lunedì 12/05/2025 • 06:00
La Corte di Cassazione ha definito i confini fra denuncia di successione e accettazione dell'eredità, individuando i limiti della mediazione obbligatoria in appello, che costituisce condizione di procedibilità della domanda solo quando è disposta discrezionalmente dal giudice.
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Con ordinanza n. 5474/2025 la Corte di Cassazione ha affrontato sia il tema relativo ai presupposti che devono ricorrere per la sussistenza dell'accettazione tacita dell'eredità, distinguendo tale figura dalla denuncia di successione, sia quello relativo all'eventuale improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del procedimento di mediazione in appello.
Le predette questioni sono emerse nell'ambito di una controversia definita in primo grado dal Tribunale di Torino che aveva accolto la domanda dell'attrice - formulata nei confronti della figlia dei suoi debitori - di accertamento di avvenuta accettazione tacita dell'eredità dei predetti da parte della convenuta. Parte attrice aveva infatti formulato la suddetta domanda di accertamento, in quanto creditrice dei genitori della convenuta e per poter quindi procedere nei confronti di quest'ultima, attraverso la continuità delle trascrizioni, con un'esecuzione immobiliare su un cespite già di proprietà degli originari debitori.
Anche la Corte di Appello di Torino aveva confermato la pronuncia di primo grado, precisando come, contrariamente a quanto dedotto dall'appellante, convenuta in primo grado, la denuncia di successione, effettuata da quest'ultima, non configurasse un atto di accettazione espressa o tacita dell'eredità. Non avendo infatti la convenuta appellante provveduto ad accettare espressamente l'eredità dei genitori, mediante un atto pubblico o una scrittura privata autenticata ai sensi dell'art. 475 c.c., l'accertamento giudiziale sarebbe stato l'unico modo per proseguire nella procedura esecutiva promossa dalla creditrice.
Per parte sua, la convenuta appellante sosteneva invece che sarebbe bastata la trascrizione della denuncia di successione, proponendo un ricorso per Cassazione articolato in 11 motivi che veniva rigettato con l'ordinanza in commento.
Accettazione tacita dell'eredità
Per quanto concerne la prima questione oggetto di interesse avente ad oggetto il tema dell'accettazione tacita dell'eredità, la ricorrente sosteneva di aver adempiuto a tutte le formalità, prescrizioni e disposizioni del caso, evidenziando come i documenti prodotti avrebbero dimostrato la iattanza dell'azione avversaria, con conseguente violazione degli artt. 112 e 167 nonché 342 e ss. c.p.c. nonché 24 e 3 Cost. e 6/13 convenzione di Roma e n. 47 Carta di Nizza in relazione ex permultis agli artt. 2648 e 2650 c.c.
La Corte di Cassazione riteneva che il motivo proposto fosse inammissibile, in quanto non coglieva la ratio decidendi della sentenza di appello che si era concentrata sulla distinzione fra denuncia di successione ed accettazione dell'eredità conformemente al principio, secondo cui ai fini dell'accettazione tacita dell'eredità, sono privi di rilevanza tutti quegli atti che, attese la loro natura e finalità, non sono idonei ad esprimere in modo certo l'intenzione univoca di assunzione della qualità di erede.
Fra tali ultimi atti non idonei ad esprimere in modo certo l'intenzione univoca di assunzione della qualità di erede la Corte annoverava: la denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione, evidenziando come si trattasse di adempimenti di prevalente contenuto fiscale, caratterizzati da scopi conservativi.
Quanto precede appare in linea con l'orientamento della giurisprudenza che ritiene che il giudice del merito a cui compete il relativo accertamento, con riferimento agli adempimenti sopra citati, possa legittimamente escludere il proposito di accettare l'eredità (Cass. 19 febbraio 2019 n. 4843).
La Corte di Cassazione riteneva quindi corretta la valutazione della Corte di Appello secondo cui:
Non si poteva quindi affermare che la resistente avesse provveduto, ai sensi dell'art. 475 c.c., ad accettare espressamente l'eredità avente ad oggetto l'immobile pignorato, essendosi limitata a denunciare la successione dei suoi genitori e a trascriverla al fine di evitare sanzioni fiscali e non ad accettare l'eredità mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Limiti della mediazione obbligatoria in appello
Per quanto concerne la seconda questione oggetto di interesse avente ad oggetto il tema dei limiti della mediazione obbligatoria in appello, la ricorrente denunciava la “violazione e/o falsa applicazione dell'art. 474 c.c., dell'art. 5 L. Mediazione e dell'art. 91-92 c.p.c.”, sostenendo che la materia, pur avendo natura innegabilmente successoria, non fosse stata sottoposta alla mediazione preliminare obbligatoria.
La Corte di Cassazione riteneva che il motivo proposto fosse infondato, richiamando l'orientamento giurisprudenziale secondo cui in tema di mediazione obbligatoria ex art. 5 c. 1-bis D.Lgs. 28/2010, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda, ma l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza; ove ciò non avvenga, il giudice d'appello può disporre la mediazione, ma non vi è obbligato, neanche nelle materie indicate dallo stesso art. 5 c. 1-bis, atteso che in grado d'appello l'esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda solo quando è disposta discrezionalmente dal giudice, ai sensi dell'art. 5 c. 2 (Cass. 19 febbraio 2019 n. 4843).
Pertanto è possibile concludere che in appello:
© Copyright - Tutti i diritti riservati - Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.
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Valerio Sangiovanni
- Avvocato in CremonaRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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