lunedì 24/03/2025 • 06:00
Con l'approvazione della Dir. 2024/825/UE, c.d. “Direttiva Green Claims”, sono state introdotte nuove misure per tutelare i consumatori dall'utilizzo di informazioni ambientali ingannevoli. Gli Stati Membri dovranno recepire tali misure entro il 27 marzo 2026.
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La Dir. 2024/825/UE, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea il 6 marzo 2024, attraverso la modifica delle Dir. 2005/29/CE e Dir. 2011/83/UE, introduce nuove disposizioni che interessano la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione green, mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell'informazione.
Ciascuno Stato membro dell'Unione Europea dovrà adottare le misure necessarie per recepire tale Direttiva nel proprio ordinamento nazionale entro il 27 marzo 2026 e, le disposizioni contenute nella stessa, verranno applicate a decorrere dal 27 settembre 2026.
Gli obiettivi della Direttiva Green Claims
Per contribuire al corretto funzionamento del mercato interno, garantendo un livello elevato di protezione dei consumatori, ma anche dell'ambiente compiendo progressi nella transizione green, risulta essenziale che i consumatori medesimi possano assumere decisioni d'acquisto informate, contribuendo, così, a modelli di consumo più sostenibili.
A tal fine, gli operatori economici hanno l'onere di fornire informazioni chiare, pertinenti ed affidabili.
Pertanto, si è reso necessario introdurre nella normativa europea in materia di tutela dei consumatori norme specifiche volte a contrastare le pratiche commerciali sleali che ingannano i consumatori e impediscono loro di compiere scelte di consumo sostenibili, quali:
Pratiche commerciali ed omissioni ingannevoli
La Dir. 2024/825/UE modifica gli art. 6 (Pratiche commerciali ingannevoli) e 7 (Omissioni ingannevoli) della Dir. 2005/29/CE al fine di contrastare le pratiche commerciali che sono considerate ingannevoli e, quindi, vietate.
Attraverso la modifica della lett. b) del suindicato art. 6, vengono aggiunte le caratteristiche ambientali e sociali e gli aspetti relativi alla circolarità all'elenco delle caratteristiche principali di un prodotto, rispetto alle quali le pratiche di un operatore economico possono essere considerate ingannevoli.
Ulteriore modifica riguarda le asserzioni ambientali, in particolare quelle relative al clima che fanno sempre più spesso riferimento alle prestazioni future ai fini della transizione alla neutralità in termini di emissioni di carbonio o alla neutralità climatica, ovvero ad un obiettivo analogo, entro una determinata data. Con tali asserzioni, gli operatori economici danno l'impressione che, acquistando i loro prodotti, i consumatori contribuiscano ad un'economia a basse emissioni di carbonio. Ai fini dell'equità e della credibilità delle asserzioni ambientali, viene modificato il par. 2 del citato art. 6, vietando quelle che non risultano avvalorate da impegni ed obiettivi chiari, oggettivi, pubblicamente disponibili e verificabili, fissati dall'operatore economico, nonché definiti in un piano d'attuazione dettagliato e realistico che indichi in che modo tali impegni ed obiettivi saranno conseguiti.
Viene, inoltre, aggiunta alle pratiche commerciali ingannevoli di cui al suindicato par. 2, quella di pubblicizzare come vantaggi per i consumatori caratteristiche che sono irrilevanti e non direttamente connesse ad alcuna caratteristica del prodotto specifico o dell'impresa, inducendo spesso i consumatori a credere che siano più vantaggiosi rispetto ad altri prodotti o imprese dello stesso tipo, (ad esempio comunicando che una particolare marca di acqua in bottiglia sia priva di glutine o che i fogli di carta non contengano plastica).
Il raffronto dei prodotti in base alle rispettive caratteristiche ambientali o sociali o agli aspetti relativi alla circolarità, quali la durabilità, la riparabilità o la riciclabilità, è una tecnica di marketing sempre più diffusa che potrebbe risultare ingannevole per i consumatori che non sempre sono in grado di valutare l'affidabilità di tali informazioni. Per evitare che tali raffronti ingannino il consumatore, viene modificato l'art. 7 Dir. 2005/29/CE, al fine d'imporre agli operatori economici di fornire ai consumatori informazioni sul metodo di raffronto, sui prodotti raffrontati e sui fornitori di tali prodotti, così come sulle misure predisposte per tenere aggiornate le informazioni.
