lunedì 21/07/2025 • 15:32
Con sentenza 21 luglio 2025 n. 115, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma sul congedo di paternità del D.Lgs. 151/2001 (Testo unico su maternità e paternità) in quanto non riconosce lo stesso beneficio alla lavoratrice madre intenzionale in una coppia omogenitoriale.
redazione Memento
Anche la madre non biologica ha diritto al congedo dal lavoro in occasione della nascita del figlio: lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 115 del 21 luglio 2025.
Per la Consulta, infatti, è manifestamente irragionevole la disparità di trattamento concretata ai danni delle coppie omogenitoriali dall'art. 27-bis D.Lgs. 151/2001 (Testo unico su maternità e paternità). La norma, che riconosce ai padri naturali 10 giorni di congedo di paternità obbligatorio retribuiti al 100%, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima per violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) "nella parte in cui non riconosce il congedo di paternità obbligatorio a una lavoratrice, genitore intenzionale, in una coppia di donne risultanti genitori nei registri dello stato civile."
Il caso
La vicenda processuale culminata nella declaratoria di illegittimità dell'art. 27-bis D.Lgs. 151/2001 è iniziata presso il Tribunale di Bergamo, per mezzo di un ricorso di Rete Lenford, associazione impegnata nella promozione del rispetto dei diritti delle persone LGBTQIA+. L'associazione, in particolare, aveva denunciato come discriminatoria l'impossibilità di inserire validamente i codici fiscali di due genitori dello stesso sesso nel portale telematico INPS per presentare domanda di congedo parentale.
Nel successivo ricorso ex artt. 2 e 3 D.Lgs. 215/2003 (attuativo di Dir. CE 43/2000 sulla parità di trattamento), il Tribunale di Bergamo ha accolto i rilievi dell'associazione e ordinato all'INPS di modificare di conseguenza i propri sistemi informatici.
Successivamente, è stata investita della questione la Corte d'appello di di Brescia, sezione lavoro, la quale ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della disciplina sul congedo di paternità per contrasto con gli artt. 3 e 117 Cost. A detta dei giudici bresciani, il citato art. 27-bis sarebbe stato discriminatorio in quanto "non riconosce il congedo di paternità obbligatorio anche a una lavoratrice quando è secondo genitore equivalente in una coppia di due donne risultanti genitori nei registri dello stato civile" (ordinanza n. 234 del 4 dicembre 2024).
La pronuncia della Consulta e la declaratoria di incostituzionalità
Nel decidere della questione con la sentenza depositata il 21 luglio, la Corte Costituzionale ha accolto le obiezioni della Corte d'appello di Brescia, bollando come "manifestamente irragionevole" il trattamento riservato dall'art. 27-bis alle coppie composte da due donne legittimamente riconosciute come genitori di un minore nato attraverso una procedura di PMA (procreazione medicalmente assistita) svolta all'estero. "Risponde [...] all'interesse del minore, avente ormai carattere di centralità nell'ordinamento nazionale e sovranazionale, la titolarità giuridica di quel fascio di doveri funzionali alle sue esigenze che l'ordinamento considera inscindibilmente legati all'esercizio di responsabilità genitoriale, ed è in ragione di esso che detta titolarità è affermata in capo alla coppia che ha condiviso il progetto di genitorialità" affermano i giudici costituzionali.
Non può dunque essere l'orientamento sessuale del genitore a incidere sulla sua idoneità ad assumere la responsabilità genitoriale. Anzi: a venire in rilievo è prima di tutto l'interesse del minore e, in particolare, il suo diritto a mantenere un rapporto con entrambi i genitori, sancito dagli artt. 315bis e 337ter c.c. nonché dall'art. 8 c. 1 della Convenzione Onu sui diritto del fanciullo (ratificata dall'Italia con L. 176/1991) e dall'art. 24 p. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Funzione del genitore e distinzione tra madre biologica e madre intenzionale
Particolarmente interessanti i rilievi conclusivi dei giudici della Consulta, che hanno dato rilievo alla "esigenza di dedicare un tempo adeguato alla cura del minore, anche attraverso la modulazione di quello da destinare al lavoro, in coerenza con la finalità di favorire l'esercizio dei doveri genitoriali secondo una migliore organizzazione delle esigenze familiari, in un processo di progressiva valorizzazione dell'aspetto funzionale della genitorialità, che resta identico" sia per le coppie eterosessuali che per quelle omosessuali.
Peraltro, prosegue la sentenza, "è ben possibile identificare nelle coppie omogenitoriali femminili una figura equiparabile a quella paterna all'interno delle coppie eterosessuali, distinguendo tra la madre biologica (colei che ha partorito) e la madre intenzionale, la quale ha condiviso l'impegno di cura e responsabilità nei confronti del nuovo nato, e vi partecipa attivamente".
Fonte: Corte Costituzionale, sentenza n. 115 del 21 luglio 2025
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Paolo Bonini
- Consulente del lavoro - Studio Nevio Bianchi & PartnersRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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