lunedì 14/04/2025 • 06:00
Nei casi di malattia, il lavoratore può chiedere l'accesso alle ferie per evitare il superamento del periodo di comporto. Ma il datore di lavoro è obbligato ad accettare la richiesta? La risposta non è sempre scontata.
Nei casi di malattia, spesso accade che al fine di evitare il superamento del periodo di comporto il lavoratore chieda di utilizzare le ferie residue per potersi veder garantita la conservazione del posto di lavoro.
In tali situazioni vengono però in considerazione i principi regolatori di due diversi istituti giuridici. Principi che spesso non coincidono ai fini delle garanzie di conservazione del posto di lavoro.
La legge prevede che in caso di malattia del lavoratore egli abbia diritto alla conservazione del posto di lavoro per un certo periodo di tempo. Il periodo di comporto, disciplinato dalla legge (art. 2110 c.c.) e dalla contrattazione collettiva, è regolato in modo differente per i vari settori merceologici e risponde alle esigenze specifiche del singolo settore di riferimento.
Terminato il periodo di comportoil datore di lavoro ha il diritto di risolvere il rapporto di lavoro ai sensi dell'art. 2118 c.c., nel rispetto delle indicazioni fornite dalla contrattazione collettiva che può prevedere la conservazione del posto con comporto secco (ossia legato ad un unico evento morboso – previsione ormai piuttosto rara) oppure per sommatoria (ossia dovuto a distinti episodi morbosi conteggiati per anno solare, dall'ultimo episodio a ritroso di 365 giorni, oppure per anno di calendario: 1° gennaio - 31dicembre). In alcuni contratti collettivi (come, ad esempio, quello del settore Terziario o del settore Chimico) è previsto il ricorso ad un congedo non retribuito (aspettativa) al fine di garantire al lavoratore la conservazione del posto di lavoro in caso di prosecuzione della malattia per accesso a specifiche terapie salvavita e una volta superato il periodo di comporto (con obbligo di presentazione in questo caso di opportuna certificazione medica).
Da altro punto di vista, l'istituto delle ferie che è previsto dal codice civile (art. 2109 c.c.) ed è tutelato anche a livello costituzionale (art. 36 Cost.), ha una diversa finalità.
La norma costituzionale indica tra i diritti del prestatore di lavoro, rilevanti anche da un punto di vista economico, il diritto alle ferie, indicandolo come irrinunciabile. Spetta poi al codice civile, alla legislazione speciale (ossia all'art. 10 D.Lgs. 66/2003 attuativo della Dir. CE 104/93), alla contrattazione collettiva di settore e all'organizzazione del datore di lavoro definire i principi guida e le regole per la fruizione delle ferie.
All'art. 2109 c.c. è riservato il compito di delineare le linee guida che definiscono anche il perimetro per l'effettivo esercizio del diritto al riposo da parte del lavoratore, seppure entro il quadro dell'organizzazione del datore di lavoro.
Alla disciplina speciale sull'orario di lavoro ed alla contrattazione collettiva di settore, spetta invece il compito di definire il numero di giorni ferie spettanti annualmente al lavoratore (almeno nel minimo di 4 settimane previste in attuazione della disciplina comunitaria) e le concrete modalità della sua attuazione, sul presupposto che il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da una indennità finanziaria, salvo il caso della cessazione del rapporto di lavoro. Divieto che è dotato di specifica sanzione amministrativa (art. 18bis D.Lgs. 66/2003). L'obiettivo delle ferie è infatti quello di assicurare che attraverso la fruizione di un periodo continuativo di riposo possa essere assicurato al lavoratore l'effettivo recupero delle energie psicofisiche.
IL CASO
Cosa accade nei casi in cui un lavoratore in malattia chieda di fruire delle ferie allo scopo di interrompere il decorso del periodo di comporto allungando così il periodo di conservazione del posto? Vi è un obbligo da parte del datore di lavoro di accettare questa richiesta in una logica di protezione della parte più debole del rapporto di lavoro?
LA SOLUZIONE
La giurisprudenza su questo punto ha chiarito che il lavoratore assente per malattia ha facoltà di domandare la fruizione delle ferie maturate e non godute, allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto, non sussistendo incompatibilità assoluta tra malattia e ferie. All'esercizio di tale facoltà non corrisponde comunque un obbligo per il datore di lavoro di accedere alla richiesta di ferie, ove ricorrano ragioni organizzative di natura ostativa. In un'ottica di bilanciamento degli interessi contrapposti, nonché in ossequio alle clausole generali di correttezza e buona fede, è necessario, tuttavia, che le ragioni organizzative prospettate dal datore di lavoro per negare le ferie siano concrete ed effettive (Cass. civ. sez. lav. 14 settembre 2020, n. 19062; Cass. civ. sez. lav. 14 giugno 2018, n. 27392).
In questi casi è necessario prestare attenzione alle previsioni della contrattazione collettiva di riferimento, la quale spesso (come nell'esempio del settore Terziario e del settore Chimico prospettati sopra) disciplina la possibilità dell'accesso all'aspettativa ossia ad un periodo di congedo non retribuito finalizzato a garantire la conservazione del posto in alcuni specifici casi e dietro presentazione di opportuna certificazione medica per le terapie salvavita, ma non dice nulla con riguardo alle ferie.
Risulta pertanto necessaria una certa accortezza nella gestione della richiesta da parte del lavoratore, al fine di vedersi garantito il riposo per ferie (utile anche ai fini della guarigione) ma senza confondere ferie e malattia. L'obiettivo è sempre quello di tenere distinti il diritto alle ferie e la gestione della malattia. In caso di richiesta delle ferie, infatti, il successivo invio di un certificato medico – ad esempio di continuazione del medesimo evento di malattia che in molti casi concorre proprio al computo del periodo di comporto – può determinare un mutamento del titolo dell'assenza: da ferie a malattia. Questo in pratica implicherebbe una revoca dell'istanza di ferie, se il lavoratore non chiarisce tempestivamente che trattasi di richiesta finalizzata proprio alla conservazione del posto collegata alla malattia, con l'obiettivo di ottenere un nuovo mutamento del titolo dell'assenza: da malattia a ferie. Questa circostanza potrebbe legittimamente comportare l'esaurimento del periodo di comporto rendendo legittimo il recesso dal rapporto di lavoro (cfr. Cass. civ. sez. Lav. 20 gennaio 2025, n. 1373).
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Marco Proietti
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