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mercoledì 09/04/2025 • 06:00

Lavoro LA CIRCOLARE

Collegato Lavoro: le dimissioni di fatto fra legge e indicazioni operative

Nella circolare 27 marzo 2025 n. 6 il Ministero del Lavoro ha chiarito alcuni aspetti della disciplina delle dimissioni per fatti concludenti (o dimissioni implicite), disciplinate dall'art. 7-bis, D.Lgs. 151/2015, introdotto dall'art. 19, L. 203/2024. La norma di legge, tesa a evitare abusi del diritto alla NASpI, lascia infatti spazio a dubbi interpretativi.

di Marcella De Trizio - Avvocato - Studio ArlatiGhislandi

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  • Tempo di lettura 3 min.
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La cessazione volontaria del rapporto di lavoro da parte dei lavoratori dipendenti non fa maturare il diritto alla NASpI. Tale prestazione, infatti, è erogata in tutte le ipotesi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro, ovverosia in caso di licenziamento o dimissioni per giusta causa.

Nondimeno, sovente, i lavoratori, allo scopo di beneficiare del trattamento di disoccupazione anche in ipotesi di cessazione volontaria del rapporto di lavoro, prima del 12 gennaio 2025 (data di entrata in vigore dell'art. 19 L. 203/2024, c.d. Collegato Lavoro), si assentavano dal lavoro ingiustificatamente e senza preavviso per un periodo superiore a quello tollerato dai contratti collettivi, con l'intento far attivare un procedimento disciplinare, da concludersi con un licenziamento.

Ciò con conseguente diritto alla NASpI ed onere a carico del datore di lavoro di pagare il c.d. ticket NASpI, pari, per l'anno 2025, a 640,76 euro per ogni anno di lavoro effettuato, fino ad un massimo di 3 anni.

Al fine di ridimensionare detta onerosa prassi, l'art. 19 della L. 203/2024, in termini presuntivi, ha legalmente consentito al datore di lavoro di qualificare la condotta descritta come dimissioni tacite, con conseguente venir meno dell'obbligo datoriale di versare il c.d. ticket licenziamento e del diritto a beneficiare della NASpI.

L'art. 19 della L. 203/2024

In particolare, l'art. 19, aggiungendo il c. 7-bis all'art. 26 del D.Lgs 151/2015, ha previsto:

«7-bis. In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima. Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista dal presente articolo. Le disposizioni del secondo periodo non si applicano se il lavoratore dimostra l'impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza».

Il meccanismo legale, in estrema sintesi, prevede la possibilità per il datore di lavoro di considerare la condotta dell'assenza ingiustificata e non comunicata dal lavoro come dimissioni rassegnate per fatti concludenti, con conseguente possibilità di comunicare al Ministero la cessazione del rapporto di lavoro, previo invio di una comunicazione all'ITL competente. L'ispettorato può effettuare delle verifiche in merito alla veridicità della comunicazione medesima.

Tale meccanismo non opera se il lavoratore dimostra l'impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza.

Nota INL n. 579 del 22 gennaio 2025

La norma di legge - certamente apprezzabilissima per le finalità perseguite - si presenta però abbastanza laconica e lascia spazio a diversi dubbi interpretativi. Nessun richiamo, inoltre, è presente con riferimento agli aspetti amministrativi.

La norma di legge non prevede, ad esempio, un termine entro cui il Ministero del lavoro può effettuare dei controlli.  

Una prima nota interpretativa giungeva dall'INL, di concerto con il Ministero del lavoro, che forniva i primi chiarimenti attinenti:

  • l'ITL competente, da individuarsi in base al luogo di svolgimento del rapporto di lavoro;
  • la facoltatività della procedura in esame. A riguardo la nota precisa: “la comunicazione va effettuata solo laddove il datore di lavoro intenda evidentemente far valere l'assenza ingiustificata del lavoratore ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro e pertanto non va effettuata sempre e in ogni caso.”
  • il Contenuto e le modalità di invio della comunicazione all'ITL. La comunicazione deve essere inviata a mezzo PEC all'indirizzo istituzionale di ciascuna sede, e deve riportare tutte le informazioni a conoscenza dello stesso datore concernenti il lavoratore e riferibili non solo ai dati anagrafici ma soprattutto ai recapiti, anche telefonici e di posta elettronica, di cui è a conoscenza. L'INL mette a disposizione dell'utenza un modello di comunicazione volto a uniformarne i contenuti e semplificare il relativo adempimento da parte dei datori di lavoro;
  • i tempi e le modalità di verifica dell'ispettorato. Gli ispettorati possono contattare il lavoratore – ma anche altro personale impiegato presso il medesimo datore di lavoro o altri soggetti che possano fornire elementi utili – al fine di accertare se effettivamente il lavoratore non si sia più presentato presso la sede di lavoro, né abbia potuto comunicare la sua assenza.

Viene previsto un termine di 30 giorni dalla ricezione della comunicazione trasmessa dal datore di lavoro entro cui devono essere avviati e conclusi gli accertamenti.

  • la risoluzione del rapporto e la prova contraria . Una volta decorso il periodo previsto dalla contrattazione collettiva o quello indicato dal legislatore ed effettuata la comunicazione all'ispettorato territoriale del lavoro, il datore di lavoro può procedere alla comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro.
  • la prova contraria che può fornire il lavoratore. Il legislatore pone in capo al lavoratore l'onere di provare non tanto i motivi che sono alla base dell'assenza, bensì l'impossibilità di comunicare gli stessi al datore di lavoro (ad es. perché ricoverato in ospedale) o comunque la circostanza di averli comunicati.

