sabato 26/04/2025 • 06:00
Dall’insediamento di gennaio, martedì saranno trascorsi i primi cento giorni del presidente Donald Trump: più che un bilancio, si fa la conta dei danni come dopo una bufera. Tra stime, aggiustamenti e revisioni, mercoledì l’Istat presenta i numeri del Pil italiano nei primi tre mesi.
Fabio Sottocornola
- Giornalista economicoMartedì 29 aprile – I primi cento giorni di Donald Trump
Ha firmato un decreto per regolamentare la portata delle docce, uno per far tornare le cannucce di plastica o rivedere la vendita di biglietti dei concerti. Ma il sorriso ironico sulle labbra si spegne qui, perché su tutto il resto c’è poco da ridere. I primi cento giorni alla Casa Bianca del presidente Donald Trump si sono rivelati il ritorno di un incubo peggiore di ogni aspettativa. Con una data che, per l’economia mondiale, si candida ad autentico spartiacque: dal 2 aprile lo scenario dei commerci globali è cambiato per sempre. Colpa dei dazi e della guerra commerciale che non ha risparmiato alcun Paese che abbia rapporti economici con gli Stati Unti. Come dire, l’intero Pianeta. Certo, nelle settimane successive Trump ha abbassato tariffe, concesso sconti o alzato le asticelle, specialmente in direzione del Dragone rosso. Ma sotto il cielo la confusione è allo zenith come non si ricorda a memoria umana. Però, attenzione al calendario: oggi negli Usa vengono diffusi i dati di aprile sulla fiducia dei consumatori. Quelli costretti ieri a pagare a caro prezzo le uova, e domani le altre merci aumentate di prezzo.
Mercoledì 30 aprile – La stima del pil per l’Italia
Tutti gli istituti di analisi, i centri studi e le grandi banche hanno rivisto al ribasso le stime per la crescita, e non solo dell’Italia. All’orizzonte dell’economia mondiale si affacciano motivi di tensione alcuni mesi fa non previsti, o non con una tale intensità. Quindi, se l’incremento del Prodotto interno lordo del 2025 era visto sopra l’1% negli ultimi mesi dello scorso anno, adesso nella media si aggira attorno al mezzo punto. Toccherà all’Istat oggi dare i primi numeri, anche se provvisori, per i tre mesi da gennaio a marzo. Di certo verrà registrato un rallentamento comune a molti paesi. Questo comunque non deve auto-assolvere il mondo della politica o le associazioni d’impresa. Anche perché la crescita è un obbligo: rimanere fermi significa andare indietro.
Mercoledì 30 aprile – Volkswagen e Stellantis alla prova del trimestre
In Cina per la Cina: è lo slogan adottato da Volkswagen quando ha presentato una serie di veicoli nuovi ai quali affidare la riscossa non solo nel paese del Dragone, dove nel primo trimestre ha venduto 644 mila automobili (meno 7,1% sull’anno prima) ma sul mercato mondiale. Dopo un terribile 2024, oggi il gruppo tedesco, a sorpresa, ha incrementato la produzione nel suo plant di Wolfsburg, prevedendo addirittura turni di straordinari nei fine settimana da maggio a luglio. Forse è troppo presto per certificare la guarigione del grande malato dell’automotive europeo, ma i dati finanziari del primo trimestre, pubblici da oggi, aiuteranno a capire a che punto è la notte per l’impresa tedesca. E ci sarà bisogno di luce anche per Stellantis, alla prova del trimestre: dopo il licenziamento del ceo Carlos Tavares, il gruppo è in cerca di una nuova guida. Il presidente John Elkann ha promesso una maggiore presenza negli Usa, per superare l’ostacolo dei dazi. Ma con l’aria che tira sulla manifattura mondiale, c’è da chiedersi se sarà sufficiente.
Giovedì 1 maggio – Apple presenta i risultati
Esentati dai dazi di Donald Trump, gli iPhone della Apple non sono del tutto al riparo dalla bufera. Certo, in febbraio il ceo Tim Cook aveva promesso investimenti fino a 500 miliardi di dollari nei prossimi quattro anni ma anche questo slancio generoso potrebbe costare caro al successore di Steve Jobs. Perché il presidente Trump continua a ripetere che vuole rivedere in patria la produzione ancora molto concentrata nel Far East. Tornerà la Apple? In assenza di dichiarazioni ufficiali, si registra il silenzio del gruppo di Cupertino che, in Europa, deve affrontare una nuova grana: la multa da 500 milioni in Europa per aver violato le regole del Dma, il Digital markets act. Tra le richieste c’era l’obbligo di disinstallare con facilità ogni applicazione, scegliere un brower predefinito e altre soluzioni di vantaggio per i cittadini. Per non dire dei rapporti con la politica: Trump sta diventando un dilemma per Cupertino (e le altre Big Tech). Serpeggia una impressone fastidiosa: che Trump (in linea con Joe Biden) non ha certo mandato in soffitta le cause antitrust.
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