martedì 13/05/2025 • 06:00
Con sentenza pubblicata l'8 maggio 2025, nelle cause riunite C-212/24, C-226/24 e C/227/24, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) si pronuncia di nuovo sul principio di non discriminazione dei lavoratori a tempo determinato, questa volta in materia di contribuzione previdenziale.
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La fattispecie
L'INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) nel 2013 richiedeva ad alcune società con sede a Grosseto il versamento di contributi previdenziali aggiuntivi, in favore degli operai agricoli a tempo determinato dalle stesse assunti nel 2006 e nel 2007. Questo, sul presupposto che i contributi previdenziali dovuti per tali dipendenti dovessero essere calcolati sulla base dell'orario di lavoro contrattualmente previsto, e non delle ore da essi effettivamente lavorate (modalità seguita invece dalle aziende coinvolte).
Avverso l'ingiunzione dell'INPS veniva promosso un giudizio, il quale giungeva infine in Cassazione.
La Suprema Corte, ritenendo di non accogliere la tesi dell'INPS, affermava che la corresponsione da parte dei datori di lavoro agricoli di contributi previdenziali calcolati sulla retribuzione erogata agli operai agricoli a tempo determinato per le ore di lavoro effettivamente svolte, in applicazione delle disposizioni del contratto collettivo nazione di lavoro (CCNL) per gli operai agricoli e florovivaisti - applicato ai rapporti di lavoro in questione -, e in particolare il suo art. 40 (che prevede che l'operaio agricolo a tempo determinato abbia diritto al pagamento delle ore di lavoro effettivamente prestate), fosse conforme alle disposizioni di legge italiane: ossia, all'art. 16 lett. g) del D.Lgs. 66/2003 (che esclude dall'ambito di applicazione della disciplina della durata settimanale dell'orario di lavoro gli operai agricoli assunti a termine), nonché all'art. 1 c. 1 DL 338/1989 (il quale stabilisce che la retribuzione da assumere per il calcolo dei contributi non possa essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti e contratti collettivi).
Investita del conseguente giudizio di rinvio, la Corte d'Appello di Firenze valutava tuttavia che il principio di cui sopra, come detto fatto proprio anche dalla Corte di Cassazione, potesse essere in contrasto con la clausola 4 punto 1 dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 e allegato alla Dir. UE 70/1999, in forza del quale i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in maniera meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili, a meno che non sussistano ragioni oggettive.
Il giudice del rinvio sospendeva quindi il procedimento, sottoponendo una serie di questioni pregiudiziali alla CGUE.
La decisione della CGUE
La CGUE, con la pronuncia in esame, ha innanzitutto ricordato che l'Accordo quadro:
Tenuto conto di ciò, la CGUE ha dunque ravvisato l'esistenza nell'ordinamento giuridico italiano di una disparità di trattamento tra gli operati agricoli a tempo indeterminato e quelli a tempo determinato, a discapito di questi ultimi pur trovandosi apparentemente in una situazione comparabile ai primi (sul presupposto che il lavoro svolto sembrerebbe essere identico o simile).
Infatti, mentre la retribuzione e la contribuzione previdenziale degli operai agricoli a tempo indeterminato sono calcolate su orario di lavoro stabilito forfettariamente, cioè in modo generale ed astratto (pertanto, con la possibilità che siano versati in loro favore contributi per ore di lavoro pure non prestate), quelle degli operai agricoli assunti a termine sono invece calcolate in funzione delle ore di lavoro effettivamente svolte.
Inoltre, l'individuata disparità di trattamento a discapito degli operati agricoli a termine non parrebbe nemmeno giustificata da “ragioni oggettive”, di cui alla clausola 4 punto 1 dell'Accordo quadro, tali non potendosi ritenere di per sé:
In conclusione, la CGUE ha dichiarato che la clausola 4 punto 1 dell'Accordo quadro osta ad una normativa nazionale (come quella italiana), così come interpretata, in forza della quale i contributi previdenziali dovuti da datori di lavoro che impiegano operai agricoli a tempo determinato, al fine di finanziare prestazioni di un regime professionale di sicurezza sociale, sono calcolati in funzione delle retribuzioni versate a tali operai per le ore di lavoro giornaliere che essi hanno effettivamente svolto, mentre i contributi previdenziali dovuti dai datori di lavoro che impiegano operai agricoli a tempo indeterminato sono calcolati sulla base di una retribuzione stabilita per un orario di lavoro giornaliero forfettario, come fissato dal diritto nazionale, a prescindere dalle ore effettivamente prestate.
Fonte: Sentenza CGUE 8 maggio 2025 (C-212/24, C-226/24 e C/227/24)
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