
lunedì 24/02/2025 • 06:00
Il Consiglio Notarile di Milano ha affrontato la questione della legittimità delle clausole statutarie di previsione di un tetto minimo di azioni. Tali clausole hanno quale obiettivo, certamente meritevole di tutela, quello di non frammentare eccessivamente il capitale sociale, semplificandone la gestione organizzativa.
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Il nostro ordinamento effettua plurimi richiami al possesso minimo di azioni sia in connessione a differenti tipologie societarie, sia in relazione all'esercizio di alcuni diritti sociali.
Per quanto attiene al richiamo al possesso minimo di azioni connesso all'esercizio di alcuni diritti sociali, rilevano in particolare le previsioni di cui agli artt. 2367 c. 1 c.c., 2377 c. 3 c.c., 2408 c. 2 c.c. e 2409 c. 1 c.c.
Tali previsioni normative prevedono che l'esercizio di alcuni diritti sociali e nello specifico la convocazione su richiesta dei soci, l'impugnazione di delibere annullabili, la denunzia di fatti censurabili al collegio sindacale, la denunzia al tribunale per gravi irregolarità, sia subordinato al possesso di una determinata quota minima di partecipazione al capitale sociale, anche se non detenuta solo da parte di un singolo socio.
Altri richiami al possesso minimo di azioni si rivengono nell'art. 30 c. 5-bis TUB che prevede quanto segue: “Per favorire la patrimonializzazione della società, lo statuto può subordinare l'ammissione a socio, oltre che a requisiti soggettivi, al possesso di un numero minimo di azioni, il cui venir meno comporta la decadenza dalla qualità così assunta”.
Lo stesso è da dirsi con riferimento all'art. 34 c. 4-bis TUB, che dispone quanto segue: “Lo statuto p...
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Riccardo Bencini
- Avvocato, Professore a contratto di Diritto Commerciale nell’Università di FirenzeRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione

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