sabato 31/05/2025 • 06:00
La recente giurisprudenza della Cassazione – sia tributaria che penale – ha confermato il valore retroattivo della distinzione tra crediti d’imposta “inesistenti” e “non spettanti”, introdotta formalmente dal D.Lgs. 87/2024. In particolare, la sentenza penale n. 19868/2025 afferma che la definizione normativa ha recepito quella già elaborata dalla giurisprudenza.
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La definizione retroattiva per unificare le interpretazioni
Nel sistema tributario italiano, la distinzione tra crediti d'imposta non spettanti e inesistenti ha per anni costituito una delle aree più incerte sotto il profilo sia sostanziale che sanzionatorio. Inizialmente, la giurisprudenza cercava di colmare il vuoto normativo distinguendo in via pretoria tra un errore “formale” (non spettante) e uno “sostanziale” (inesistente), attribuendo al secondo conseguenze molto più gravi. Il legislatore è intervenuto solo nel 2024, con il D.Lgs. 87/2024, per codificare finalmente questa dicotomia, rendendo stabile ciò che finora era affidato a interpretazioni mutevoli.
La questione della retroattività delle definizioni di "crediti inesistenti" e "crediti non spettanti", introdotte dal D.Lgs. 87/2024, ha suscitato un vivace dibattito giuridico. In particolare, la Corte di Cassazione si è espressa sul punto, delineando un quadro interpretativo di rilievo.
Con la sentenza n. 25018 del 17 settembre 2024, la Cassazione ha affermato che le nuove definizioni hanno natura interpretativa e, pertanto, possono essere applicate anche a fattispecie antecedenti alla loro entrata in vigore. In tale pronuncia, la Corte ha esaminato un caso relativo a un credito d'imposta per investimenti in aree svantaggiate, disconosciuto dall'Agenzia delle Entrate per utilizzo ol...
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Giovanni Incerto
- Dottore Commercialista -Revisore Contabile, Studio Gnudi e associatiRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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