lunedì 07/04/2025 • 06:00
Con la sentenza 9906/2025 sul disastro dell'Hotel Rigopiano, la Cassazione ha chiarito che non può configurarsi la responsabilità colposa del datore di lavoro per la morte e le lesioni derivanti da fattori causali esterni e imprevedibili rispetto all'alveo dei pericoli connessi all'attività lavorativa.
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I fatti
In un contesto di prolungato ed intenso maltempo, il giorno 18 gennaio 2017, tra le ore 16.49 e le 17.00, dalla linea di cresta del monte Siella, nel massiccio del Gran Sasso, si distaccava una valanga di enormi dimensioni, che si abbatteva sull'Hotel Rigopiano, situato nell'omonima località del comune di Farindola, determinando il trascinamento verso valle della struttura per oltre quaranta metri.
In conseguenza del predetto evento catastrofico perdevano la vita ventinove persone, delle quaranta presenti in albergo tra ospiti e personale, mentre altre nove riportavano lesioni, tutte impossibilitate ad allontanarsi dalla struttura a causa dell'inagibilità dell'unica via di fuga, costituita dalla strada provinciale SP 08 resa impercorribile da un'abbondante precipitazione nevosa verificatasi nella notte.
Il giudizio di primo grado si concludeva con una serie di condanne inflitte a diversi soggetti tra cui il Prefetto di Pescara, il Presidente della Provincia, i funzionari del Servizio di Protezione Civile della Regione Abruzzo, alcuni tecnici comunali del comune di Farindola, la società proprietaria della struttura alberghiera per responsabilità amministrativa, il gestore e vari tecnici che erano occupati della sicurezza e riqualificazione della struttura alberghiera, condanne in parte confermate ed in parte riformate dalla Corte di Appello.
La decisione della Cassazione
La sentenza della Corte di Cassazione, molto complessa ed articolata, in premessa precisa che la valanga abbattutasi sul canalone di Rigopiano verso le ore 17.00 del giorno 18 gennaio 2017 fu di forza tale da determinare addirittura il trascinamento a valle della struttura in cemento armato per più di 40 metri (con un'area, al momento del distacco, stimata in circa 40.000 m2, un'area di accumulo di circa a 55.000 m2 e un volume di accumulo totale prossimo a 200.000 m3).
Secondo i giudici del merito, è stato acclarato, oltre ogni ragionevole dubbio, che la morte delle ventinove persone e le lesioni di altre nove siano state con-causate dalla valanga.
In relazione alla posizione del gestore dell'hotel, era stato accertato che lo stesso, in qualità di datore di lavoro aveva specifici obblighi di sicurezza volti a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori e, in un contesto come quello di una struttura alberghiera aperta al pubblico, anche degli ospiti.
Ciò, in teoria avrebbe implicato un dovere di diligenza nell'approntare tutte le misure necessarie per prevenire eventi dannosi prevedibili, oltre ad un'attenta e precisa valutazione dei rischi.
Un aspetto cruciale della responsabilità del datore di lavoro era la corretta valutazione dei rischi presenti nell'ambiente di lavoro, inclusi i rischi naturali come quello di valanghe in una zona montana come Rigopiano.
Il Procuratore Generale nel proprio ricorso aveva posto l'attenzione sulla mancata o, inadeguata valutazione di tali rischi che, a suo dire, avrebbe potuto costituire una grave negligenza in capo al datore di lavoro il quale avrebbe l'obbligo di adottare misure preventive idonee a ridurre al minimo o, eliminare i rischi accertati, nel caso di specie il rischio valanghe attraverso la realizzazione di opere strutturali, l'adozione di protocolli di sicurezza, la formazione del personale e l'informazione agli ospiti sui rischi esistenti.
Ma per la Cassazione, tale ricostruzione non è condivisibile.
Difatti, i giudici di legittimità hanno stabilito che, la posizione di garanzia del datore di lavoro, sostanziantesi nell'obbligo di protezione da fattori di rischio per la loro incolumità personale di dipendenti, ospiti e terzi comunque presenti sul luogo di lavoro, non può estendersi al di là della sfera funzionale e logistica connessa all'attività professionale svolta, sicché, nel caso di eventi lesivi determinati dal concretizzarsi di fattori di rischio riguardanti un'area esterna al luogo di lavoro ed estranei alla sfera di dominio del predetto, non può configurarsi una sua responsabilità per colpa per non aver previsto, nel documento di valutazione dei rischi di cui al D.Lgs. 81/2008, tali fattori e non aver conseguentemente adottato adeguate misure di prevenzione.
Inoltre, la colpa deve essere valutata sempre e rigorosamente ex ante, perché il ragionamento ex post renderebbe colposo qualsiasi comportamento umano causativo dell'evento dannoso, dovendosi ritenere scontata l'individuazione di una condotta alternativa lecita dopo la realizzazione del danno.
Considerazioni
La sentenza in commento relativamente alle responsabilità gravanti sul datore di lavoro ha stabilito che, la circostanza che un evento sia solo possibile dal punto di vista naturalistico, in assenza di indici oggettivi (denominati alert, facta signa, red flags, eventi precursori, segnali d'allarme, ecc.) che consentano di acclarare la riconoscibilità del rischio, non può assolutamente giustificare un rimprovero colposo in capo allo stesso.
Fonti: Cass. Pen. 9906/2025
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