sabato 12/04/2025 • 06:00
L'attenzione politica e mediatica nei confronti del contrasto allo sfruttamento lavorativo, c.d. caporalato, è sempre viva a causa delle molteplici ripercussioni del fenomeno, che lede gravemente la dignità e sicurezza dei lavoratori coinvolti.
L'incontro con l'OIM al Ministero del Lavoro
Il contrasto allosfruttamento lavorativo – c.d. caporalato – è stato uno dei temi centrali dell'incontro svoltosi il 27 marzo scorso tra la Ministra del lavoro e delle politiche sociali, Marina Calderone, e la Direttrice generale dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), Amy Pope.
Il collegamento tra migrazioni e lavoro è evidente: una equilibrata ed efficace politica migratoria e di integrazione degli stranieri nel contesto nazionale non può prescindere dalla promozione di condizioni lavorative dignitose e sicure. A tal fine, nel corso dell'incontro, è stato rinnovato l'impegno a coinvolgere i mediatori culturali dell'OIM nelle task force ispettive che svolgono la vigilanza sul territorio, in modo da superare le eventuali barriere linguistiche e culturali e rendere così più agevole l'emersione di situazioni di irregolarità.
Il caporalato: nozione e sanzioni
Il fenomeno del caporalato non è certo una novità: presente nel nostro Paese fin dal secolo scorso, è una pratica di reclutamento irregolare di manodopera che si svolge attraverso la mediazione del c.d. caporale e prevede l'elusione della normativa a tutela del lavoratore, concretizzandosi in un vero e proprio sfruttamento e approfittamento dello stato di bisogno. Per tale ragione i lavoratori migranti, soprattutto se sprovvisti del regolare permesso di soggiorno, a causa del considerevole squilibrio tra le parti contrattuali, sono maggiormente a rischio di essere intercettati dal caporale di turno e costretti a svolgere l'attività in condizioni degradanti.
Per cercare di arginare questo allarmante fenomeno, le cui conseguenze ledono gravemente la dignità e sicurezza dei lavoratori, è stato introdotto, quasi dieci anni fa, il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, ad opera dell'art. 1 c. 1 n. 2 L. 199/2016, c.d. legge sul caporalato, che ha modificato l'art. 603-bis c.p.
Tale reato, punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa fino a 1.000 euro, consiste nell'impiego di lavoratori in condizioni di sfruttamento ed approfittando dello stato di bisogno. Se i fatti sono commessi con violenza o minaccia si applica la pena della reclusione fino a otto anni e della multa fino a 2.000 euro per ciascun lavoratore.
Sono anche previste delle aggravanti specifiche, che comportano l'aumento della pena da un terzo alla metà, e consistono nel fatto che:
Gli indici di sfruttamento lavorativo
La cartina al tornasole per accertare il reato di sfruttamento di lavoro è costituita dalla sussistenza di una o più tra le modalità di svolgimento del rapporto, espressamente indicate nell'art. 1 c.3 L. 199/2016:
Le linee guida INL
Dopo alcuni anni di vigenza del nuovo art. 603 bis c.p., l'Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con la circ. n. 5/2019, ha emanato delle linee guida sul contrasto al caporalato, in modo da rendere più efficace e mirata l'attività di vigilanza, che, in considerazione della delicatezza della materia e dei suoi risvolti di natura penale, va svolta in stretto coordinamento con le competenti Procure e con i Carabinieri del Comando per la tutela del lavoro. Inoltre, è opportuno ricordare che le attività di intermediazione illecita e sfruttamento lavorativo possono essere realizzate nell'ambito di una “associazione per delinquere” (art. 416 c.p.) o, addirittura, nell'ambito di “associazioni di tipo mafioso anche straniere” (art. 416 bis c.p.).
Negli ultimi anni la vigilanza in materia richiede ancora maggiore attenzione perché il caporalato coinvolge sempre più spesso anche cittadini italiani o stranieri regolari e si caratterizza per una apparente legalità, attraverso una documentazione amministrativa e contabile tale da fornire una rappresentazione del rapporto di lavoro notevolmente diversa dal suo effettivo svolgimento.
Strategia nazionale per il contrasto al caporalato in agricoltura
Considerato che il fenomeno del caporalato è particolarmente diffuso nel settore agricolo, nella strategia di contrasto attuata a livello nazionale vi è stato un forte coinvolgimento anche del Ministero delle politiche agricole.
Innanzitutto, con il D.L. 119/2018, convertito dalla L. 136/2018, è stato istituito il Tavolo operativo per il contrasto allo sfruttamento lavorativo e al caporalato in agricoltura, al fine di promuovere una strategia più mirata ed efficace attraverso una programmazione coordinata degli interventi attraverso un Piano triennale.
Inoltre, in attuazione del Reg. CE n. 2021/2115 del 2 dicembre 2021 – sulle norme di sostegno ai piani strategici di politica agricola comune (c.d. piani PAC) – nel 2022 il Ministero delle politiche agricole e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno siglato alcuni decreti interministeriali (DI 17 giugno 2022 e DI 11 novembre 2022), nel tentativo di contrastare sinergicamente lo sfruttamento lavorativo in agricoltura. Tali decreti incoraggiano un più efficace scambio delle informazioni tra le autorità competenti e tra gli organi preposti al controllo e all'applicazione delle sanzioni.
Nell'ottobre 2021 sono state adottate le Linee guida nazionali in materia di identificazione, protezione e assistenza delle vittime di sfruttamento lavorativo in agricoltura, alle quali si sono aggiunte, nel marzo 2024, le Linee guidaper l'operatività degli standard abitativi minimi. Proprio per operare un maggiore controllo sulle condizioni di vita e di alloggio dei lavoratori agricoli e superare gli insediamenti abusivi nei quali vengono frequentemente sfruttati, l'art. 7 DL 19/2024, convertito dalla L. 56/2024, ha previsto la nomina di un Commissario straordinario, che resterà in carica fino alla fine del 2026.
I numeri del caporalato nel 2024
Nonostante l'attenzione dedicata al contrasto dello sfruttamento lavorativo e le numerose iniziative di vigilanza straordinaria effettuate dal personale ispettivo in maniera capillare su tutto il territorio nazionale, i dati che emergono non sono affatto rassicuranti.
Alla luce del Rapporto sui risultati dell'attività di vigilanza svolta dall'Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) nel corso del 2024, le vittime del reato di cui all'art. 603 bis c.p. risultano essere ben 1.226. Tale indicazione, però, può considerarsi meramente provvisoria in ragione delle diverse tempistiche richieste dalle indagini e dai relativi procedimenti penali.
Tanto basta, comunque, per farci comprendere che c'è ancora molta strada da fare per arginare il fenomeno.
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