mercoledì 23/04/2025 • 06:00
La struttura causale del contratto di apprendistato, nonostante le semplificazioni del Jobs Act, rimane centrata sulla formazione del lavoratore. Lo ha ribadito la Cassazione nella sentenza 15 marzo 2025 n. 6990: se la formazione non è effettiva, l'apprendistato si converte in un “normale” contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Il contratto di apprendistato rappresenta, nel nostro ordinamento, una forma di contratto di lavoro a tempo indeterminato a contenuto formativo, finalizzata a favorire l'inserimento qualificato dei giovani nel mondo del lavoro. Il D.Lgs. 81/2015, attuativo del Jobs Act, ne ha fortemente razionalizzato la disciplina, semplificandone alcuni adempimenti ma lasciando inalterato il suo impianto sostanziale, che è ancora fondato su una causa tipica (c.d. causa mista) che lo differenzia nettamente rispetto al comune rapporto di lavoro subordinato.
Nonostante l'apparente flessibilità introdotta dalla riforma, la giurisprudenza continua a ribadire che l'apprendistato non può essere ridotto a un mero rapporto di lavoro subordinato a costi agevolati: la componente formativa rimane dunque la parte essenziale del contratto e, di riflesso, la sua elusione (o anche la sua omessa attuazione) può comportare conseguenze rilevanti, sia sul piano delle sanzioni pubblicistiche, sia su quello del rapporto individuale.
Forma scritta e causa del contratto: un binomio inscindibile
Nel vigente assetto normativo introdotto dal D.Lgs. 81/2015, la forma scritta del contratto di apprendistato è richiesta ai soli fini probatori (art. 42 c. 1), e non più quale requisito di validità. Ciò non significa, però, che il contratto possa prescindere da alcuni elementi essenziali, primo fra tutti la presenza di un piano formativo individuale. Tale documento costituisce la manifestazione concreta della causa tipica dell'apprendistato, che viene definito dall'art. 41 c. 1 come un contratto a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all'occupazione dei giovani.
Il piano formativo, per essere considerato idoneo, deve pertanto:
La giurisprudenza, anche successiva alla riforma del 2015, ha tra l'altro continuato a sottolineare come l'elemento formativo non possa ridursi a un mero adempimento formale o documentale: la sua attuazione concreta infatti è condizione essenziale per la validità del contratto di apprendistato. In caso contrario, come confermato dalla sentenza in commento, viene meno la causa tipica del contratto di apprendistato, con conseguente conversione dello stesso in un ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Violazioni e sanzioni: sanzioni amministrative vs. conseguenze civilistiche
Il D.Lgs. 81/2015 prevede un sistema articolato di sanzioni in caso di violazioni della disciplina dell'apprendistato. L'art. 42 c. 1 contempla espressamente la conversione automatica del contratto qualora il datore di lavoro non rispetti le percentuali massime di apprendisti in rapporto ai lavoratori qualificati, come stabilite dalla legge o dalla contrattazione collettiva.
L'art. 47, invece, si sofferma sulle altre ipotesi di inadempimento, prevedendo sanzioni di tipo amministrativo, nonché l'obbligo, per il datore di lavoro, di versare le differenze tra la contribuzione agevolata e quella ordinaria dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo formativo, maggiorato del 100%.
Tuttavia, la giurisprudenza non si limita a riconoscere effetti pubblicistici alle violazioni della disciplina sull'apprendistato. In molte pronunce i giudici hanno infatti ritenuto che, anche sul piano privatistico, il mancato rispetto dell'obbligo formativo comporti il venir meno della causa del contratto, legittimando così l'azione del lavoratore volta ad ottenere la conversione del rapporto in ordinario contratto a tempo indeterminato, con tutte le conseguenze in termini di trattamento economico, normativo e previdenziale (tra cui la corresponsione ex tunc di tutte le differenze retributive maturate con riferimento al livello contrattuale di destinazione).
L'impostazione della giurisprudenza trova fondamento anche nella Costituzione, la quale, all'art. 35 c. 2,, stabilisce che “la Repubblica cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori”. La finalità formativa dell'apprendistato è dunque in linea con uno dei principi fondamentali dell'ordinamento e non può essere compressa o disattesa per finalità puramente economiche.
In quest'ottica, il contratto di apprendistato finisce per assumere una funzione sociale che lo distingue dalle altre forme contrattuali: esso è concepito come uno strumento di politica attiva del lavoro, destinato a favorire l'ingresso qualificato dei giovani nel mercato attraverso percorsi formativi strutturati. Va da sé, pertanto, che qualsiasi tentativo di utilizzarlo in modo improprio, riducendolo a lavoro subordinato a costi ridotti, rischia di compromettere non solo i diritti del singolo lavoratore, ma l'intera ratio dell'istituto.
Alcune avvertenze pratiche per i datori di lavoro
Alla luce di quanto sopra, i datori di lavoro che intendano avvalersi dell'apprendistato devono adottare un approccio consapevole e scrupoloso. In particolare, è opportuno:
Il rispetto di questi adempimenti consente al datore di lavoro di utilizzare l'apprendistato in modo efficace e conforme alla normativa, riducendo il rischio di contenziosi e garantendo al tempo stesso un ritorno concreto in termini di competenze professionali acquisite.
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