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giovedì 10/04/2025 • 06:00

Lavoro DALLA CASSAZIONE

Gli indumenti di lavoro sono DPI: il datore di lavoro deve garantirne l'efficienza

La Corte di Cassazione, con ordinanza 27 marzo 2025 n. 8152, ha affermato che il datore di lavoro ha l'obbligo di assicurare fornitura, pulizia e mantenimento dell'efficienza degli indumenti di lavoro inquadrabili nella categoria dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI).

di Elena Cannone - Avvocato

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  • Tempo di lettura 2 min.
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Nel caso in esame alcuni lavoratori, assunti a tempo indeterminato con qualifica di operaio e mansioni di addetti al servizio di nettezza urbana e extraurbana, agivano giudizialmente chiedendo la condanna della loro datrice di lavoro al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito, sull'assunto che le divise da lavoro, che erano tenuti ad indossare, dovessero essere considerate dispositivi di protezione individuale.

Secondo loro la società non aveva adempiuto a quanto previsto dall'art. 43 c. 4 D.Lgs. 626/1994 (ratio temporis applicabile e oggi abrogato dal D.Lgs. 81/2008) e dalla L. 123/2007 (recante “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”) che poneva a carico del datore di lavoro l'obbligo di assicurare le condizioni igieniche di tali dispositivi di protezione.

In particolare, i lavoratori sostenevano di aver dovuto provvedere personalmente e a proprie spese a portare in tintoria le divise, quantificando il pregiudizio patrimoniale sofferto in un'ora di retribuzione settimanale per lavoro straordinario, oltre alle spese oggettive di lavanderia.

Il Tribunale rigettava la domanda dei lavoratori; anche la Corte d'Appello confermava la decisione di primo grado.

I lavoratori, quindi, ricorrevano in cassazione, affidandosi a tre motivi e sostenendo che i giudici di merito non avessero considerato un fatto decisivo: ossia proprio il lavaggio degli indumenti di lavoro che essi stessi avevano effettuato a proprie spese. Sostenevano, infatti, che questa circostanza, la quale rivestiva natura eziologica rispetto al danno denunciato, era stata del tutto trascurata dalla sentenza impugnata, che aveva qualificato come generica l'allegazione formulata nel ricorso presentato.

La società resisteva con controricorso.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, nel formulare la sua decisione, richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale, in tema di tutela delle condizioni di igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro, la nozione legale di Dispositivo di Protezione Individuale non deve essere intesa come limitata alle attrezzature appositamente create e commercializzate per la protezione di specifici rischi alla salute in base alle caratteristiche tecniche certificate. Detta interpretazione, invece, deve essere estesa a qualsiasi attrezzatura, completamento o accessorio che, in concreto, possa fungere da barriera protettiva contro qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore, in conformità con quanto disposto dall'art. 2087 c.c. (cfr. Cass n. 10378/2023 e Cass. n. 16749/2019).

Ne consegue che (cfr. Cass. n. 18674/2015; Cass. n. 8042/2022):

  • il datore di lavoro ha l'obbligo di garantire la continua fornitura e il mantenimento in stato di efficienza degli indumenti di lavoro inquadrabili nella categoria dei Dispositivi di Protezione Individuale;
  • i lavoratori hanno diritto al rimborso delle spese sostenute per la pulizia degli indumenti di protezione forniti dal datore di lavoro.

La Corte di Cassazione evidenzia come più volte sia stato affermato, anche sotto la vigenza del D.Lgs. 626/1994, che per “indumenti di lavoro specifici” si intendono le divise o gli abiti destinati a tutelare l'integrità fisica del lavoratore così come gli altri indumenti, essenziali in relazione a specifiche e peculiari funzioni, volti ad eliminare o almeno a ridurre i rischi ad essi connessi, oppure a migliorare le condizioni igieniche durante lo svolgimento dell'attività lavorativa, così da prevenire il rischio di potenziali malattie. In sostanza, essendo il lavaggio indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza, tale obbligo non può che gravare sul datore di lavoro (tra le altre, Cass. n. 8585/2015 e Cass. 11139/1998).

La Corte di Cassazione evidenzia, altresì, che la Corte distrettuale ha errato nel negare la prova testimoniale proposta dai lavoratori per dimostrare le spese sostenute, impedendo così ad essi provare il danno patrimoniale subito.

In considerazione di quanto sopra esposto, la Corte di Cassazione conclude per l'accoglimento del ricorso presentato dai lavoratori, con rinvio, anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio, alla Corte d'Appello in diversa composizione.

Fonte: Cass. Ord. 27 marzo 2025 n. 8152

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a cura di

redazione Memento

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