tutti i lavoratori dipendenti di datori di lavoro privati nel limite di 200 euro.
L'art. 2 D.L. n. 21/2022, modificato in sede di conversione dalla L. n. 50/2022, ha previsto in particolare che per l'anno 2022 non concorrono nella determinazione del reddito ai sensi dell'art. 51, co. 3, TUIR l'importo del valore di buoni benzina o analoghi titoli ceduti a titolo gratuito dai datori di lavoro privati ai lavoratori dipendenti per l'acquisto di carburanti, nel limite di euro 200 per lavoratore.
Accanto a tali ipotesi, di fonte legislativa o negoziale collettiva, i datori di lavoro possono tuttavia utilizzare il welfare aziendale per l'azzeramento del cuneo fiscale e contributivo laddove anche per venire incontro alla riduzione del potere d'acquisto dei lavoratori.
Oltre alle ipotesi già indicate all'art. 51, co. 3, TUIR, ai sensi del co. 2 del medesimo articolo, sono esclusi dalla base imponibile:
Il riconoscimento dei benefit messi a disposizione del lavoratore potrà essere considerato spesa di lavoro dipendente ai sensi dell'art. 95 TUIR e quindi pienamente deducibili dal reddito d'impresa o di lavoro autonomo a condizione che siano riconosciuti in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale.
In assenza di tali vincoli e quindi laddove i benefit siano volontariamente riconosciuti dal datore di lavoro senza vincoli negoziali, viene preservata l'esenzione ai fini IRPEF per il lavoratore ai sensi dell'art. 51 TUIR, ma per il datore di lavoro costituisce una liberalità ai sensi dell'art. 100 TUIR.
Si ricorda, a tal fine, che le liberalità sono deducibili dal reddito d'impresa ma solo nel limite del 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi.
La soluzione, in assenza di un contratto collettivo, è dunque il riconoscimento dei benefit mediante un regolamento aziendale.
A tal fine, tuttavia, l'Agenzia delle entrate, con la circolare n 28/E del 15 giugno 2016, ha puntualizzato che, affinché il regolamento possa consentire la piena deducibilità del costo sostenuto dal datore di lavoro, è necessario che configuri l'adempimento di un obbligo negoziale.
Ulteriori indicazioni sono state fornite dall'Agenzia delle entrate con successivi documenti di prassi.
Di recente, con la risposta a interpello n. 273 del 18 maggio 2022, è stato precisato che un «Regolamento welfare aziendale vincolante fino al ...» soddisfi il requisito richiesto ai fini della deducibilità del reddito d'impresa ai sensi dell'art. 95 TUIR in relazione alle opere e servizi di cui all'art. 51, co. 2, lettera f), TUIR.
Precedentemente, l'Agenzia delle entrate aveva ritenuto che perché si configuri l'adempimento di un obbligo negoziale, lo stesso deve essere non revocabile né modificabile autonomamente da parte del datore di lavoro. In tal caso, infatti, l'atto nella sostanza sarebbe qualificabile come volontario (Risoluzione 25 gennaio 2019, n. 10 e Risoluzione 25 settembre 2020 n. 55/E).
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Maria Rosa Gheido
- Consulente del lavoro e dottore commercialistaRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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