mercoledì 04/06/2025 • 06:00
La Corte di legittimità non ha mai affermato che, ove ci siano maggiori redditi accertati a una società a ristretta base, ne deriva la tassazione di utili in capo al socio, affermando che il ristretto numero dei soci e la sussistenza di un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci porta a presumere la distribuzione ai soci degli utili (CGT II Lombardia 23 maggio 2025 n. 1330).
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L'impatto della novella sull'onere della prova nel processo tributario
Con la L. 130/2022 il legislatore ha integrato l'art. 7 D.Lgs. 546/92 con il c. 5-bis (dal 1° gennaio 2026 ex TUGT, Parte II, Titolo I, Capo I, art. 52 c. 5) il quale obbliga l'Amministrazione finanziaria a fornire in giudizio la prova della pretesa tributaria, al fine di dimostrare concretamente la sussistenza di validi presupposti posti a base della stessa. Così la lettera della norma: «L‘Amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l'atto impugnato. Il Giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l'atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l'irrogazione delle sanzioni». La codificazione di tale principio non è altro che la trasposizione del principio generale contenuto nell'art. 2697 c.c. secondo il quale «Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento». In tal senso, la S.C. (tra le altre, ord. nn. 31878 e 31880 del 27/10/2022) ha chiarito che la nuova disposizione «non stabilisce un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto ai principi già vigenti in materia». Più di...
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Francesco Verderosa
- Dottore Commercialista, Tributarista, PubblicistaRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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