lunedì 18/08/2025 • 06:00
In tema di accertamento presuntivo nei confronti di una s.r.l. a ristretta base azionaria, la prova contraria da parte del socio non può limitarsi alla dimostrazione dell'estraneità rispetto alla gestione sociale, essendo invece richiesta la prova, anche mediante presunzioni, dell'insussistenza dei maggiori ricavi contestati, ovvero della mancata distribuzione dei medesimi.
Secondo il granitico orientamento di legittimità (cfr tra le più recenti Cass. 2464/2025), il socio può vincere la presunzione di distribuzione di utili extracontabili solo dimostrando, eventualmente anche ricorrendo alla prova presuntiva, che i maggiori ricavi non sono stati effettivamente realizzati dalla società ovvero che quest'ultima non li ha distribuiti, ma accantonati o reinvestiti.
Si tratta, chiaramente, di una “probatio diabolica” in quanto una siffatta prova liberatoria (ossia la prova che i maggiori ricavi non sono stati effettivamente realizzati dalla società ovvero sono stati da questa accantonati o reinvestiti) risulta particolarmente complessa (rectius impossibile).
Ripercorrendo la precedente giurisprudenza sull'argomento, in un primo tempo la Cassazione ha individuato il contenuto della prova contraria a carico dei soci nella (sola) dimostrazione che i maggiori ricavi dell'ente siano stati accantonati o reinvestiti (ex plurimis Cass. 18032/2013, Cass. 24534/2017, Cass. 29412/2017, Cass. 32959/2018), prova che il contribuente può fornire anche nel suo ruolo di titolare meramente formale delle quote, ma estraneo di fatto alla gestione societaria, perché comunque il ruolo formale permetterebbe, se del caso, di accedere ai libri sociali per acquisire elementi a tal fine.
Successivamente, tuttavia, si è riconosciuta la possibilità per il socio di vincere la presunzione di distribuzione degli utili extra bilancio, dando la dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria, avendo ricoperto un ruolo meramente formale di semplice intestatario delle quote sociali, senza avere concretamente svolto alcuna delle attività di gestione e controllo riservate dalla legge (e dallo statuto) al socio della società a responsabilità limitata (ex plurimis, Cass. 15991/2024; Cass. 7170/2022; Cass. 24870/2021; Cass. 27445/2020; Cass. 15895/2020; Cass. 18042/2018; Cass. 17461/2017; Cass. 26873/2016; Cass. 1932/2016).
Pur consapevole dell'esistenza di correnti minoritarie, la tesi emersa più di recente – da ultimo confermata dalla Cass. 18764/2024, - ammette, come prova contraria alla presunzione di distribuzione degli utili extra bilancio, anche la dimostrazione dell'assoluta estraneità del socio alla gestione e conduzione societaria.
Ciò, infatti, non collide affatto con la ragione dell'operatività della presunzione in parola, che si fonda appunto sulla massima di comune esperienza che, dalla ristrettezza della base sociale, inferisce un elevato grado di compartecipazione dei soci alla gestione della società e di reciproco controllo tra i soci medesimi. Una volta dimostrata, a dispetto della ristretta base sociale, l'assoluta estraneità del socio alla gestione e alla vita stessa della società, la suddetta massima di esperienza perde il suo rilievo probatorio e non consente più di ritenere legittima la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili in favore di tutti i soci. Il problema, dunque, si sposta sul piano della prova dell'estraneità assoluta del socio alla gestione e alla vita della società, che deve essere precisa e rigorosa.
Com'è evidente, occorre segnalare nella giurisprudenza recente l'emergere di un orientamento che ritiene la dimostrazione dell'estraneità del socio rispetto alla gestione una condizione sufficiente per disapplicare la presunzione di attribuzione degli utili.
Pertanto, secondo la tesi più recente, il contenuto della prova liberatoria può consistere nella dimostrazione:
LA SOLUZIONE
L'art. 39 c. 1 lett. d) DPR 600/73 legittima la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria, con conseguente inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale non può limitarsi a denunciare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria, ma deve dimostrare – eventualmente anche ricorrendo alla prova presuntiva – che i maggiori ricavi non siano stati effettivamente realizzati dalla società, che quest'ultima non li abbia distribuiti, ma accantonati o reinvestiti, ovvero che degli stessi se ne sia appropriato altro soggetto.
Secondo il recente orientamento di legittimità, tale prova può consistere nella sola dimostrazione dell'estraneità del socio alla gestione e conduzione societaria.
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