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lunedì 14/04/2025 • 06:00

Caso Risolto IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO

Cessioni intra-UE: prova della diligenza stringente in capo al cedente

Qualora l'acquirente benefici del potere di disporre del bene e non abbia assolto all'obbligo di trasporto fuori dallo Stato membro di cessione, per il riconoscimento dell'esenzione IVA a favore del fornitore è necessario che lo stesso abbia agito secondo buona fede.

di Matteo Dellapina - Avvocato, Cultore in Diritto Tributario presso l’Università di Pavia

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  • Tempo di lettura 1 min.
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Nelle cessioni intra-UE viene meno la diligenza e buona fede qualora il pagamento avvenga mediante ingenti somme di denaro in contanti e non tracciabili, oppure in caso di assenza di elementi relativi alla destinazione della merce ceduta ed alla provenienza del denaro contante, ma anche se l'ammontare delle cessioni effettuate al soggetto UE corrisponda alla quasi totalità del volume d'affari generato dal cedente.

Prova della non imponibilità delle cessioni intra-UE

L'art. 41 DL 331/93 prevede che gravi sul cedente, ai sensi dell'art. 2697 c.c., l'onere di dimostrare, con mezzi adeguati e tali da non lasciare dubbi, i presupposti della deroga al normale regime impositivo, ossia, non solo la consegna della merce al vettore, ma anche l'effettività dell'esportazione in altro Stato membro e la propria buona fede(CGUE, Mecsek-Gabona, C-273/11), potendo così essere negata l'esenzione al contribuente ove risulti che, in base ad elementi oggettivi, egli conoscendo o avendo dovuto conoscere che l'operazione effettuata rientrava in un'evasione posta in essere dall'acquirente, non aveva adottato misure ragionevoli per evitare di parteciparvi (Cass. 4045/2019).

Se il fisco contesti l'imponibilità di cessioni relative a merci che si ritengano fittiziamente esportate in altro Paese UE, sarà invece onere del contribuente provare l'effettività del trasporto nel territorio dello Stato in cui risiede il cessionario (Cass. 29498/2020).

Qualora vengano forniti documenti riguardanti rapporti commerciali – con riferimento ad esempio ad ordini via email o informali, o fatture e incassi in contanti, oppure alla valutazione della buona fede con riferimento al requisito soggettivo dell'acquirente sulla base delle sole risposte telematiche alle frequenti richieste di validità della partita IVA – questi non appaiono idonei a dimostrare i presupposti della deroga al normale regime impositivo, cioè non solo la consegna della merce al vettore, ma anche l'effettività del trasporto ed esportazione in altro Stato UE e la propria buona fede.

Infatti la prova del “passaggio del confine” (il trasporto nell'altro Paese UE) potrà essere fornita anche con mezzi diversi dalle lettere di vettura CMR (lettere di spedizione fondate sulla Convenzione concernente il contratto di trasporto internazionale di merci su strada, firmata a Ginevra il 19 maggio 1956, come modificata dal protocollo del 5 luglio 1978) purché posseggano requisiti di affidabilità e consistenza, tali da comprovare l'effettività del trasferimento della merce in altro Stato membro (Cass. 28831/2019).

Qui si prenda poi il caso esemplare della cosiddetta copia di ritorno per il cedente, documento commerciale che deve essere rinviato allo speditore per appurare che contenga le stesse info.

Ecco che documenti quali le lettere di spedizione e i documenti amministrativi elettronici che accompagnano la circolazione di beni in sospensione dall'accisa possono essere presi in considerazione per dimostrare che, al momento dell'importazione in uno Stato membro, i beni in questione sono destinati a essere spediti o trasportati verso un altro Stato membro purché detti documenti siano presentati in tale momento e contengano tutte le informazioni necessarie, ivi compresa la data della consegna (CGUE, Enteco Balti, C-108/17).

La buona fede del contribuente

Riguardo alla condizione di buona fede del contribuente, in tema di cessioni intra-UE, nell'ipotesi in cui l'acquirente benefici del potere di disporre del bene e non abbia assolto all'obbligo, previsto dall'art. 41 DL 331/93, di trasportare lo stesso al di fuori dello Stato membro di cessione, ai fini del riconoscimento della esenzione dall'IVA a favore del fornitore è necessario lo stesso abbia agito in buona fede, impiegando la massima diligenza esigibile da un operatore accorto (CGUE, Kreuzmayr, C-628/16), valutata secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, rispetto alle circostanze del caso concreto, al fine di assicurarsi di non essere coinvolto in un'operazione finalizzata ad un'evasione delle imposte (Cass. 22333/2018).

Sul punto, si è precisato che l'onere di diligenza e prudenza che grava sul cedente per prevedere e prevenire possibili illeciti a valle si accentua quando emergono anomalie rispetto a prassi ordinarie – come traspare nel caso di specie dagli elementi dedotti dall'Agenzia delle entrate – e deve avere riguardo all'effettività, operatività, serietà e solidità del cessionario, al fine di ricavarne un complessivo giudizio di affidabilità, attraverso un'indagine che non sia limitata alle risultanze formali, quali l'esistenza e la validità della partita IVA, ma che si estenda alla reale situazione economico-patrimoniale, scandagliando le strutture, la patrimonializzazione, la clientela e la reputazione (Cass. 22261/2024).

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