mercoledì 16/07/2025 • 06:00
La Cassazione, con sentenza 26 giugno 2025 n. 17201, ha affermato che non sussiste trasferimento di ramo d'azienda ex art. 2112 c.c. quando, dopo la cessione del ramo, l'attività della cessionaria rimane indissolubilmente legata, in qualità di dipendente funzionale, ad alcune attività rimaste alla cedente.
Nel caso oggetto della sentenza n. 17201 del 26 giugno 2025 della Corte di Cassazione, alcuni lavoratori impugnavano il trasferimento del ramo d'azienda presso il quale erano addetti dinnanzi al Tribunale, eccependone la nullità per insussistenza della sua autonomia e per difetto di preesistenza del medesimo rispetto alla cessione.
Il Tribunale, nell'accogliere il ricorso, dichiarava l'inefficacia nei confronti del trasferimento de quo e della conseguente cessione dei contratti, condannando la società cedente a ripristinare i rapporti di lavoro dalla data di cessione.
La Corte d'appello respingeva i gravami proposti dalla società cedente e dalla società cessionaria, ritenendo che non potesse configurarsi come ramo di azienda “un insieme disaggregato di frammenti del processo produttivo privi dell'autonomia necessaria alla produzione di beni e servizi”. Ciò in quanto gli elementi costitutivi del ramo di azienda sono rappresentati dall'esistenza di un'entità economica organizzata, dalla sua autonomia funzionale e dalla sua preesistenza presso il cedente.
Tali caratteristiche per la Corte distrettuale non erano riscontrabili nel caso in esame, poiché al momento dello scorporo dalla società cedente, il ramo oggetto di trasferimento non era in grado di svolgere autonomamente, con i propri mezzi funzionali e organizzativi, l'attività cui era finalizzato all'interno della stessa, né era in grado di offrire sul mercato, a una platea indistinta di potenziali clienti, il servizio specifico per il quale era stato organizzato.
Per la cassazione della sentenza d'appello proponeva ricorso la società cessionaria e successivamente anche la cedente (con ricorso incidentale) a cui resistevano i lavoratori con autonomo controricorso. Tutte le parti depositavano memoria.
Per quanto di precipuo interesse, le società contestavano l'interpretazione dell'art. 2112 c.c. operata dai giudici di merito in relazione al requisito dell'autonomia funzionale del ramo d'azienda ceduto.
La decisione della Corte di Cassazione
Secondo la Corte di Cassazione, i giudici di merito, contrariamente a quanto eccepito dalle società, hanno riconosciuto, in astratto, legittima anche una cessione di ramo d'azienda in forma dematerializzata, subordinandola, però, alla condizione che il gruppo di dipendenti ceduti esprima “una professionalità omogenea e coesa mediante uno specifico e peculiare know-how”.
Tuttavia, gli stessi giudici - all'esito di un accertamento di fatto, adeguatamente motivato e, pertanto, sottratto al sindacato di legittimità - hanno escluso la sussistenza di tali presupposti, rilevando l'assenza dell'autonomia organizzativa ed economica finalizzata allo svolgimento di un'attività produttiva di beni o servizi.
In particolare, è stato evidenziato che, già al momento dello scorporo, il ramo ceduto non era in grado né di provvedere in modo autonomo a uno scopo produttivo con propri mezzi funzionali e organizzativi, né di svolgere, senza significativi apporti da parte del cessionario, il servizio o la funzione cui era preordinato nell'ambito dell'organizzazione del cedente.
A conferma, la Corte di Cassazione richiama il pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale il ramo d'azienda rilevante ai sensi dell'art. 2112 c.c. deve pur sempre rispondere alla nozione di impresa e, dunque, possedere un'autonomia funzionale tale da consentirgli lo svolgimento, in modo indipendente, di un'attività imprenditoriale ex art. 2082 c.c., Detta attività deve poter essere esercitata sul mercato anche verso terzi, e non solo verso la cedente.
In sostanza, ai fini dell'applicabilità dell'art. 2112 c.c. - anche nella versione risultante dalla modifica introdotta dall'art. 32 D.Lgs. 276/2003 - rappresenta elemento costitutivo della cessione l'autonomia funzionale del ramo ceduto. Tale autonomia si sostanzia nella capacità, già al momento dello scorporo, di perseguire uno scopo produttivo mediante propri mezzi funzionali e organizzativi, e quindi di svolgere, in maniera autonoma rispetto al cedente e senza significative integrazioni da parte del cessionario, il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell'ambito dell'impresa cedente al momento della cessione.
L'elemento costitutivo dell'autonomia funzionale deve essere, pertanto, letto in stretta correlazione con il requisito della preesistenza dell'entità trasferita, in linea con l'orientamento consolidato della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Orientamento, secondo la quale l'impiego del termine “conservi” nell'art. 6 p. 1 c. 1 e 4 della Dir. CE 23/2001 “implica che l'autonomia dell'entità ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento” (cfr. sentenza 6 marzo 2014, causa C-458/12; sentenza 13 giugno 2019, causa C-664/17; Cass. n. 22249/2021).
Ad avviso della Corte di Cassazione i giudici di merito hanno correttamente applicato tale orientamento, accertando che, in concreto, "dopo la cessione del presunto ramo d'azienda, l'attività della cessionaria era rimasta indissolubilmente legata, in temini di vera e propria dipendenza funzionale, ad alcune attività rimaste alla cedente”.
Conclude, quindi, la Corte di Cassazione per la piena “conformità a diritto” della decisione elaborata dalla Corte d'appello, nel senso dell'esclusione della sussistenza, nel caso di specie, della fattispecie ex art. 2112 c.c., con conseguente rigetto dei ricorsi presentati dalla cedente e dalla cessionaria e condanna di entrambe alle spese del giudizio.
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