Marchi di sostenibilità e asserzioni ambientali
I marchi di sostenibilità possono riguardare molte caratteristiche di un prodotto, di un processo o di un'impresa, pertanto è essenziale garantirne la trasparenza e la credibilità, vietando la loro esibizione qualora non siano basati su un sistema di certificazione o non siano stabiliti da autorità pubbliche.
Di conseguenza, prima di esibire un marchio di sostenibilità, l'operatore economico dovrebbe garantire che, secondo i termini del sistema di certificazione disponibili al pubblico, tale marchio soddisfi condizioni minime di trasparenza e credibilità, compresa l'esistenza di un controllo obiettivo della conformità ai requisiti del sistema. Tale monitoraggio dovrebbe essere effettuato da un terzo la cui competenza e indipendenza (sia dal titolare del sistema che dall'operatore economico) siano garantite sulla base delle norme e delle procedure internazionali, dell'Unione o nazionali.
Nei casi in cui l'esibizione di un marchio di sostenibilità comporti una comunicazione commerciale che suggerisce o dà l'impressione che il prodotto abbia un impatto positivo o nullo sull'ambiente, oppure sia meno dannoso per l'ambiente rispetto ai prodotti concorrenti, tale marchio dovrebbe essere considerato come un'asserzione ambientale.
A tal fine, viene previsto il divieto di formulazione di un'asserzione ambientale generica (quale, ad esempio “rispettoso dell'ambiente”, “ecocompatibile”, “Green”, “amico della natura”, “ecologico”) in assenza di un'eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali pertinenti all'asserzione. Ad esempio, l'asserzione “imballaggio rispettoso dal punto di vista del clima” è qualificabile come asserzione generica, mentre, affermare che “il 100% dell'energia utilizzata per produrre questo imballaggio proviene da fonti rinnovabili”, rappresenterebbe un'asserzione specifica non soggetta al divieto.
Un'ulteriore pratica commerciale ingannevole che dovrebbe essere vietata è quella di formulare un'asserzione ambientale concernente il prodotto nel suo complesso o l'attività dell'operatore economico nel suo complesso, quando, in realtà, riguarda soltanto un determinato aspetto del prodotto o un elemento specifico e non rappresentativo dell'attività dell'operatore economico. Tale divieto si applicherebbe, ad esempio, se un prodotto fosse commercializzato come “realizzato con materiale riciclato”, dando l'impressione che l'intero prodotto sia stato realizzato con materiale riciclato, quando, in realtà, tale materiale è stato utilizzato solo per l'imballaggio, ovvero se un operatore economico dà l'impressione di utilizzare soltanto fonti energetiche rinnovabili, ma in realtà vari impianti dello stesso operatore utilizzano ancora combustibili fossili.
Obsolescenza precoce programmata
Si definisce obsolescenza precoce programmata una politica commerciale che comporta la pianificazione o la progettazione deliberata di un prodotto con una durata di vita limitata, affinché giunga prematuramente ad obsolescenza o smetta di funzionare dopo un determinato periodo o dopo un'intensità d'uso predeterminata.
La Dir. 2024/825/UE prevede che le modifiche della Dir. 2005/29/CE intervengano anche sulle diverse pratiche associate all'obsolescenza precoce che incidono complessivamente in modo negativo sull'ambiente, dato che determinano un aumento dei rifiuti e un maggiore utilizzo di energia e di materiali.
Pertanto, dovrebbe essere vietata la pratica di indurre il consumatore a sostituire o reintegrare materiali di consumo del prodotto prima di quanto sarebbe altrimenti necessario per motivi tecnici. Tali pratiche inducono il consumatore a credere, erroneamente, che i beni non funzioneranno più, a meno che non siano sostituiti i materiali di consumo che contengono e, quindi, ad acquistare più materiali di consumo del necessario (ad esempio la pratica di sollecitare il consumatore, tramite le impostazioni della stampante, a sostituire le cartucce di inchiostro prima che siano effettivamente esaurite per incitarlo ad intensificare l'acquisto di cartucce).
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With the approval of Dir. 2024/825/EU, the so-called “Green Claims Directive”, new measures have been introduced to protect consumers from the use of misleading envir..
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