
lunedì 01/12/2025 • 06:00
Deve essere dichiarata – se del caso, anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo – l'improcedibilità di un giudizio ordinario riassunto dal creditore nei confronti del debitore fallito nelle more, in quanto l'accertamento di un credito nei confronti di una procedura fallimentare (oggi di liquidazione giudiziale) è devoluto alla competenza esclusiva del Giudice Delegato.
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Come è noto, la sentenza dichiarativa di fallimento (oggi: di apertura della procedura di liquidazione giudiziale) determina lo spossessamento - tendenzialmente assoluto - del debitore; ciò significa che, per un verso, il debitore non può più disporre del proprio patrimonio con effetto nei confronti dei creditori e, per altro verso, questi ultimi non possono più promuovere o coltivare azioni esecutive e/o cautelari individuali sul patrimonio del debitore (art. 51 l. fall.; art. 150 CCII), né, più in generale, azioni funzionali alla soddisfazione delle proprie ragioni fuori dal concorso con gli altri creditori: a norma dell'art. 151 CCII (corrispondente all'art. 52 l. fall.), infatti, “La liquidazione giudiziale apre il concorso dei creditori sul patrimonio del debitore. Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o prededucibile, …, deve essere accertato secondo le norme stabilite [dagli artt. 200 e seg. CCII], salvo diverse disposizioni di legge”.
Tutti i creditori, dunque, se intendono ottenere soddisfazione del proprio credito nell'ambito della procedura, devono sottoporsi al giudizio di verificazione, domandando - con ricorso al Giudice Delegato depositato nei termini prescritti dalla legge - l'ammissione del credito al passivo (c.d. insinuazione al passivo).
Questo procedimento, salvi i casi eccezionalmente previsti dalla legge, esclude...
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Carmelo Curcio
- Avvocato Cassazionista e Dottore CommercialistaRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione

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