Laddove il lavoratore dia effettivamente prova di quanto sopra ma anche nell'ipotesi in cui l'ispettorato accerti autonomamente la non veridicità della comunicazione del datore di lavoro, non può trovare applicazione l'effetto risolutivo del rapporto di lavoro (ferma restando l'azione penale contro il datore di lavoro per le false dichiarazioni rilasciate). Solo in tal caso l'ispettorato può comunicare l'inefficacia della risoluzione sia al lavoratore – che avrà diritto alla ricostituzione del rapporto laddove il datore di lavoro abbia già provveduto alla trasmissione del relativo modello Unilav – sia al datore di lavoro possibilmente riscontrando, con lo stesso mezzo, la comunicazione via PEC ricevuta.

Nell'ipotesi in cui risulti che il lavoratore, pur contattato dall'Ispettorato, sia stato assente senza giustificato motivo e non abbia dato prova dell'impossibilità della relativa comunicazione, il rapporto dovrà ritenersi comunque risolto.

Nella circolare si faceva espressa riserva di fornire ulteriori indicazioni anche sulla base di successive valutazioni in ordine alle casistiche ed alla quantificazione delle fattispecie rilevate.

Circ. Min. lav. 6/25

Come preannunciato, quindi, è seguita una seconda circolare, emanata di recente dal Ministero del lavoro che ha fornito ulteriori chiarimenti in merito:

  • alla durata dell'assenza, che in mancanza di specifica previsione nel CCNL applicato al rapporto di lavoro, deve essere superiore a quindici giorni. I giorni di assenza, in mancanza di ulteriori specificazioni da parte della norma, possono intendersi come giorni di calendario, ove non diversamente disposto dal CCNL applicato al rapporto di lavoro. Il Ministero ritiene che quello individuato dalla legge costituisca il termine legale minimo perché il datore – a partire, quindi, dal sedicesimo giorno di assenza – possa darne specifica comunicazione all'ispettorato territoriale del lavoro. Nulla vieta, inoltre, che detta comunicazione all'ispettorato possa essere formalizzata anche in un momento successivo. Il Ministero del lavoro chiarisce anche che la suddetta comunicazione opera anche quale dies a quo per il decorso del termine di cinque giorni previsto per effettuare la relativa comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro tramite il modello UNILAV. Nel caso in cui il CCNL applicato preveda, invece, un termine diverso da quello contemplato dalla norma in esame, lo stesso troverà senz'altro applicazione ove sia superiore a quello legale, in ossequio al già richiamato principio generale per cui l'autonomia contrattuale può derogare solo in melius le disposizioni di legge. Se, viceversa, sia previsto un termine inferiore, per il medesimo principio, dovrà farsi riferimento al termine legale. Tale ultima interpretazione, ad avviso di chi scrive, non appare in linea con la lettera della norma;
  • all'alternativo procedimento disciplinare. Diversi contratti collettivi riconducono ad un'assenza ingiustificata protratta nel tempo – di durata variabile, anche inferiore ai quindici giorni previsti dall'art. 19 in esame – conseguenze di tipo disciplinare, consentendo al datore di procedere al licenziamento, per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo. In tali ipotesi, viene quindi attivata la procedura di garanzia prevista dall'art. 7 Statuto dei lavoratori. Il Ministero del lavoro ritiene che le previsioni contrattuali in materia debbano essere considerate un corpus unico per cui, laddove il datore intenda procedere ad una risoluzione del rapporto al verificarsi della condizione prevista dal contratto (l'assenza protratta per la durata determinata dallo stesso CCNL), dovrà seguire il percorso delineato dal CCNL – del tutto alternativo a quello previsto dall'articolo 19 in commento – e attivare dunque la procedura di cui all'art. 7 L. 300/1970. Resta ferma la facoltà dei CCNL di disciplinare espressamente la fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti, stabilendo un termine diverso – e più favorevole – da quello fissato dalla norma per ricondurre all'assenza ingiustificata l'effetto risolutivo del rapporto;
  • alla procedura telematica di cessazione del rapporto di lavoro, che viene resa inefficace se lo stesso riceva successivamente la notifica da parte del sistema informatico del Ministero dell'avvenuta presentazione delle dimissioni da parte del lavoratore. Pertanto, anche la presentazione di dimissioni per giusta causa tramite il sistema telematico da parte del lavoratore prevale sulla procedura di cessazione per fatti concludenti avviata dal datore di lavoro;
  • alla cessazione del rapporto, che avrà effetti dalla data riportata nel modulo UNILAV, che non potrà comunque essere antecedente alla data di comunicazione dell'assenza del lavoratore all'ITL, fermo restando che il datore di lavoro non è tenuto, per il periodo di assenza ingiustificata del lavoratore, al versamento della retribuzione e dei relativi contributi.

La circolare precisa, infine, che il meccanismo delle dimissioni per fatti concludenti non è applicabile nei casi previsti dall'art. 55 del D.Lgs. 151/2001, che prevede la convalida obbligatoria (con effetto sospensivo dell'efficacia) della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e delle dimissioni presentate da:

- la lavoratrice durante il periodo di gravidanza;

- la lavoratrice madre o il lavoratore padre durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni della proposta di incontro con il minore adottando ovvero della comunicazione dell'invito a recarsi all'estero per ricevere la proposta di abbinamento.

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